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A Hiroshima un G7 indo-pacifico con lo sguardo a Ucraina e Global South

Si è tenuto in Giappone dal 19 al 21 maggio l’incontro dei leader del G7. Presenti anche il Presidente ucraino Zelensky e i leader di alcuni dei principali paesi della regione indo-pacifica.

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Hiroshima ha ospitato dal 19 al 21 maggio la riunione dei leader dei sette grandi paesi industriali, un’occasione ormai consolidata da molti anni nel panorama dei summit internazionali, preziosa per il confronto tra i grandi paesi democratici più forti economicamente. Riuniti per la prima volta nel 1976, il G7 è diventata una tappa fondamentale per definire le iniziative comuni tra i sette e per concordare agende e attività, non solo a livello economico. Ormai, sempre di più, questo incontro, che il prossimo anno si terrà in Italia, permette anche di incidere sul piano internazionale rafforzando non solo il dialogo tra alleati, ma anche la cooperazione e la collaborazione in materie strategiche per la stabilità e la sicurezza globale. E anche in questa riunione, ovviamente, gli argomenti di principale importanza, dalla guerra in Ucraina ai temi ambientali, sanitari, securitari, ai rischi legati alla proliferazione nucleare e quelli di una possibile escalation intorno alla situazione di Taiwan e alle minacce alla sicurezza nell’area pacifica, legate alla sempre più forte assertività cinese, hanno catalizzato la discussione, sia nel vertice tra capi di stato e di governo che nei diversi incontri bilaterali che si sono tenuti.

La prima a giungere in Giappone è stata proprio la Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, che nella serata di giovedì ha incontrato il suo omologo giapponese, Kishida. Occasione utile per confermare lo stato eccellente delle relazioni nippo-italiane, che giunge dopo una serie di altri incontri precedenti che avevano anche permesso, come ricordato da Kishida, di elevare le relazioni tra i due paesi al rango di partenariato strategico. L’Italia, come confermato recentemente in varie occasioni e da diverse iniziative, guarda sempre di più e con maggiore interesse all’area indo-pacifica, sempre più centrale negli equilibri geo-economici globali, e lo fa volendosi ritagliare un proprio ruolo e rafforzando anche la propria presenza in questa area. Una regione che ha rilevanti legami anche con l’area mediterranea e in cui sono presenti molti interessi italiani. E in questo G7 nipponico, oltre ai sette leader di Giappone, Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania e Canada e ai vertici di Commissione e Consiglio Europeo, hanno preso parte anche i rappresentati di alcuni importanti paesi della regione asiatica e pacifica, dalla Corea del Sud al Vietnam, all’Australia, all’Indonesia, alle Isole Cook e Comore oltre anche a due grandi paesi come India e Brasile.

Un G7, dunque, molto concentrato sulle priorità della regione indo-pacifica, dove i timori per l’aggravarsi delle tensioni intorno a Taiwan sono forti, ma dove si temono anche i rischi legati alla proliferazione nucleare, con la Corea del Nord a pochi passi, e quelli derivanti da una militarizzazione crescente della regione, con un ruolo della Cina che sta cercando sempre di più di rafforzare la sua proiezione internazionale, in Asia e negli altri continenti, e di accrescere il suo ruolo di grande potenza nella regione indo-pacifica. Con i rischi derivanti da una sempre più forte competizione con tutti gli altri paesi presenti, che ne temono, ovviamente, le ambizioni egemoniche. Molto significativa a riguardo la dichiarazione finale della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen secondo cui “Our policies towards China need to change because China has changed”. Di concerto con gli altri leader del G7, è stata ribadita la necessità di adottare un nuovo approccio nei confronti di Pechino, che mantenga aperto il dialogo sulle macro-questioni globali ma che prenda anche atto della più capillare repressività interna, dell’aumentata assertività internazionale, nonché delle vulnerabilità e dei rischi per l’Occidente derivanti dalla dipendenza economica, commerciale e soprattutto tecnologica dalla Cina. Sebbene non sia interesse dei leader del G7 sganciarsi economicamente da Pechino (politica riassumibile con il termine “decoupling”) o impedirne il progresso e lo sviluppo, è emersa invece l’esigenza comune di rendere più resilienti e competitive le economie e di aumentare la protezione degli interessi nazionali, ponendo particolare attenzione agli asset di rilevanza strategica – approccio, questo, identificabile con il concetto di “de-risking”.

