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Accordo Ankara-Mogadiscio. La Turchia si rafforza tra Mar Rosso e Corno d’Africa

L’intesa con la Somalia permette ad Ankara di aprire l’Anatolia al resto del mondo attraverso il mare, rafforzando la sua presenza in Africa e nel Mediterraneo allargato. Il punto di Emanuele Rossi

La firma di un accordo decennale per la sicurezza marittima tra Somalia e Turchia è un’evoluzione destinata a segnare nuove dinamiche in un corridoio geo-strategico che va dal Corno d’Africa al Mediterraneo orientale e si apre all’Indo Pacifico. Area che in questi mesi è stata destabilizzata dagli attacchi compiuti dagli Houthi contro i navigli commerciali destinati ai porti del Mediterraneo.

La cooperazione tra Turchia e Somalia è stata descritta dai media come un accordo sulla lotta contro la pirateria, la pesca illegale e il traffico di esseri umani. Ma ci sono ambiti specifici ben più significativi. Per esempio, i due paesi si propongono di pianificare ed eseguire congiunte operazioni aeree, terrestri e marittime. È un contorno molto ampio, che sottende a una nuova e totale cooperazione turco-somala: ma d’altronde è il capo di Stato di Mogadiscio a dire che trova in Ankara “un vero alleato, un amico, un fratello”. Nell’intesa, Somalia e Turchia annunciano anche di adottare misure unilaterali e congiunte per combattere tutti i tipi di minacce in aree marittime sovrane, come il terrorismo, la pirateria, la pesca illegale e il contrabbando, costruendo quella che viene indicata come una “zona di sicurezza”. Formazione ed esercitazioni congiunte saranno la diretta conseguenza di certe scelte sul piano della Difesa e della Sicurezza.

Inoltre, i due paesi costruiranno insieme navi, creeranno e gestiranno porti e strutture, adotteranno delle necessarie disposizioni giuridiche e legali in materia di navigazione marittima. Sul piano degli investimenti, l’accordo sfrutta il know how turco e permette ad Ankara di porsi come interlocutore per paesi terzi interessati ad attività in Somalia, il cui valore geopolitico è molto ben percepito nel Golfo, ma anche in Cina, Russia, Europa e Stati Uniti. Le compagnie che opereranno nelle aree (vastissime) toccate dall’accordo dovranno tutte ricevere l’approvazione della Turchia.

Ankara guadagna un’opportunità di accesso illimitato alla Somalia partendo dal mare, che potrebbe significare la possibilità di creare una presenza in pianta stabile all’interno del corridoio geostrategico che collega Europa e Asia. Ancora, uno dei dettami dell’intesa riguarda la lotta ai cambiamenti climatici e la prevenzione dei disastri naturali – tema, questo, particolarmente cogente in questi giorni, con un cargo inglese colpito dagli Houthi che sta sversando fertilizzante nel Mar Rosso. Tale elemento eleva il piano dell’accordo ai problemi storici che affliggono l’Africa, dimostrando come l’Ankara Consensus si muova su un piano di percezioni e consapevolezze reciproche, affine a necessità e ambizioni del continente. Fornire alla Somalia assistenza contro il global warming, ma anche nella formazione e nell’equipaggiamento della sua guardia costiera, nonché investire nella costruzione di infrastrutture marittime, come porti e moli, marca il quadro di un accordo che disegna un’operazione di influenza geostrategica.

La Turchia riceverà il 30% delle entrate derivanti dalle attività di pesca (e in futuro da quelle di altre importanti risorse?) nelle zone economiche esclusive della Somalia. Un costo che Mogadiscio può serenamente sostenere se si considera che attraverso l’assistenza turca migliorerà la propria sicurezza marittima, che a sua volta significa facilitare lo sviluppo economico somalo (anche attraverso i posti di lavoro che possono smuovere gli eventuali investimenti stranieri) e il commercio internazionale. In Somalia, l’insicurezza è un doppio problema, sia terrestre che marittimo: se sulla terra ferma la sfida per Mogadiscio resta contenere la lunga insorgenza di Al-Shabaab, gruppo terroristico che da anni squarcia il paese con tragici attentati, in mare c’è la questione pirateria – soltanto in parte risolta da misure d’emergenza, targate Ue, e rispetto alle quali la Turchia offre il proprio impegno.

Rafforzare la capacità della Somalia di proteggere le risorse marine significa anche seguire le evoluzioni del confronto in corso con il Somaliland – regione somala che nel 1991 ha autoproclamato l’autonomia – e con l’Etiopia. “Dietro la decisione dell’Etiopia di siglare l’accordo per l’accesso al Mar Rosso (una base navale etiope affacciata sul Golfo di Aden, all’interno del territorio del Somaliland, ndr) ci sono sicuramente potenze straniere: lo sapremo molto presto” spiegava il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud durante un evento organizzato da Med-Or lo scorso Febbraio. Sottolineando come l’Etiopia non abbia nessun diritto di costruire una base militare o di realizzare un corridoio infrastrutturale in territorio somalo, il capo di Stato di Mogadiscio ha ribadito il fatto che la Somalia (così come le Nazioni Unite e l’Unione Europea) hanno respinto l’accordo nel rispetto del principio della sovranità nazionale. L’intesa con Ankara è un elemento di contro-bilanciamento anche davanti a queste dinamiche: probabilmente non è un caso se l’intera agenda è stata accelerata nell’ultimo mese, dato che sin dal 2020 si discute dell’accordo turco-somalo.

La Turchia estende dunque la sua presenza nel Mediterraneo allargato, espandendola in una regione in cui è presente già a livello commerciale, economico e con altre partnership securitarie. L’Ankara Consensus in Africa si arricchisce, dunque, della dimensione marittima in una regione determinante, mentre i recenti contatti con Il Cairo – frutto di un nuovo equilibrio tra i due player del Mediterraneo orientale – creano un’altra sponda nel corridoio del Mar Rosso. Corridoio che potrebbe nel prossimo futuro vedere una diversificazione attraverso la creazione dell’IMEC, su cui sia Turchia che Egitto vorrebbero un ruolo per non vedersi tagliati fuori dalle nuove rotte geo-economiche globali. L’accordo con la Somalia è una fortificazione turca anche in questo senso, oltre a rassicurare l’Egitto davanti all’espansionismo etiope – che i turchi comunque non intendono contenere. Anzi, all’opposto, dalla vendita di armi (droni soprattutto) ai progetti intermodali, Ankara lavora anche con Addis Abeba.

Tutto arriva mentre la Turchia dimostra capacità di muoversi nel dominio che ha sempre considerato come sfida, ambizione, sogno strategico: il mare. L’intesa con Mogadiscio segue infatti le attività svolte sul Mar Nero per salvare i traffici di grano ucraino diretti in Africa, colpiti dalla guerra russa. Se si considera la cooperazione con Tripoli (con tanto di sponda navale), appare chiaro il disegno di Ankara per diventare un player determinante nel Mediterraneo allargato – regione che apre l’Anatolia al resto del mondo.

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