Il dilemma di Parigi. Prove di distensione nel Maghreb
L’evoluzione delle dinamiche nel bacino mediterraneo spinge la Francia a ricercare nuovi equilibri nel Maghreb. Il punto di Francesco Meriano
Rientra a Parigi Said Moussa, l’ambasciatore algerino in Francia richiamato in patria da Abdelmadjid Tebboune il mese scorso, sull’onda dell’ultima di una lunga serie di tensioni diplomatiche; mentre resta vacante la rappresentanza marocchina, a seguito del richiamo a Rabat di Mohamed Benchaâboun. Si tratta di colpi significativi per la politica di equilibrio promossa nel Maghreb dall’Eliseo, imputabili rispettivamente al rimpatrio in Francia, dalla Tunisia, dell’attivista politica franco-algerina Amira Bouraoui e alla risoluzione varata dal Parlamento europeo contro le limitazioni alla libertà di stampa in Marocco, da parte del gruppo transalpino Renew Europe. Ma le battute d’arresto incontrate da Parigi nella regione affondano radici tanto nelle difficoltà dell’Esagono nel gestire un ménage à trois storicamente conflittuale quanto nelle fratture ereditate dal problematico lascito coloniale.
Navigare le croniche tensioni tra Marocco e Algeria, culminate con la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi nell’agosto 2021, non è sfida nuova per la politica francese. L’evolvere delle dinamiche nel bacino mediterraneo, tuttavia, sembra spingere l’Eliseo a un rinnovato gioco di equilibrio tra i due rivali regionali. Il dissesto politico e climatico del Sahel candida i paesi del Maghreb al ruolo di cordone sanitario tra la sponda nord del Mediterraneo e le forze centrifughe – proliferazione del terrorismo islamista, criminalità transfrontaliera, crescente pressione migratoria – che minacciano di dilagare oltre l’entroterra subsahariano. Uno stato di cose che, a fronte della dissoluzione di uno Stato libico unitario e della crisi economica e politica della Tunisia, rende Algeria e Marocco i principali garanti securitari del fianco occidentale della regione e frutta loro crescenti contropartite da parte del vicinato europeo. Di qui l’iniziale ripresa delle relazioni consolari di Parigi con i due paesi, giunta in dicembre ad appianare le controversie relative alla concessione dei visti francesi per il Maghreb e segnalata dalla visita del ministro degli Interni Darmanin (ad Algeri) e da quella del ministro degli Esteri Colonna (a Rabat).
Direttrici strategiche, queste, che informano in particolare il rapido riavvicinamento tra Parigi e Algeri. Mossa certo dettata dalla nuova importanza dell’Algeria quale fornitore di idrocarburi all’Europa in sostituzione della Russia, nonché dall’interesse a bilanciare la crescente concorrenza economica costituita dal partenariato tra Algeri e Roma. Ma l’Eliseo guarda anche all’attivismo algerino nel Sahel, dove alla crescente ostilità del Mali nei confronti di Parigi si è aggiunta la richiesta di ritiro dei contingenti francesi da parte della nuova giunta burkinabé: sviluppi preoccupanti, che a loro volta adombrano il consolidamento della presenza cinese e la crescita dell’influenza russa nella regione. Il sostegno di Algeri – dal 2015 mediatrice del processo di pace maliano – contribuirebbe a mitigare il disimpegno francese nella regione e a contenere il rischio di spillover securitari in Nordafrica. Di qui le recenti interlocuzioni presidenziali (Macron ha inaugurato ad Algeri, in agosto, il proprio progetto di partenariat renouvelé, mentre l’omologo algerino Tebboune avrebbe in programma una tappa francese a maggio), mirate tanto a consolidare i rapporti esistenti quanto a bilanciare la possibilità di un avvicinamento di Algeri all’orbita russa.
Sviluppi che non incontrano l’equanimità di Rabat, i cui rapporti bilaterali con Parigi risultano tradizionalmente più solidi. Coinvolto in un’annosa disputa con l’Algeria circa la regione contesa del Sahara occidentale, il regno alawide interpreta le aperture francesi ad Algeri come un’indiretta minaccia ai propri interessi strategici. Tanto più che il riconoscimento del possesso del territorio – fonte di una pluridecennale inimicizia sfociata, nel 1963, in un breve conflitto armato – rappresenta un obiettivo cardine della politica estera dei rivali maghrebini e una questione dalla forte carica identitaria. Posto al bivio, l’Eliseo ha sinora adottato una cauta neutralità, riconoscendo il Piano di autonomia stilato dal Marocco come una “base credibile” per appianare il contenzioso ma evitando un esplicito endorsement delle rivendicazioni del regno. Si tratta di una posizione delicata anche a fronte della pressione diplomatica che il Marocco esercita sull’Eliseo: già forte dell’imprimatur di Washington sul Piano, concesso in cambio dell’accesso di Rabat agli Accordi di Abramo, il regno potrebbe richiedere alla Francia di assumere una posizione più decisa sulla questione del Sahara occidentale, in diretta opposizione ai sempre più espliciti auspici algerini.
L’approccio francese al Maghreb rischia così di rivelarsi una lama a doppio taglio. Un dilemma ben veicolato dai toni assunti dalla stampa maghrebina. Parigi è vittima del suo doppio gioco, titola l’Hespress marocchino.[1]
Mentre scrive l’algerino Echorouk: “Le autorità francesi, pur consapevoli della delicatezza della questione saharawi in relazione alla politica estera algerina, continuano a giocare su entrambi i fronti, adottando una posizione ambigua che cerca di far finta che Parigi si trovi alla stessa distanza dall'Algeria e dal regime del Makhzen marocchino.”[2]
Un gioco a somma zero che profila, per la diplomazia francese, rischi strategici e reputazionali.
[1] Jnina, Z. (2023, 17 febbraio). Maroc-France-Algérie: Paris victime de son double jeu. Hespress. https://fr.hespress.com/302111-maroc-france-algerie-paris-victime-de-son-double-jeu.html
[2] Meslem, M. (2023, 22 gennaio). France’s Stance On Western Sahara Issue Threatens Its Relations With Algeria. Echorouk. https://www.echoroukonline.com/frances-stance-on-western-sahara-issue-threatens-its-relations-with-algeria