Il G20 di Delhi
Il G20 di Delhi apre una nuova pagina della governance mondiale, esprimendo voto favorevole all’ingresso dell’Unione Africana come membro permanente. Il punto di Guido Bolaffi
Il G20 di Delhi, votando sì all’ingresso dei paesi dell’Unione Africana (UA), è destinato a rimanere nella storia, premiando la tenacia con cui l’Esecutivo indiano ha puntato per la buona riuscita della sua presidenza sulla cruciale ma complicata carta del Global South.
Con l’adesione dell’UA, il G20 mette fine alla decennale prassi di sapore “colonialista” che “delegava” al Sud Africa il diritto di parlare per nome e per conto di tutto l’immenso Continente africano. E, al contempo, diventa più rappresentativo, inclusivo e, di conseguenza, influente. Infatti, con l’ingresso dei 55 stati dell’UA, la percentuale della popolazione mondiale da esso rappresentato sale dal 65 all’80 per cento.
Ma soprattutto apre una pagina nuova della governance mondiale, sanzionando lo spostamento dell’asse geopolitico dal Nord al Sud del mondo e la parallela, irreversibile eclissi delle istituzioni di Bretton Woods che avevano retto le sorti del mondo dopo la fine della Seconda Guerra mondiale.
Un risultato niente affatto scontato. Tanto è vero che un grande esperto come Michael Kugelman, 24 ore prima dell’inizio dei lavori del G20 presieduto dall’India nell’articolo di Foreign Policy India’s G-20 Test, scriveva: “Under Prime Minister Narendra Modi, India seeks to prove that it can shine on the global stage, pushing back against criticism - both foreign and domestic - that it punches below its weight diplomatically [...] With the G-20 creaking under the weight of the great-power competition, getting all G-20 members to sign on to a statement will be a tall order [...] The absence of Russian President Vladimir Putin and Chinese President Xi Jinping will make the chances of consensus even slimmer. More to the point, no key G-20 events held under India’s leadership have reached a consensus”.
Negativi presagi tra i quali il più rumoroso e preoccupante per il governo di Dehli era stato quello organizzato nella regione del Kashmir. Di cui aveva dato conto Patrick Wintour sul Guardian del 22 maggio scorso: “Indian presidency of group becomes mired in controversy as tourism session hosted in disputed territory [...] China and Saudi Arabia boycotted a meeting staged in Kashmir, the first such gathering since India unilaterally brought Kashmir under direct control in August 2019”.
Il Global South ha come fatto passare in secondo piano la sottile, tenace mediazione con cui gli sherpa di Delhi, guidati dal Ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar e dalla sua collega alle Finanze Nirmala Sitharaman, sono riusciti ad ottenere l’unanimità dei consensi dei Capi di Governo sulla risoluzione finale relativa alla scottante, divisiva questione dell’invasione russa dell’Ucraina.
Infatti, se è indubbio che il testo non nomina mai la Russia né parla esplicitamente di aggressione, è altresì vero, come maliziosamente faceva notare ai giornalisti, garantendosi l’anonimato, un ben informato diplomatico indiano, che “The statement says that all states must refrain from conquering territories by force. Russia is the only country to have done so. All this helps to build consensus for the future”.
L’annuncio della messa in cantiere di un corridoio per il trasporto multimediale tra India ed Europa via Medio Oriente conferma che del G20 a presidenza indiana si può dire tutto meno che sia, come sprezzantemente lo definisce il reportage dedicatogli da Al-Jazeera, “uninspiring”.
Infatti, commentava C. Raja Mohan nel pezzo Seven reasons why the India-Middle East-Europe corridor could chart bold new course in changing world: “The announcement of a multimodal transport and energy corridor between India and Europe via Middle East today at G20 summit marks a breakthrough in post-Partition India’s quest for deeper connectivity with regions to the north-west of the Subcontinent. Long anxious about China’s connectivity projects in the region under its decade-old Belt and Road Initiative, frustrated by Pakistan’s refusal to allow overland access and a futile quest for credible connectivity through Iran into Eurasian landmass, India has finally found a formula to connect to both Arabia and Europe”.