ASEAN: un vertice nel futuro
Le potenze internazionali hanno giocato le loro carte dimostrando l’ormai chiaro interesse per le dinamiche del Sud-Est asiatico. Economia, commercio e sicurezza i temi sul tavolo. Il punto di Emanuele Rossi
Il vertice dell’ASEAN, tenutosi dal 6 all’11 ottobre 2024 a Vientiane, Laos, ha evidenziato ancora una volta il ruolo cruciale della regione del Sud-Est asiatico nel contesto della competizione tra le grandi potenze. Una dimensione che nel prossimo futuro aumenterà grazie al valore crescente di attori come Indonesia, Vietnam e Filippine, o Cambogia e Singapore. In un’epoca in cui le tensioni geopolitiche aumentano, le nazioni ASEAN continuano a esercitare una posizione strategica grazie alla loro rilevanza economica, al loro potenziale demografico, e al loro ruolo di nodo chiave per la sicurezza di una porzione di Indo-Pacifico molto significativa anche per l’economia globale.
La crescita media prevista per l’area ASEAN nel 2024 si aggira infatti intorno al 4,5-4,6% (sebbene contratta post pandemia). Tale dato, sostenuto da una ripresa della domanda interna e dal rafforzamento dei settori manifatturiero e turistico, è favorito anche dall’allentamento delle politiche monetarie in alcuni paesi della regione. Il blocco conta, inoltre, 680 milioni di persone, che aumenteranno del 7% entro il 2030 — e anche in questo caso il traino sono Indonesia, Vietnam e Filippine, dove aumenta la popolazione in età lavorativa (l’età mediana dei tre paesi è compresa tra i 24 e i 30 anni). Significa che circa un decimo degli abitanti del pianeta si trova nella regione.
Dati alla mano, non è dunque un caso se anche quest’anno la presidenza (del Laos) ha ospitato al summit leader di rilievo mondiale, inclusi rappresentanti di Stati Uniti, Giappone, India, Corea del Sud, Cina e Russia. Anzi, il vertice ha non soltanto consolidato alleanze esistenti, ma ha anche fornito indicazioni su nuove opportunità di cooperazione, soprattutto in ambito economico e di sicurezza.
La presenza di Li Qiang, premier cinese, ha dimostrato per esempio l’impegno di Pechino nel rafforzare i legami con il blocco, in particolare con partner chiave come Laos, Cambogia e Vietnam (per quanto Hanoi con la sua “bamboo diplomacy” giochi da attore multi-allineato). Li ha lodato questi paesi come “compagni e fratelli”, sottolineando l’importanza di una visione comune per il futuro. Tuttavia, le tensioni legate al Mar Cinese Meridionale hanno offuscato questo messaggio di cooperazione. In particolare, è stato il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. a criticare duramente le attività della guardia costiera cinese, accusata di intimidazioni e coercizioni contro Manila. Questa dinamica mette in evidenza come le relazioni tra ASEAN e Cina siano ambivalenti: da un lato, c’è un’enorme dipendenza economica — legata anche alla rapida espansione nella regione della Belt and Road Initiative e dei processi geoeconomici connessi; dall’altro, esiste una crescente preoccupazione per l’espansionismo cinese, perché può assumere il volto violento visto contro le Filippine.
Dal lato opposto del fronte geopolitico globale, la presenza di Antony Blinken ha cercato di riaffermare l’impegno regionale degli Stati Uniti. Washington percepisce il Sud-Est asiatico come un nodo di contrasto all’influenza cinese. La politica statunitense si concentra d’altronde sulla costruzione di alleanze strategiche (sistemi mini-laterali individuati come “latticework approach”) e il ruolo degli ASEAN in questo schema è determinante per portare avanti il mantra geostrategico del “Free and Open Indo-Pacific” (noto come FOIP).
