Così IMEC disegna l’Indo-Mediterraneo
Il lancio dell'India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC) al G20 ha suscitato un grande interesse a livello globale. Cosa potrebbe comportare per l’Italia e il Mediterraneo. Il punto di vista di Emanuele Rossi
L'annuncio dell'India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC) al G20 ha suscitato un grande interesse a livello globale. Firmato da India, Stati Uniti, Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, il progetto mira a creare una rete ferroviaria, connessioni digitali ed elettriche, insieme a una pipeline a idrogeno pulito, che si estenderanno dall'India all'Europa, passando per Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Israele. Tuttavia, IMEC è molto più che un'iniziativa infrastrutturale; rappresenta un'evoluzione significativa nella geopolitica e nella geoeconomia globale. Il progetto apre alla costruzione del concetto geostrategico di “Indo-Mediterraneo”, dove il Mediterraneo allargato diventa centro di fusione tra l’Indo Pacifico a Oriente e il quadrante Euro Atlantico a Occidente. In questo quadro, l’Italia può avere una posizione centrale, e IMEC con tutto ciò che può rappresentare diventa un fattore di propulsione per la proiezione italiana sui global affairs.
Vanno però messe su carta alcune incongruenze che potrebbero esserci tra percezioni, aspettative e obiettivi. Il primo elemento chiave da considerare è per esempio il contrasto tra le aspettative geopolitiche dell'Occidente e quelle degli attori regionali, in particolare del Golfo. Mentre l'Occidente vede IMEC come un'opportunità per competere con l'influenza crescente della Cina nel Medio Oriente, i paesi del Golfo lo vedono come esempio concreto di ciò che potrebbe essere un nuovo ordine globale in cui bilanciano i loro legami sia con la Cina che con l'Occidente per massimizzare i propri vantaggi. È il concetto di multi-allineamento che è alla base della visione del mondo che esce dalle grandi capitali del mondo arabo – Riad, Abu Dhabi, Doha, ma anche Il Cairo. Stati in ascesa globale, la cui standing internazionale è in fase di affermazione, che non intendono – almeno per ora, almeno fin quando possibile – prendere un posto fisso nel crescente scontro tra potenze.
La firma di Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti per unirsi al gruppo BRICS è un chiaro segno di questa strategia di bilanciamento. I due giganti del Golfo sono alleati statunitensi di prim’ordine a livello regionale, ma non disdegnano lavorare su altri fronti – tra l’altro sono entrambi parte della BRI, ma saranno centri di sviluppo cruciali (con i porti di Jebel Ali e le ferrovie saudite) dell’IMEC. Questo sottolinea la complessità delle dinamiche in atto e la necessità di affrontare le aspettative contrastanti.
Un altro aspetto fondamentale è dunque come IMEC si posizioni rispetto alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese. In Italia nota come Via della Seta, l’infrastruttura geopolitica pensata da Xi Jinping per collegare Oriente ed Europa (successivamente allargata con deviazioni verso l’Africa e addirittura in Sudamerica) compie 10 anni. Tra luci e ombre è ancora un riferimento per diversi Paesi del cosiddetto “Sud Globale” che intendono cercarvi una sponda per lo sviluppo delle proprie infrastrutture. E questo nonostante i rischi di trappole del debito e il rallentamento degli investimenti dedicategli da Pechino. Contrariamente alle aspettative dell'Occidente, i Paesi del Golfo vedono IMEC come complementare alla BRI. Secondo quella mentalità sopra descritta, cercano di sfruttare al massimo la loro posizione strategica tra Asia, Africa ed Europa, lavorando su entrambe le iniziative.
La crescente leva geopolitica ed economica dei Paesi del Golfo, soprattutto dopo l'invasione dell'Ucraina (la quale ha prodotto uno scombussolamento dei prezzi degli idrocarburi, che per i paesi produttori ha significato maggiori ricavi), sta mettendo sotto pressione gli Stati Uniti. Anche se rimangono dipendenti dagli Stati Uniti per la loro sicurezza, i Paesi del Golfo stanno mantenendo le loro relazioni con Russia e Cina. In alcuni casi le stanno ampliando: per esempio, l’Arabia Saudita ha aumentato le connessioni con Pechino (recentemente sono stati siglati accordi quadro di cooperazione a corredo di visite di stato e incontri diplomatici); sempre Riad segue un accordo di allineamento con la Russia nel sistema OPEC+ (perché è comprensibile che i due più grandi produttori in attività dialoghino sul mercato del petrolio). Questo ha portato a un dinamismo geopolitico senza precedenti e richiede agli Stati Uniti di riconsiderare la loro posizione in Medio Oriente. Non è un caso se il progetto IMEC arriva in un momento in cui Washington è impegnata full-time per arrivare a una normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita.
A loro volta, queste interconnessioni aprono alla concretizzazione del concetto di Indo Mediterraneo (non esiste l’Indo Pacifico senza Suez, si ragionava qui diverso tempo fa). Ed esso pone l’Europa, e ancora meglio il Mediterraneo, al centro del mondo.
Per l’Europa, IMEC rappresenta infatti non solo un'opportunità di consolidare i legami economici nella regione, ma anche di essere il fulcro della nuova architettura geo-economica globale, integrandovi con i grandi progetti come il Global Gateway o dei concetti chiave come quello di “de-risking”, costruendo nuove catene di approvvigionamento. È infatti determinante che quella “I” di IMEC sia rappresentata dall’India, potenza emergente che nel corso dei prossimi decenni avrà l’opportunità di costruire una reale multipolarità che superi il dualismo sino-americano.
L'accordo sottolinea infatti l'importanza delle relazioni con l’India, in particolare sotto la linea tracciata dal futuro G21 (l’allargamento del G20 all’Unione Africana che sarà effettivo dal prossimo vertice e che è stato definito proprio nell’incontro di New Delhi di qualche settimana fa). Offre un partenariato su basi paritarie con nazioni diverse, dando all'Ue l'opportunità di definire il proprio potere geopolitico e la propria politica estera al di là dell'influenza normativa. Questo cambiamento rappresenta un allontanamento dall'imposizione di standard e significa una forma più diretta di potere geopolitico. Crea, inoltre, un precedente per l'approccio dell'Ue ai partenariati internazionali, enfatizzando la collaborazione e l'aggregazione delle risorse. I futuri vertici, tra cui Ue-India, UE-Unione Africana e il vertice G21 di Rio de Janeiro del 2024, offriranno l'opportunità di far progredire ulteriormente l'ambizioso progetto IMEC.
Il panorama geopolitico si è spostato verso questioni non legate direttamente alla sicurezza, come le interruzioni della catena di approvvigionamento, l'energia e la disponibilità di materie prime. Fattori come il Covid-19 e il conflitto in Ucraina hanno messo a dura prova la connettività globale. Di conseguenza, per l'Europa, tanto più per l’Italia, è fondamentale garantire corridoi economici affidabili. Non è un caso se la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha definito l'IMEC “il progetto più ambizioso della nostra generazione” perché svolge un ruolo centrale nell'affrontare le sfide geopolitiche presenti e future.