Aspettative e incognite dell’Unione Africana di Ali Youssouf
Il ministro degli esteri di Gibuti, Ali Youssouf, è il nuovo presidente della Commissione dell’UA. Tra equilibrismo geopolitico e l’obiettivo di far tacere le armi, tutti i dossier sul tavolo del nuovo esecutivo.

Messa in ombra dalle escalation in Sudan e Repubblica Democratica del Congo (RDC) da una parte, e le trattative su Gaza e la guerra in Ucraina dall’altra, ad Addis Abeba si sono svolte le elezioni del nuovo presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA). Un passaggio importante e non privo di colpi di scena, che ha dato forma a uno degli organi che dovrà guidare il continente rispetto alle sfide che lo attendono nel contesto della geopolitica globale.
Un’altra sconfitta per Raila
Partiamo dalle elezioni. La vittoria dell’ex ministro degli Esteri di Gibuti, Ali Youssouf, arriva contro diversi pronostici. Questo soprattutto se si considera che il nuovo presidente della Commissione ha sconfitto l’ex primo ministro del Kenya, Raila Odinga, dato da molti come favorito nella corsa per la leadership dell’UA. Nell’ultimo anno, il politico keniota aveva ricevuto l’endorsement praticamente di tutti i membri più influenti del continente e anche di alcune organizzazioni regionali (come la East African Community, EAC). Il suo curriculum da ex premier e capo dell’opposizione in uno dei paesi più influenti del continente lo rendeva noto (e rispettato) in diverse cancellerie. Inoltre, Odinga proviene da un paese saldamente filoccidentale, ma la sua filosofia politica (prettamente statalista) lo rendeva simpatetico anche a un discreto numero di stati in quota ai BRICS. Allora perché non è riuscito ad ottenere la guida della Commissione? Fondamentalmente per due motivi. Il primo è che l’ex premier keniota è stato penalizzato dal dibattito televisivo. Dal 2017, analogamente a quanto avviene in Europa, tutti i candidati alla guida della Commissione partecipano al Mjadala Afrika Leadership Debate, il dibattito durante il quale i candidati possono presentare all’opinione pubblica del continente il proprio programma. Durante l’evento, Odinga ha proposto una visione sì condivisibile, ma anche generica e prosaica della propria agenda. L’ex premier ha sottolineato l’importanza del ruolo di donne e giovani per la prosperità del continente e insistito sulla necessità dello sviluppo infrastrutturale africano. Una proposta politica che è risultata astratta, facendo aumentare lo scetticismo rispetto all’effettiva capacità di Odinga di imprimere quel cambio di passo di cui l’UA ha bisogno. Al contrario, Ali Youssouf ha proposto una visione esplicitamente geopolitica sottolineando la necessità per il continente di non allinearsi a nessuna delle grandi potenze globali e cercando invece di cogliere gli aspetti positivi per l’Unione da ogni partnership. Soprattutto, nel corso del dibattito, Ali Youssouf è stato capace di mettere in mostra il suo profilo da tecnico mettendo in luce una discreta conoscenza dei problemi e del funzionamento del sistema dell’UA, emergendo quindi come un leader affidabile.
Il secondo motivo della vittoria di Ali Youssouf è che nella fase storica attuale l’Unione Africana sembra aver maggior bisogno di un tecnico puro. Dalla guerra in Tigray, ai colpi di stato nel Sahel, passando per i conflitti in corso in Sudan e Repubblica Democratica del Congo, gli ultimi quattro anni hanno ridimensionato la percezione dell’UA come attore capace di risolvere le crisi nel continente. Certo su questa percezione pesano anche dei problemi strutturali dell’organizzazione, ma al tempo stesso l’Unione viene sempre più considerata come “bypassabile” dagli stati membri in caso di crisi. Questo stato delle cose ha favorito presso le cancellerie africane una maggiore tendenza a privilegiare le relazioni puramente interstatali rispetto alla mediazione nelle organizzazioni continentali o regionali. In questo contesto la nomina di un ex ministro degli Esteri come Youssouf è apparsa preferibile a quella di un personaggio puramente politico come Odinga. Questo tipo di dinamica e di considerazioni ha preso piede nel corso delle votazioni. Odinga ha ottenuto una maggioranza risicatissima nei primi due turni per poi perdere sistematicamente le altre cinque tornate. Infine, sulla corsa di Odinga ha pesato anche la perdita di spinta da parte del proprio governo. Non è un mistero, infatti, che il presidente keniota William Ruto auspicasse l’elezione di Raila alla guida della Commissione per depotenziare l’opposizione interna in patria di cui Odinga era il capo. Tuttavia, il varo del governo di unità nazionale di questa estate, dopo l’assalto al parlamento dello scorso giugno, ha reso Odinga meno influente all’interno della politica nazionale, ridimensionando l’urgenza di inviarlo ad Addis Abeba agli occhi del governo.