Concetto, questo, traslato dall’ex premier nipponico Abe Shinzo e assimilato ormai nel suo complesso significato dall’India. Proprio New Delhi ha cercato di sfruttare il vertice ASEAN per promuovere la sua strategia “Act East”, con Narendra Modi che ha legato gli interessi storici, culturali ed economici tra India e il blocco, usando il suo ruolo come punto di riferimento alternativo alla dicotomia Cina-Usa, non troppo apprezzata da quei paesi. Modi ha portato con sé due statue di Buddha, simboli della connessione spirituale millenaria tra l’India e il Sud-Est asiatico, ribadendo anche che il suo paese vede la regione come un partner strategico per la sicurezza.
Questo è particolarmente rilevante nel contesto della crescente attività cinese che si affaccia verso l’Oceano Indiano. L’India sta espandendo il proprio ruolo nel garantire la sicurezza marittima, in particolare attraverso la protezione delle rotte commerciali vitali del “proprio” oceano. Progetti come BIMSTEC (acronimo di Bay of Bengal Initiative for Multi-Sectoral Technical and Economic Cooperation) dimostrano l’Act East indiano, del quale molti degli stati ASEAN (come le Filippine per esempio) non disdegnerebbero un’estensione anche oltre lo Stretto di Malacca — posizionandosi così come contrappeso definivo alla Cina e come attore apprezzato da Usa e Ue.
In questo, la sponda del Giappone, a maggior ragione sotto la guida più assertiva del nuovo primo ministro Ishiba Shigeru, è un ulteriore elemento di articolazione delle dinamiche. Tokyo ha colto l’occasione di Ventiane per rimarcare l’importanza delle relazioni economiche e della cooperazione tecnologica con l’ASEAN, specialmente nel contesto della decarbonizzazione — lavoro di transizione che si lega al tema sentitissimo del Climate Change. Ishiba ha evitato di entrare nel dibattito su una possibile NATO asiatica (non troppo apprezzato come progetto), nonostante il suo passato supporto a tale idea, preferendo concentrarsi su partnership economiche e tecnologiche che possano rafforzare le capacità dell’ASEAN, sposandone i desideri di crescita economica senza stressare gli aspetti più politici e geopolitici.
Le sfide della sicurezza regionale rimangono l’elemento di fondo che potrebbe compromettere anche i desiderata geoeconomici. Il Mar Cinese Meridionale è stato un tema cruciale delle discussioni sulla sicurezza durante il vertice. Marcos ha sollecitato l’ASEAN a mostrare unità di fronte alle sfide poste dalla Repubblica Popolare, riaffermando l’importanza del diritto internazionale e della risoluzione pacifica delle controversie. Questo approccio trova eco anche nelle posizioni del Giappone e della Corea del Sud, con il presidente Yoon Suk-Yeol che ha ribadito la necessità di un ordine basato sulle regole nell’Indo Pacifico.
In questo contesto, la sicurezza marittima è diventata un tema centrale. Con il sostegno degli Stati Uniti e del Giappone, molti paesi dell’ASEAN stanno rafforzando le loro capacità navali e aumentando la cooperazione militare. L’India, a sua volta, continua a promuovere la propria presenza nell’Oceano Indiano, cercando di stabilire un equilibrio strategico nella regione. Il rafforzamento delle relazioni di sicurezza tra ASEAN, Stati Uniti, Giappone e India evidenzia la volontà di controbilanciare l’influenza crescente della Cina, soprattutto in termini di sicurezza marittima e commercio.
In definitiva, il vertice dell’ASEAN a Vientiane ha sottolineato la rilevanza strategica della regione del Sud-Est asiatico in un’epoca di competizione multipolare. La presenza simultanea di potenze come Stati Uniti, Cina, India e Giappone dimostra quanto sia cruciale per questi paesi mantenere legami stretti con i membri dell’ASEAN, non solo per motivi economici ma anche per la sicurezza regionale. Il crescente interesse per la regione offre opportunità significative anche per l’Italia e altri paesi europei, soprattutto nel contesto della diversificazione e del rinnovamento delle catene del valore, anche in ottica de-risking. Mantenere la stabilità e la sicurezza delle rotte marittime, così come promuovere una crescita economica sostenibile, sono obiettivi che ben si allineano con gli interessi strategici italiani nella regione.