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Il cambio di governo in Bangladesh: quale futuro per Dacca?

Il vuoto di potere provocato dalla fine del governo di Sheikh Hasina è terminato con la nomina a Primo Ministro di Muhammad Yunus, noto economista e premio Nobel per la pace nel 2006. Tuttavia, la fine dell’era Hasina apre nuove prospettive sia sul piano interno che su quello regionale. Equilibrio ed equidistanza sembrano essere, al momento, le due direttrici del nuovo corso politico bangladese.

Domenica 8 settembre Mohammad Tajul Islam, il procuratore capo del Tribunale dei crimini internazionali del Bangladesh, ha dichiarato di aver iniziato le pratiche per richiedere all’India l’estradizione dell’ex Primo Ministro Sheikh Hasina, dimessasi il 5 agosto e fuggita in India a seguito delle ampie proteste antigovernative cominciate a luglio e duramente represse dal governo, in cui, secondo gli ultimi dati disponibili, sono state arrestate 11.000 persone e oltre 600 persone sono state uccise negli scontri con la polizia. Il procuratore ha affermato “di voler processare Hasina per i massacri commessi durante la repressione delle proteste”.

Figlia del primo presidente del Bangladesh indipendente, Sheik Mujibur Rahman – leader che dichiarò l’indipendenza dal Pakistan nel 1971, deposto violentemente da un colpo di stato dell’esercito nel 1975 – Hasina, dopo un periodo di esilio in India, è divenuta leader della Lega Alawi nel 1981, il partito politico fondato dal padre.

Nel corso dei suoi mandati da Primo Ministro, dapprima dal 1996 al 2001, e, in seguito, ininterrottamente dal 2009, le condizioni socioeconomiche di Dacca sono migliorate notevolmente, attraverso l’adozione di politiche macroeconomiche espansive. Copiosi sono stati, infatti, gli investimenti effettuati in svariati settori. L’industria tessile, ad esempio, ha rappresentato una priorità dell’azione economica del governo, diventando il pilastro dell’economia bangladese e facendo di Dacca il terzo esportatore mondiale. Al contempo, sono state create diverse Zone Economiche Speciali (ZES), attraverso le quali il paese è riuscito ad attrarre numerosi investimenti esteri. Inoltre, sono stati varati molteplici programmi di trasferimento diretto di denaro e sovvenzioni per i poveri, inclusi sussidi per i settori rurali e programmi di microcredito, in particolare attraverso l’organizzazione Grameen Bank (fondata nel 1976, come si vedrà a breve, dall’attuale Primo Ministro ad interim, Muhammad Yunus). In tale contesto, il PIL è passato da 102,5 miliardi USD nel 2009 a 460,2 miliardi USD nel 2022. Conseguentemente, nello stesso periodo, il PIL pro-capite, è cresciuto da 698,52 USD nel 2009 a 2688,31 USD nel 2022. In altri termini, gli investimenti effettuati dai governi Hasina hanno contribuito a far uscire milioni di persone dalla povertà assoluta. Tuttavia, questo miglioramento, come da tempo denunciato dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, è avvenuto all’interno di un contesto caratterizzato da accentramento del potere, repressione, limitata libertà di stampa, mancato rispetto dei diritti umani e una situazione macroeconomica altamente instabile, nella quale si sono registrati un tasso di inflazione e un tasso di disoccupazione giovanile rispettivamente pari al 9.73% e al 15.74%. Nello specifico, è stata la decisione di reintrodurre il sistema di quote nei lavori governativi a dare il via alle proteste: si tratta di un sistema attraverso il quale numerose posizioni lavorative pubbliche vengono assegnate ai discendenti dei “freedom fighters”. La quota era stata fissata inizialmente al 30%, poi ridotta al 5% una volta scoppiate le proteste.

Dinanzi al vuoto di potere, il presidente Mohammed Shahabuddin, in carica dal 2023, il 6 agosto ha affidato la guida del paese – come chiesto dal movimento studentesco, principale promotore delle proteste antigovernative – al premio Nobel per la pace nel 2006, Muhammad Yunus, economista bangladese inventore del microcredito moderno e fondatore della banca sopra menzionata. Il nuovo governo ad interim dovrebbe condurre il paese verso nuove elezioni.

Nel suo discorso alla nazione, tenutosi il 25 agosto 2024, Yunus ha annunciato l’obiettivo principale del suo esecutivo nel breve termine: ripristinare democrazia e pluralismo. In questa direzione, il governo provvisorio ha proceduto alla riammissione all’interno dell’agone politico di due dei principali partiti d’opposizione – il Bangladesh Nationalist Party (BNP) e il Jamaat-e-Islami (Jel) – la cui legittimità era stata posta in discussione dai governi Hasina. Per quel che concerne il BNP, infatti, Yunus ha riabilitato la sua principale leader, Khaleda Zia, estromessa dalla politica bangladese nel 2018, a seguito di accuse di corruzione. Al contempo, il governo provvisorio ha rimosso il bando posto al partito islamista Jamaat-e-Islami (Jel), in passato accusato di connivenza con sigle terroristiche di matrice islamica. Tuttavia, in un paese in cui il 90% della popolazione è di religione musulmana, questa decisione potrebbe avere degli effetti sulla laicità dello stato, anche alla luce dei numerosi atti di aggressione contro la minoranza indù (il 10% della popolazione).

