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Ciad: report di ottobre 2024

Nel Sahel il fervore rivoluzionario e la retorica non bastano a risolvere i problemi finanziari dei paesi membri dell’AES. Per questo motivo, i governi di transizione di Mali, Niger e Burkina Faso stanno esplorando fonti alternative di finanziamento. In particolare, Mali e Burkina Faso stanno sondando la possibilità di un’adesione ai BRICS, segnalando questa intenzione alla Russia. Il ministro degli Esteri maliano, Abdoulaye Diop, ha manifestato l’interesse di Bamako a unirsi al blocco delle economie emergenti in un’intervista all’agenzia russa “Novosti”, precisando però che non è stata ancora presentata una richiesta formale. In seguito, il primo ministro del Burkina Faso, Kyelem de Tambela, ha espresso una volontà simile all’ambasciatore russo a Ouagadougou, Igor Martynov, affermando che l’adesione ai BRICS potrebbe aiutare a “contrastare il dominio del dollaro e dell’euro” e a favorire “un commercio internazionale più equo”. Tuttavia, queste dichiarazioni sembrano più espressione di speranze o di un eccessivo ottimismo verso i BRICS, legate soprattutto al desiderio dei paesi dell’AES di ottenere maggiore prestigio internazionale e di rafforzare la cooperazione, in particolare per i finanziamenti – obiettivo, questo, che potrebbe rimanere insoddisfatto.

Parallelamente, i paesi dell’AES stanno adottando strategie alternative di finanziamento, come la pressione sulle compagnie minerarie. Un esempio di questa tendenza è stato il fermo temporaneo di alcuni dipendenti della compagnia canadese Barrick Gold. Le autorità maliane non hanno fornito spiegazioni pubbliche per il fermo, che si è risolto attraverso trattative riservate tra il governo e l’azienda. Barrick Gold aveva criticato l’introduzione del nuovo codice minerario voluto dal governo di transizione, che consente allo stato di ottenere fino al 30% dei ricavi dai progetti minerari. La compagnia detiene l’80% delle società che gestiscono il complesso minerario di Loulo-Gounkoto, al confine con il Senegal, e aveva già segnalato divergenze con il governo. Il caso Barrick Gold evidenzia la necessità del Mali di reperire liquidità, esigenza condivisa dai governi di Niger e Burkina Faso, anche a fronte dei debiti che Bamako ha dovuto contrarre per finanziare i servizi di base e per pagare i servizi dell’Africa Corps (ex Wagner Group).

Il Ciad, invece, ha intrapreso un percorso più agevole verso la stabilizzazione del debito pubblico, grazie al sostegno emiratino. Il governo di N’Djamena ha ottenuto un prestito di 300 miliardi di franchi CFA (circa 500 milioni di dollari) dall’Abu Dhabi Development Fund. Il presidente ciadiano Mahamat Déby ha annunciato l’accordo dopo un viaggio negli Emirati Arabi Uniti, dove ha incontrato il presidente Mohammed bin Zayed. Questo prestito, uno dei più significativi nella storia del Ciad, rappresenta il 15% del budget nazionale per il 2024 e gode di condizioni particolarmente favorevoli, con un tasso d’interesse dell’1% e una durata di 14 anni. Questo finanziamento certifica l’importanza strategica del Ciad per gli Emirati e premia la strategia di riduzione del debito intrapresa dal governo Déby, orientata verso l’adesione al Common Framework del G20 e che ha già portato alcuni importanti risultati in tal senso. Resta da vedere quanto il governo ciadiano riuscirà a impiegare efficacemente il prestito. Il piano di N’Djamena, infatti, è ambizioso e prevede la costruzione di infrastrutture chiave e il miglioramento dei servizi di base, ma comporta anche un alto rischio di corruzione e disfunzioni amministrative che potrebbero comprometterne il successo nel lungo termine.

Sul fronte dell’insurrezione armata, il mese ha visto l’intervista di Hamadoun Kouffa, uno dei leader del JNIM e capo della katiba Macina, una brigata del gruppo qaedista composta prevalentemente da esponenti Peul. Le parole di Kouffa evidenziano cambiamenti significativi nelle dinamiche dell’insurrezione nell’ultimo anno. Innanzitutto, la repressione operata dal governo di transizione e dal Wagner Group ha spinto parte della popolazione a sostenere il JNIM, soprattutto nel centro e nel nord del Mali. Kouffa ha inoltre dichiarato che il JNIM sta estendendo le sue azioni verso i paesi costieri dell’Africa occidentale, in particolare Ghana, Togo e Benin. Kouffa ha affermato che il JNIM è disposto a negoziare con i governi del Sahel e con “chiunque lo desideri”, precisando però che l’applicazione della Shari’a rimane un requisito fondamentale per il gruppo. Le sue parole riflettono un aggravamento dell’insurrezione, che ormai si sviluppa su due fronti: nel centro, dove i gruppi jihadisti combattono contro il governo di Bamako e i mercenari russi, e nel nord, dove i gruppi armati tuareg hanno già respinto due offensive delle forze governative.

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