A est e a sud, Haftar rafforza la presa
Nella Libia divisa Haftar avanza nel Fezzan e verso il Sahel. Il punto di vista di Francesco Meriano

Dietro la patina di “pace fredda” tra i governi rivali, l’equilibrio di potere in Libia sembra spostarsi verso est. Mentre il Governo di Unità Nazionale (GUN), sostenuto dalle Nazioni Unite, lotta per affermarsi al di fuori dei confini di Tripoli, il maresciallo Khalifa Haftar – l’uomo forte che tira le fila del governo orientale di Stabilità Nazionale – consolida l’espansione della propria influenza dalla Cirenaica verso il sud del paese.
Dopo il fallimento del tentativo di conquistare Tripoli nel 2019, Haftar e figli hanno gradualmente rivolto l’attenzione al Fezzan, ossia alle vaste – e politicamente frammentate – propaggini meridionali della Libia. Negli ultimi cinque anni, gli Haftar hanno operato per inglobare il complesso ecosistema della regione, cooptando fazioni locali e imponendo la propria coalizione militare, l’Esercito Nazionale Libico (Enl), quale arbitro di endemici conflitti tribali. Combinando forza militare e penetrazione economica, il clan del maresciallo si è garantito massicci introiti petroliferi, nonché il controllo di reti di contrabbando transfrontaliero di petrolio, carburante, oro e armi leggere.
Il controllo del Fezzan è anche cruciale per gestire i flussi migratori verso nord dai confinanti paesi del Sahel, con il Mali in testa alle partenze registrate nel 2025. Il controllo della migrazione rappresenta una leva strategica chiave che consente a Haftar di negoziare con i paesi europei – e rappresenta al contempo una minaccia per il governo di Tripoli, che fatica a gestire il tema della sicurezza frontaliera e ne subisce i riverberi politici.
Questo spiega anche perché i paesi dell’UE stiano intensificando i contatti con Haftar attraverso visite ufficiali e accordi di cooperazione. Haftar si è recato a Roma nel maggio 2023, mentre la premier italiana Meloni ha visitato sia Tripoli che Bengasi durante la sua visita in Libia nel 2024, incontrando il maresciallo subito dopo il premier del GUN, Abdul Hamid Dbeibah.
Anche la Francia – che ha sostenuto Haftar fin dai primi giorni della sua ascesa –fa mostra più aperta dei propri legami con Bengasi. A febbraio, Macron ha ricevuto il maresciallo all’Eliseo per discutere di difesa e sicurezza – e per sollecitare la liberazione di Mahmoud Saleh, il leader nigerino di un gruppo ribelle ostile alla giunta (anti-francese) di Niamey. I negoziati su Saleh – arrestato dalle forze di Saddam Haftar ad al-Qatrun, nel Fezzan – sottolineano come la Francia stia cercando di capitalizzare sui rapporti con Haftar per recuperare parte del terreno perduto nei paesi del Sahel. Questi ultimi, politicamente deboli e in difficoltà di fronte all’avanzata delle insurrezioni anti-governative, guardano sempre più a Haftar come fonte di sostegno.
In questo quadro, il Fezzan si configura anche come trampolino di lancio per espandere l’influenza degli Haftar verso il Sahel. A tale scopo il clan del maresciallo ha sviluppato un’estesa (e eterogenea) rete di alleati, sfruttando la convergenza di interessi locali e internazionali: ha fornito carburante e intelligence ai ribelli sudanesi; ha supportato l’esercito del Ciad nelle offensive contro gli insorti nel nord-ovest; ha avviato relazioni securitarie e commerciali con l’Alleanza degli Stati del Sahel (Mali-Niger-Burkina Faso), intenzionata a far breccia nell’isolamento diplomatico e commerciale dopo la secessione dalla CEDEAO.
Su questa scia le forze russe, che restano i principali sostenitori militari di Haftar, sfruttano l’avanzata del feldmaresciallo per estendere le proprie operazioni nel continente. L’accesso alle basi aeree dell’Enl in Cirenaica e nel Fezzan consente alle forze paramilitari Wagner – in fase di riorganizzazione in una Legione Africana sotto il diretto controllo del Cremlino – di trasportare uomini e materiali attraverso il Sahel senza necessità di rifornimento. Ciò fornisce anche un piano di riserva fondamentale alla proiezione russa in Africa, con il destino delle basi russe in Siria – altro fulcro logistico della presenza russa a sud – che resta tuttora incerto. La Russia ha quindi favorito gli obiettivi di Haftar facilitando i colloqui tra l’Enl e le giunte secessioniste dell’AES, che hanno permesso a Wagner di puntellare le proprie forze di sicurezza contro l’avanzata dei fronti ribelli.
Nel frattempo, il governo del GUN con sede a Tripoli non ha ottenuto lo stesso successo. Mentre Haftar ha recuperato dalla sconfitta a Tripoli consolidando il proprio controllo sulla Cirenaica e puntando poi sul Fezzan, il GUN ha costantemente faticato a unificare la disparata collezione di milizie brevemente unitasi, nel 2019, a difesa della capitale. Restano elevate le tensioni tra gruppi armati di fatto indipendenti e le nascenti forze di polizia sotto l’egida del Ministero dell’Interno, guidato dall’ex miliziano Trabelsi. L’ultima di una serie di pubblicizzate operazioni di sicurezza, avviata a inizio anno per rafforzare il controllo governativo, non è riuscita a fermare le guerre di territorio nello snodo petrolifero di Zawiya, mentre il valico di frontiera di Ras Jedir – che controlla la principale via commerciale verso la Tunisia – è teatro di tensioni ricorrenti tra le forze di sicurezza del GUN e la vicina roccaforte berbera di Zuara.
In questo quadro, è probabile che Dbeibah osservi con preoccupazione le aperture internazionali verso est. Oltre all’Europa, la tendenza coinvolge anche gli Stati Uniti – che hanno iniziato a corteggiare Haftar nella speranza di indebolire l’influenza russa su Bengasi – ma soprattutto la Turchia, che, pur essendo il principale protettore politico e militare di Tripoli, negli ultimi due anni ha moltiplicato le intese con gli Haftar. Il mutare degli equilibri rischia di smuovere anche la sabbia sotto i piedi del premier tripolino.