A tal riguardo, nell’area indo-pacifica, che è da anni in fortissima crescita economica, paesi come Giappone e Corea del Sud, sempre più legati ai paesi euro-atlantici, insieme ad Australia e Nuova Zelanda, rappresentano ormai solidi alleati dei paesi occidentali e interlocutori affidabili, oltre che potenze regionali in grande crescita, non solo sul piano tecnologico ed economico. Da notare, ad esempio, come nell’ambito del G7 si sia svolto anche un vertice dei leaders del QUAD – il forum quadrilaterale composto da Giappone, India, Australia e Stati Uniti – durante il quale è stato rimarcato il pieno sostegno al concetto del “Free and Open Indo-Pacific”. Infatti, il G7 di Hiroshima, evocativo anche il luogo scelto, non poteva che concentrarsi sulla regione ospitante e sulle principali questioni di interesse per il paese organizzatore. Proprio questa riunione svoltasi in Giappone è stata l’occasione per un confronto dedicato ai rischi della proliferazione nucleare, tema ovviamente molto sentito nel paese, ma tornato di grande rilevanza non solo per le minacce derivanti dalla postura coreana e dalla avventate iniziative del suo leader Kim, ma anche per la tensione accresciuta a livello internazionale dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha riproposto, come ai tempi della guerra fredda, in questa nuova stagione di conflittualità tra Russia e Occidente, il tema della minaccia atomica.

Proprio l’Ucraina e i riverberi globali della guerra sono stati i grandi temi al centro del confronto, con numerosi e costanti riferimenti per l’intera durata del summit, oltre che con due delle otto sessioni del G7 dedicate interamente all’argomento. In Giappone – dove si è registrato anche il protagonismo del Presidente ucraino Zelensky, giunto nel paese per incontrare i leader presenti e per intervenire alla riunione – si è discusso della necessità di una soluzione a questo conflitto ma anche del sostegno diplomatico, finanziario, umanitario e militare all’Ucraina, mantenendo ferma la condanna delle azioni russe e richiamando l’importanza delle sanzioni economiche e l’urgenza di un controllo più capillare sui tentativi di elusione delle stesse da parte di paesi terzi. È stato, inoltre, ribadito l’invito alla Cina a fare pressione sulla Russia affinché si conformi ai principi della Carta delle Nazioni Unite, interrompa l’aggressione militare e ritiri le sue truppe dall’Ucraina.

Ma oltre all’Ucraina, il summit è stato utile per rilanciare attenzioni e proposte in merito alle necessità emergenti derivanti dai rischi legati ai cambiamenti climatici e alle nuove crisi economiche, ambientali, sanitarie che possono colpire soprattutto i paesi più poveri, con un focus particolare su alcuni paesi africani e asiatici, esposti sia sul fronte economico che umanitario. L’Africa e tutto il Global South, verso cui anche il Giappone vanta numerose iniziative di cooperazione, sono stati un tema di grande importanza, visto quanto è ormai evidente che dalla sicurezza e stabilità di queste aree deriva anche una parte molto rilevante della sicurezza e stabilità dei paesi più ricchi. La guerra in Ucraina ha aumentato i fattori di instabilità e di insicurezza sul piano politico ed economico in molti paesi poveri, determinando una precarietà diffusa in numerose aree del globo che potrebbe determinare nei prossimi mesi, se non affrontata a dovere, l’esplosione di nuove gravi crisi, con un significativo impatto anche sui paesi limitrofi. Visto dall’Europa, quindi, con il rischio che a Sud possano svilupparsi nuovi elementi di instabilità, con effetti pericolosi e ricadute preoccupanti soprattutto nel Mediterraneo. Sommandosi alla già difficile situazione determinata dalla guerra in Ucraina, dalla crisi umanitaria che ne è derivata e dalla situazione di grande tensione tra Russia e paesi europei.

Rispetto a tale contesto, è stata ribadita la volontà dei leader del G7 di porsi come interlocutori dei paesi emergenti che sono alla ricerca di opportunità di finanziamento sostenibili. Come dichiarato anche dalla Presidente della Commissione UE, von der Leyen, diversi attori del Global South hanno riposto la loro fiducia nella Cina e nella Russia, vedendosi “bloccati in una condizione di trappola del debito” o invasi “da armi e mercenari”. Al contrario, è stata espressa la necessità di offrire vantaggiosi partenariati multisettoriali che siano in grado di rafforzare i paesi recipienti delle iniziative e, di conseguenza, ridurre i rischi derivanti dall’instabilità economica, politica e securitaria oltre che sanitaria e ambientale. In particolare, l’Italia con il Global South può assurgere al suo storico ruolo di ponte, unendo ancor di più l’Occidente con l’Africa, l’Asia e i partner dell’Indo-Pacifico.

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