Al contempo, il governo Yunus – sulla cui temporaneità permangono dei dubbi, in quanto non vi è al momento alcuna ipotesi su quando si terranno le future elezioni – ha già intrapreso alcune riforme sul piano istituzionale, procedendo, ad esempio, alla nomina del nuovo presidente della Corte Suprema e del nuovo governatore della Banca centrale, due delle principali istituzioni del paese, accusate negli ultimi anni di scarsa indipendenza. Per quanto riguarda le proposte in divenire, invece, Yunus aveva già prospettato, in anticipo rispetto alla dichiarazione del procuratore capo del Tribunale dei crimini internazionali del Bangladesh, Mohammad Tajul Islam, l’intenzione di perseguire giudizialmente i colpevoli delle violenza perpetrate dall’esercito durante le proteste, sugellando tale ipotesi con la firma della International Convention for the Protection of All Persons from Enforced Disappearance (ICPPED), firmata a Parigi nel 2007 ed in vigore dal 2010. Un segnale, questo, insieme alla promessa generica di riformare il corpo di polizia, che sembrerebbe indicare come Yunus intenda inserire il paese in un quadro di maggiore legalità e trasparenza.

Alla luce di quanto espresso, l’importanza del cambio nella leadership bangladese assume rilevanza, oltre che sul piano interno, anche sul versante regionale, suscitando le attenzioni e gli interessi dei principali attori dell’arena indo-pacifica, e non solo – su tutti: India, Repubblica Popolare Cinese, Federazione Russa e Stati Uniti. La centralità geopolitica di Dacca, infatti, le consente di approfittare delle rivalità regionali e internazionali, accettare aiuti e sostegno, e, al contempo, evitare qualunque forma di dipendenza eccessiva.

Nuova Delhi, nel corso degli anni, si è affermata come uno dei principali interlocutori del Bangladesh. Dacca, infatti, è ritenuta un partner strategico sia dal punto di vista economico, come dimostra il crescente interscambio commerciale tra i due paesi (13,1 miliardi USD nel 2022), sia sul piano securitario, in quanto – condividendo circa 4000 km di confine – rappresenta un importante interlocutore in materia di contrasto al terrorismo. Durante i governi Hasina, l’esercito bangladese ha sostenuto, insieme a quello indiano, numerose operazioni di antiterrorismo volte a scardinare i gruppi attivi nella regione di confine. Risulterebbe dunque necessario, dalla prospettiva indiana, mantenere – anche alla luce del crescente sentimento anti-indiano in Bangladesh – ottime relazioni con Dacca. Dalla prospettiva bangladese, invece, oltre all’aspetto economico, la collaborazione con l’India offre accesso a importanti infrastrutture e progetti di connettività, consentendo, allo stesso tempo di preservare un certo grado di autonomia rispetto alla politica regionale della Repubblica Popolare Cinese. Pechino è, infatti, il primo partner commerciale di Dacca, con una quota considerevole legata alle forniture militari. Impegnato anche in numerosi progetti infrastrutturali, il Dragone sta intensificando il dialogo con gli attori politici attualmente all’opposizione, come dimostrano gli incontri dell’ambasciatore cinese a Dacca, Yao Wen, con il segretario del Bangladesh Nationalist Party, Mirza Fakhrul Islam Alamgir, e con alcuni alti dirigenti del Jamaat-e-Islami (Jel) – avvenuti entrambi dopo la fuga di Hasina. L’obiettivo cinese sembra essere quello di creare stabili e proficue relazioni in considerazione del potenziale peso politico che potrebbero assumere tali attori in un futuro prossimo. Per Dacca, invece, sul piano geopolitico la scelta di mantenere buone relazioni con Pechino è motivata dallo stesso ragionamento alla base della politica nei confronti dell’India: evitare una dipendenza eccessiva da un singolo paese e mantenersi equidistante nella rivalità sino-indiana.

Lo stesso equilibrismo, Dacca, lo ha dimostrato nel rapporto con la Federazione Russa e gli Stati Uniti. Mosca rappresenta un partner strategico sul piano energetico-securitario. Ne è esempio rilevante la costruzione della prima centrale nucleare del Bangladesh, a Rooppur, realizzata con l’assistenza tecnica e finanziaria russa. Sul piano securitario, invece, il Cremlino è uno dei principali fornitori di equipaggiamento militare del paese. Dalla prospettiva di Mosca, invece, – come dichiarato dal suo ambasciatore a Dacca, Aleksandr Mantysky, negli incontri tenutisi il 27 agosto dapprima con il primo ministro Yunus e successivamente con il già menzionato segretario del BNP – sembra vi sia l’intenzione di supportare la transizione politica bangladese. Si rileva un’approfondita cooperazione per quanto concerne il commercio di carburante, fertilizzanti, grano e, soprattutto, gas liquefatto.

Dal punto di vista degli Stati Uniti, invece, il cambio alla guida del governo bangladese potrebbe rivelarsi una occasione per accrescere la propria influenza nel teatro indo-pacifico. Infatti, se con il governo dell’ex premier Hasina le relazioni tra Dacca e Washington erano basate solo sull’aspetto commerciale, con il nuovo governo Yunus – o con un eventuale governo guidato da altri partiti, tra i quali il BNP e il Jel – potrebbe realizzarsi una politica di maggiore apertura nei confronti della Casa Bianca, instaurando una relazione dai mutui vantaggi. Infatti, per Dacca, ciò significherebbe bilanciare il peso degli storici partner bangladesi; al tempo stesso, per Washington, il Bangladesh potrebbe divenire un interlocutore strategico nell’Oceano Indiano con il quale costruire un rapporto vantaggioso non solo sul piano economico, ma soprattutto sul piano politico, diplomatico e securitario.

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