Il futuro della Commissione di Ali Youssouf
Dopo aver approfittato di questa serie di congiunzioni favorevoli, Ali Youssouf si ritrova adesso alla guida della nuova commissione dell’UA. Le nomine degli altri membri sono ancora in corso di discussione e finalizzazione. Per il momento la vicepresidenza della Commissione è stata affidata a Selma Malika Haddadi, diplomatica algerina e prima vicepresidente donna di quest’organo, mentre l’ambito seggio del commissario per gli Affari Politici, la Pace e la Sicurezza è stata affidata al veterano nigeriano Bankole Adeyoye, anche lui diplomatico con un’esperienza trentennale tra gli apparati del proprio paese e quelli dell’Unione.
Alla guida di una squadra che verosimilmente sarà composta prevalentemente da tecnici, il nuovo presidente della Commissione ha le idee chiare sulle priorità da raggiungere. In primo luogo, come dichiarato dallo stesso presidente, l’UA dovrà concentrare mezzi e sforzi per “far tacere le armi” - un chiaro riferimento alle crisi in corso in Sudan e Repubblica Democratica del Congo rispetto a cui l’Unione è stata accusata di scarsa efficacia. Per raggiungere questi obiettivi, Ali Youssouf potrà contare sul supporto del nuovo presidente di turno dell’Unione Africana, il presidente dell’Angola João Lourenço, che negli ultimi due anni è stato mediatore incaricato dell’UA per la guerra in Congo. L’obiettivo dell’Unione di ergersi a mediatrice dei diversi conflitti in corso non sarà agevole. Oltre allo scetticismo rispetto alle capacità effettive dell’organizzazione, si aggiunge il problema cronico dei finanziamenti. L’Unione Africana ad oggi è l’unica organizzazione internazionale che si regge esclusivamente sulle elargizioni dei cosiddetti donors (ONU, UE e stati partner) e per questo negli anni è stata percepita come un’organizzazione che vive sostanzialmente di missioni subappaltate dalle Nazioni Unite e/o dall’Unione Europea. In questo contesto, le iniziative della nuova Commissione dovranno fare i conti con i tagli alla cooperazione allo sviluppo varati dagli USA (una parte dei fondi di USAid finanziava le iniziative dell’UA), ma diventati una tendenza abbastanza diffusa tra tutti i donors. Nel tentativo di trovare nuovi finanziatori la commissione di Ali Youssouf dovrà destreggiarsi all’interno di un quadro geopolitico che è radicalmente mutato rispetto al passato. In quest’ambito pesa lo scetticismo di Trump in merito all’utilità delle organizzazioni internazionali che rende difficile immaginare il prosieguo di una cooperazione USA-UA strutturata in maniera identica a quella del passato. Questo stato dei fatti potrebbe spingere l’UA a cercare un maggior coordinamento con i BRICS tenendo a mente però che anche il blocco delle economie emergenti ha dato vita a un corposo taglio degli aiuti allo sviluppo a fronte del rallentamento di alcune delle sue principali economie. Non meno importante ma forse maggiormente gestibile, la questione della democrazia nel continente, con l’Unione chiamata ad avere un ruolo maggiormente incisivo circa il rispetto delle norme democratiche da parte degli stati membri nei prossimi appuntamenti elettorali. Su questo tema l’Unione dovrà gestire i dossier delle presidenziali in Camerun e Guinea-Bissau, entrambi caratterizzati da un certo livello di complessità con l’ottantunenne Paul Biya in cerca di un ottavo mandato nel primo caso e le sempre più concrete evidenze dell’ingerenza russa nel secondo.
Tra diverse incognite comincia l’era di Ali Youssouf alla guida dell’Unione Africana. Le aspettative sono elevate e difficilmente l’eventuale fallimento potrà essere senza conseguenze.