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Così il Giappone riscopre una dimensione strategica e militare

Il nuovo governo di Tokyo proseguirà sulla strada della “riscoperta strategica”, che passa anche dal rafforzamento delle capacità militari. Il punto di Emanuele Rossi

Shigeru Ishiba – premier giapponese designato, dopo la vittoria al ballottaggio interno al Partito Liberal Democratico – è già noto per il suo approccio deciso in materia di sicurezza. Ex ministro della Difesa, ha sempre sostenuto la necessità di rafforzare le capacità militari del Giappone per affrontare le crescenti minacce nella regione dell’Indo-Pacifico, specialmente quelle provenienti da Cina e Corea del Nord.

Propenso a incrementare il budget militare e investire in tecnologie avanzate come la difesa missilistica e le capacità cibernetiche, considerato un “otaku” della difesa (ama i modellini di aerei e navi da guerra), Ishiba punta a un Giappone più proattivo nella sicurezza e nella stabilità regionale, promuovendo un ruolo centrale in partnership come il QUAD (con Stati Uniti, Australia e India). Ha anche aperto alla possibilità di una “NATO asiatica”, evidenziando la necessità di una stretta cooperazione tra le democrazie regionali. Proiezioni, queste, che Tokyo usa anche a livello internazionale, aumentando la sua caratura strategica globale anche attraverso posizioni dirette su dossier come l’invasione su larga scala russa dell’Ucraina, su cui il Giappone ha fin da subito seguito la linea di Stati Uniti e Unione Europea nel punire la Russia.

Questa visione – da riassumere nella convinzione che anche la pace e la stabilità hanno un costo (militare) – non segna comunque una diretta continuità con le visioni politiche di Shinzo Abe, da considerarsi il leader che ha di fatto avviato la trasformazione strategica, che ha rotto politicamente e culturalmente con il pacifismo costituzionale, e che ha lavorato per plasmare una politica di difesa giapponese più attinente al nuovo contesto degli affari globali. Abe ha reinterpretato l’articolo 9 della Costituzione, ampliando il diritto all’autodifesa collettiva e permettendo al Giappone di partecipare a operazioni di difesa congiunta. Questa transizione ha rappresentato un momento di svolta, culminato nell’adozione della nuova Strategia di Sicurezza Nazionale del 2022 e nell’avvio di un potenziamento delle capacità militari giapponesi.

L’ascesa della Cina come potenza economica e militare ha alterato l’equilibrio di potere nella regione dell’Indo-Pacifico. Le attività militari cinesi nel Mar Cinese Orientale e Meridionale, comprese le incursioni navali e la militarizzazione delle isole artificiali, rappresentano una sfida diretta alla sicurezza giapponese. Il Giappone è anche preoccupato per la disputa territoriale sulle isole Senkaku/Diaoyu e per le crescenti capacità missilistiche della Corea del Nord, che ha sviluppato testate nucleari miniaturizzate e missili balistici intercontinentali. Di più, l’attacco a Kyiv ha dipinto uno scenario di guerra guerreggiata che ha avuto profondi riflessi a Tokyo, sia perché con la Russia rimangono dossier aperti (come la questione delle Isole Curili), sia per il suo significato nell’ambito dello scontro tra modelli che i paesi revisionisti hanno lanciato contro le democrazie.

A questi fattori si aggiunge la pressione esercitata dagli Stati Uniti affinché il Giappone assuma un ruolo più attivo nella sicurezza indo-pacifica. Durante le amministrazioni Obama e Trump, Washington ha sollecitato Tokyo affinché aumentasse il budget militare e contribuisse maggiormente alle operazioni di sicurezza, specialmente all’interno del QUAD. Queste richieste rientrano nello spirito con cui l’America spinge per un maggiore impegno degli alleati: con Joe Biden hanno avuto un seguito e non si fermeranno dopo Usa2024. Tutti questi motivi hanno spinto il Giappone a un cambiamento di approccio, cercando di bilanciare la necessità di difendersi dalla crescente assertività cinese, senza provocare un’escalation che potrebbe destabilizzare la regione.

Il cambiamento della postura strategica giapponese è avvenuto parallelamente a un’evoluzione culturale interna. Per decenni, l’opinione pubblica ha rifiutato qualsiasi militarismo, ma le crescenti minacce regionali hanno eroso questa posizione. Sotto Abe, il Giappone ha iniziato a costruire una narrativa di “normalizzazione” della sua postura di difesa (per esempio con la reinterpretazione costituzionale del 2014 e la successiva approvazione delle leggi sulla sicurezza del 2015), cercando di diventare un attore più attivo nella sicurezza regionale e globale.

Tale trasformazione – tra gli elementi più significativi della visione nipponica post Seconda Guerra Mondiale – ha prodotto un aumento delle attenzioni e dunque degli investimenti nel settore difesa. Senza tornare troppo indietro, negli ultimi cinque anni il budget giapponese per la difesa è aumentato significativamente, passando da circa 47.3 miliardi di dollari nel 2018 a oltre 55 miliardi nel 2023. Per il 2024 Tokyo ha pianificato ulteriori aumenti, con l’obiettivo di raggiungere il 2% del PIL per la spesa in difesa, in linea con gli standard della NATO – di cui è diventato ormai un partner sempre più integrato, oltre che ospite fisso dei summit annuali dal 2021..

