Approfondimenti

I record dell’Asia Meridionale

L’Asia Meridionale si fa largo nel mondo a suon di record. A partire da quelli dell’economia. Il punto di Guido Bolaffi

L’Asia Meridionale si fa largo nel mondo a suon di record. A partire da quelli dell’economia. Infatti, segnalava con grande evidenza la World Bank nel South Asia Overview del 2 aprile scorso: “According to Jobs for Resilience, the latest South Asia Development Updated, South Asia growth, driven mainly by robust growth in India and recoveries in Pakistan and Sri Lanka, is expected to remain the fastest regional growing in the world, with its growth projected to increase from 6% in 2024 to 6,1% in 2025 ”.

Numeri che danno ragione a quanto intravisto mesi addietro dallo studioso Chietigi Bajpace. Il quale, sfidando dubbi e perplessità di molti, in un articolo assai ben documentato sul quotidiano Nikkei aveva coraggiosamente affermato: “South Asia holds growing strategic significance amid the diffusion of power to the Global South. In terms of economic growth, South Asia is on track to be the world’s fastest-growing region[...] The rapid growth is fueled in no small part by South Asia’s demographic dividend, with almost 41% of the region’s population under the age of 18”.

E soprattutto testimoniano il peso ed il ruolo dell’emigrazione nella crescita e lo sviluppo del subcontinente asiatico. Le cui nazioni, nonostante il rallentamento dell’economia globale, hanno guadagnato terreno grazie all’enorme flusso delle rimesse dei loro lavoratori all’estero. Sfruttando, al meglio, i nuovi ed assai prosperi mercati della Penisola Arabica.

Basta leggere al riguardo quanto scritto dai ricercatori del Migration Policy Institute di Washington in una recente ricerca titolata: The State of Global Mobility in the Aftermath of the Covid-19 Pandemic: “ Most labour migration to the six countries that make up the Gulf Cooperation Council (GCC) of the Arabian Peninsula (Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, the Kingdom of Saudi Arabia and United Arab Emirates) comes from South and Southeast Asia, making the one of the largest migration corridors in the world[...] In Nepal, for example, the flow of migrant workers toward GCC countries was four times higher in 2022 than in 2021 (349.000 versus 72.000) [...] in 2022 the Kingdom of Saudi Arabia saw a massive increase ( (1.5 million) in arrivals of Asian migrant workers; the second largest was the United Arab Emirates with more than 300.000”.

Non a caso secondo le stime riportate dagli analisti del World Bank Group-KNOMAD nell’ultimo numero di Migration and Development Brief 39, risulta che i flussi delle rimesse finanziarie inviate dagli emigrati dell’Asia Meridionale dai quattro angoli del Pianeta verso i paesi di origine hanno superato in maniera significativa le loro precedenti previsioni: “ At almost $189 billion in 2023 remittances flows to South Asia exceeded expectations, outstripping previous forecast in Migration Development Brief 38 by $ 13 billion”

Non a caso nella classifica mondiale 2023 dei 10 Top Recipients of Remittances among Low-and Middle-Income Countries quelli dell’Asia Minore occupano il primo posto con l’India ($123 billion) e, rispettivamamente, il sesto ed il settimo con il Pakistan ($24 billion) e con il Bangladesh ($23 billion).

Un trasferimento di denari a cui va sommato quello, non certamente di modeste dimensioni, effettuato per vie informali o tramite canali finanziari irregolari e non riportato nei dati delle statistiche ufficiali.

C’è da tenere anche in considerazione che, segnalano le pagine dello Special Focus: Leveraging Diaspora Finances to Mobilize Private Capital della South Asia Development Bank: Many countries, notably India, have implemented savings programs to attract foreign currency deposits from their non residents citizens[...] As for September 2023, non resident Indian deposits in India amounted to $143 billion, registering an increase of over $10 billion in one year”

L’emigrazione è dunque “una mano santa” per i paesi di questa regione così come per molti di quelli che appartengono al cosiddetto Global South. Intanto perché grazie ad essa le “terre natie” possono dedicare allo sviluppo risorse ben superiori a quelle annualmente messe in campo dalle istituzioni internazionali ad esso preposte.

Ma anche per le ragioni, che per brevità definiremo politiche, meritoriamente evidenziate dallo studio Reliant on Labor Migration, the Global South Forges a New Social Contract with its Citizens. Nel quale gli autori, Kamel Sadiq e Gerasimos Tsourapas, spiegano che: “Labor migrants from Global South are participating in a complicated geopolitical dance involving countries of origin and destination [...] In this process, labor migration is part of emergence of a new version of social contract between individuals and their countries[…] International mobility has become part and parcel of the development strategies of nations that are responsible for providing services to their citizens but have neither the financial means nor institutional capacity to do so”.

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