Perchè i destini dell'Artico riguardano anche noi
Riproponiamo l'articolo pubblicato da "Il Mattino" il 13 Marzo 2025

La recente eco internazionale in merito alla Groenlandia ci aiuta ad affrontare un tema che avrà nei prossimi anni un grande rilievo: il destino dell’Artico. Da tempo ormai gli Stati Uniti hanno ripreso a prestare attenzione all’estremo nord, ovvero la regione di cui la Groenlandia rappresenta una cospicua parte terrestre. Ma da cosa deriva questo interesse, che in futuro non potrà che aumentare? E perché è importante averne consapevolezza, anche in Italia?
Il motivo risiede nella centralità che questa regione sta rapidamente acquisendo agli occhi di tutte le grandi potenze mondiali: Russia, Cina, Europa e appunto Stati Uniti. I motivi hanno fondamentalmente una duplice natura: economico-commerciale e geopolitica.
In poco tempo, per effetto del riscaldamento climatico e del conseguente scioglimento dei ghiacci, l’Artico, con le sue terre e soprattutto i suoi mari – e rispettivi fondali – sono diventati maggiormente accessibili e navigabili. Data la sua posizione geografica a cavallo di tre diversi continenti e soprattutto la sua ricchezza in termini minerari e naturali, l’Artico è così diventato un altro degli scacchieri in cui si gioca, e si giocherà in futuro, la partita globale tra grandi potenze. Come i ghiacci hanno iniziato a ritirarsi più velocemente, mari e terre artiche stanno diventando giorno per giorno utilizzabili, disvelando grandi potenzialità di sfruttamento. A livello commerciale, per i traffici marittimi, la logistica, le infrastrutture portuali, ma anche a livello minerario, per quanto concerne lo sfruttamento delle risorse presenti. Dal petrolio al gas, dai minerali critici alle terre rare compresi uranio, oro, rame.
Pensate proprio alla Groenlandia, un’isola immensa coperta di ghiaccio il cui territorio custodisce ricchezze minerarie immense e rappresenta una sterminata piattaforma terrestre, estesa anche oltre il circolo polare, fondamentale sul piano strategico, geografico, logistico, militare, nella contesa del Grande Nord. Non a caso proprio sull’isola la Cina, oltre a diversi progetti minerari, aveva tentato l’acquisto di una base navale USA dismessa già nel 2016, poi bloccato dal governo danese, ed era riuscita a ottenere una struttura di ricerca scientifica, con potenziali implicazioni dual use, nel 2017.
Ecco perché nella competizione con Mosca e Pechino per il controllo di questa regione, nei prossimi anni paesi come il Canada, gli stati scandinavi e territori come la Groenlandia rivestiranno un’importanza sempre maggiore. E quanto più il clima dovesse riscaldarsi e ampi territori nordici diventare sfruttabili e abitabili, tanto più potremmo assistere ad una autentica “corsa al Nord”. Del resto, Russia e Cina da tempo stanno investendo ingenti risorse in questa regione, con l’obiettivo di sfruttarne tutte le potenzialità. Va da sé che mentre aumentano le possibilità di aprire nuove rotte marittime attraverso i mari del nord, o di realizzare basi di sfruttamento minerario o energetico nell’area, crescono proporzionalmente anche interessi e iniziative di natura politica e militare nella regione. Basti osservare le numerose esercitazioni militari svoltesi negli ultimi anni o la crescita esponenziale di basi e infrastrutture. Mosca considera l’Artico un po’ come il proprio orto di casa e negli ultimi anni ha fortemente rilanciato la sua presenza oltre il Circolo polare. E in un momento di grande tensione con l’Occidente, controllare l’Artico potrebbe rappresentare per i russi un vantaggio importante anche da un punto di vista militare.
Le nuove rotte marittime, le quali passando dal nord potrebbero permettere, soprattutto alle merci asiatiche, di raggiungere i porti europei più rapidamente rispetto ai classici passaggi di Suez e Buona Speranza, potrebbero infatti stravolgere i traffici globali. Per intenderci, vi sono stime per cui la rotta attraverso i mari del Nord, potrebbe essere più breve di circa il 40% rispetto a quella passante per Suez, con un conseguente risparmio in termini di tempo di circa 10-15 giorni. Non è un caso se su questo versante i cinesi hanno lanciato una Polar Silk Road.
Queste vicende potrebbero avere un riflesso considerevole anche su alcuni porti del Mediterraneo, già messi duramente alla prova dalla pandemia da Covid-19 e dagli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso. Un tema distante da noi, dunque, solo nelle cartine geografiche, che ci dice perché è fondamentale monitorare con attenzione quanto sta avvenendo a Nord.
Infine, non ultimo per importanza, vale la pena ricordare che l’Artico sarà sempre più importante anche per una serie di ragioni di natura ambientale. Perché il riscaldamento climatico – che ai poli è tre volte più veloce – sta modificando le condizioni ambientali della regione, con conseguenze per l’intero pianeta. Lo scioglimento della calotta glaciale, ad esempio, contribuirà al processo di innalzamento del livello degli oceani, a cui si aggiungono la possibile alterazione delle correnti oceaniche, con i problemi collegati, e l’impatto sulla biodiversità e le risorse alimentari. Tutte minacce che avranno un impatto ambientale, ma anche securitario ed economico. L’innalzamento dei mari coinvolgerà anche il Mediterraneo, le sue coste, le infrastrutture portuali e l’economia della regione, con una portata oggi difficilmente prevedibile. Ma basti pensare quante città, comunità, attività economiche sono situate sulle coste per comprenderne la possibile rilevanza. Anche questi elementi ci dicono che per quanto quello che avviene al Polo Nord possa apparire ai più lontano, in realtà non è così. È molto vicino.
La corsa al Nord è cominciata. In un mondo globale e interconnesso, quanto avviene a Nord avrà effetti anche a molte migliaia di chilometri di distanza più a Sud. E anche noi che viviamo affacciati sul Mediterraneo ed in Europa, saremo interessati in maniera crescente dai destini dell’Artico.