La nuova Strategia di Sicurezza Nazionale del 2022 è d’altronde chiara, formalizzando l’impegno e introducendo un piano di sviluppo militare focalizzato su sette aree critiche: capacità di contrattacco, difesa missilistica integrata, operazioni multi-dominio, tecnologie senza pilota, comando e controllo, mobilità e difesa civile, sostenibilità e resilienza.

Il Giappone sta per esempio sviluppando missili come i JASSM e Tomahawk, che permetteranno di colpire basi nemiche in caso di attacco, aumentando la deterrenza contro le minacce regionali. Pur mantenendo la politica di difesa esclusivamente non offensiva, Tokyo potrebbe dunque essere in grado di rispondere in modo efficace alle minacce ben oltre i confini nazionali. Il territorio giapponese e le basi americane nella regione saranno, inoltre, protetti dallo sviluppo del sistema Aegis Ashore e dei missili SM-3, in grado di rafforzare la capacità di difesa dai missili balistici e ipersonici – tema, questo, considerato prioritario dati gli sviluppi cinesi in tal senso.

Il Giappone sta anche investendo cospicue risorse nei sistemi di guerra elettronica, nel cyber e nelle tecnologie spaziali avanzate. Il rafforzamento delle capacità nei domini cyber ed elettromagnetici è essenziale per mantenere la superiorità tecnologica.

Nel quadro di rafforzamento multi-dominio nipponico, merita un’attenzione particolare il settore aerospaziale, che è stato uno degli ambiti dove si sono registrati i maggiori investimenti, soprattutto grazie alla cooperazione internazionale. Un esempio rilevante è il programma GCAP (Global Combat Air Program), la collaborazione con Italia e Regno Unito per lo sviluppo di un caccia di sesta generazione. Questo progetto, che prevede l’integrazione di tecnologie avanzate come intelligenza artificiale, capacità stealth e superiorità aerea, rappresenta un passo avanti significativo per Tokyo non solo nell’incrementare le proprie capacità aeree, ma anche nel consolidare la cooperazione tecnologica con i partner occidentali e nel presentarsi come attore di primissimo piano nel settore dello sviluppo militare strategico. Il GCAP non sarà, infatti, un semplice aereo, ma rappresenterà un evoluto e multi-integrato sistema operativo.

Tale progetto si inserisce, inoltre, in un quadro più ampio di potenziamento delle capacità difensive aeree del Giappone, che include anche l’acquisizione di velivoli F-35 e lo sviluppo di droni avanzati. Parte, per altro, di un ampliamento delle capacità aeree che include anche operazioni navali avanzate, che hanno recentemente coinvolto anche l’Italia. Nelle scorse settimane, funzionari militari giapponesi sono stati invitati a bordo della portaerei italiana Cavour per osservare le operazioni degli F-35B imbarcati, segno anche delle crescenti collaborazioni difensive tra Roma e Tokyo.

L’Italia, che già impiega questi aerei sul Cavour, ha offerto al Giappone un esempio pratico in vista della consegna dei primi F-35B destinati a operare su due portaerei giapponesi, rafforzando così le capacità navali del paese. Nel settore navale, il Giappone ha infatti sviluppato e potenziato la sua flotta con l’acquisizione di nuovi cacciatorpediniere, come quelli della classe Maya, equipaggiati con il sistema Aegis per la difesa missilistica, e nuovi sottomarini della classe Taigei. Le forze terrestri hanno, invece, visto un rafforzamento delle capacità di difesa delle isole remote, soprattutto attraverso la costruzione di nuove basi nelle isole sud-occidentali, come Miyako e Ishigaki.

L’attuazione della strategia nel suo complesso è, dunque, parte di un programma integrato condiviso e continuato dagli ultimi governi, che incontra come ovvio anche ostacoli interni legati al contesto economico – per esempio, uno degli obiettivi che si è subito dato Ishiba è la lotta all’inflazione. L’aumento delle spese militari e la costruzione di nuove infrastrutture registrano, inoltre, alcune resistenze politiche e comunitarie, specie rispetto all’aumento delle tasse.

Eppure, la trasformazione strategica risulta ormai ineluttabile, come si evince anche nella percezione dell’opinione pubblica: un sondaggio condotto lo scorso anno dal Nikkei Research ha rilevato che l’89% degli intervistati vede la Cina come una minaccia, l’87% teme la Corea del Nord e il 90% considera la Russia un pericolo. Inoltre, più del 60% degli intervistati ha dichiarato di sostenere l’acquisizione di capacità di contrattacco, anche se un’ampia maggioranza si oppone all’aumento delle tasse per finanziare la spesa per la difesa. Questo crescente sostegno popolare a una difesa più robusta è una novità significativa in un paese che, fino a pochi anni fa, era ideologicamente ancorato alla sua costituzione pacifista.

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