Approfondimenti

Il Golpe, i Russi, la Piazza: perché i militari hanno ripreso il Burkina Faso

Cause e conseguenze dei golpe nel Sahel. A cura di Luciano Pollichieni.

Il colpo di stato del 24 Gennaio

Lunedì 24 gennaio, il Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione (MPSR) ha preso il potere in Burkina Faso, deponendo, dopo due giorni di scontri nella capitale Ouagadougou, il presidente Roch Marc Christian Kaboré. I golpisti (tutti militari) sono guidati dal tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, comandante della terza regione militare, veterano della guerra al terrorismo nel Sahel e diplomato all’école militaire di Parigi[1]. Nella prima settimana dal rovesciamento del precedente regime, il golpe ha seguito il canovaccio tipico di tutti i colpi di stato: la nuova giunta ha sigillato le frontiere per qualche tempo e cercato di tranquillizzare i principali alleati del paese[2], mentre il resto della comunità internazionale (organizzazioni regionali, alleati chiave come la Francia e l’UE, e qualche paese della regione come il Niger) ha formalmente condannato l’operato dei militari, minacciato sanzioni e chiesto la liberazione del presidente estromesso[3]. Una serie di botta e risposta che sono indubbiamente dovuti, ma che appaiono scontati quando si tiene in considerazione un altro fattore: il colpo di stato in Burkina Faso era largamente previsto e atteso da mesi[4]. Il 12 gennaio, infatti, il governo Burkinabé aveva annunciato di aver sventato un tentativo di golpe da parte delle forze armate[5]. I militari non hanno mai fatto mistero della loro insoddisfazione verso il governo civile[6] che recentemente aveva proceduto anche a un rimpasto dei delle forze armate a causa dell’aggravarsi della crisi securitaria nel paese[7]. Tuttavia, il punto di rottura definitivo tra amministrazione civile ed esercito è giunto a novembre dello scorso anno, quando circa 50 membri delle forze di sicurezza Burkinabé sono stati massacrati nel loro avamposto nei pressi del sito minerario di Inata, poco lontano dalla zona del Liptako-Gourma dove convergono i confini tra Mali, Niger e Burkina Faso[8]. Le investigazioni successive al massacro hanno portato alla luce la situazione disperata delle forze armate locali di fronte all’insurrezione nelle regioni del Sahel e del Nord. Per citare un dato abbastanza esemplificativo di questa dinamica, le inchieste hanno mostrato come, nelle due settimane precedenti all’attacco, i soldati di stanza ad Inata non avevano ricevuto né cibo né munizioni ed erano stati costretti a cacciare degli animali in loco per mangiare[9]. Alle relazioni tese con i militari si è aggiunta anche una crescente insoddisfazione popolare verso il governo di Kaboré. A luglio 2021 il Burkina Faso contava 1.368.164 di sfollati interni in fuga dalle violenze nelle regioni del Sahel e del Nord[10], la conseguenza più immediata di questo dato è quella della “carestia indotta” che sta affliggendo il paese, dovuta non tanto all’indisponibilità di risorse alimentari in sé, quanto all’impossibilità per i contadini di lavorare i campi e quindi di soddisfare la domanda interna[11]. A partire dal 2020, inoltre, gli attacchi degli insorti (jihadisti e non) si sono concentrati nelle “miniere informali” al confine con il Mali, dove viene estratta una parte dell’oro di cui il Burkina Faso è il quarto produttore in tutto il continente[12]. In sintesi: l’insurrezione nella zona del Liptako-Gourma non ha semplicemente destabilizzato il Burkina Faso, ma ha azzannato il paese alla sua giugulare economica indebolendo i centri vitali del suo modello di sviluppo (agricoltura e settore minerario), facendo crollare il PIL di uno stato che registrava tassi di crescita anche del 6% annuo fino al 2019[13]. Tenendo a mente questi dati, si capisce come la rielezione di Kaboré nel 2020 possa essere considerata una specie di miracolo elettorale, dovuta più all’inconsistenza delle opposizioni che non ai meriti del leader uscente. In questo contesto, il golpe dei militari rappresenta il proverbiale colpo di grazia ad un’amministrazione che aveva perso la fiducia delle forze armate e prim’ancora quella della popolazione civile.

Perché sono tornati i colonnelli?

Il fatto che il golpe a Ouagadougou fosse nell’aria da mesi non sminuisce i suoi effetti sugli equilibri regionali del Sahel, e più in generale, dell’Africa Occidentale. Il colpo di stato a Ouagadougou è il terzo nella regione in meno di 10 mesi, dopo quelli in Mali (maggio 2021) e Guinea (settembre 2021), tutti compiuti da militari. In un contesto regionale caratterizzato dalla propagazione dell’insurrezione jihadista e dalla crisi multidimensionale degli stati, la politica locale è entrata in stallo. La propagazione delle giunte militari nel Sahel rimescola le carte sui tavoli delle diverse organizzazioni regionali portando a situazioni anche paradossali. Esemplificativo al riguardo è il caso del G5 Sahel, l’organizzazione regionale nata per fronteggiare la minaccia jihadista nella regione e fortemente supportata, tra gli altri, da Unione Europea e Francia. Nelle ore successive al colpo di stato, i membri dell’alleanza si sono fermamente opposti al golpe ad Ouagadougou[14]. Tuttavia, le evoluzioni degli ultimi mesi fanno sì che su cinque stati membri ad oggi solo due siano guidati da governi eletti (Niger e Mauritania), mentre altri sono retti da governi a forte presenza militare (Mali), o formatisi in seguito a un colpo di stato (Burkina Faso) o ancora in seguito a transizioni fortemente discusse (Ciad). In termini semplici: due giunte militari all’interno del G5 hanno fermamente condannato un'altra giunta militare. Se spostiamo l’analisi delle reazioni al colpo di stato sull’ECOWAS, il quadro diventa ancora più complesso. L’organizzazione regionale non ha esitato a condannare la nuova giunta militare, arrivando a sospendere la membership di Ouagadougou[15], tuttavia senza per il momento sanzionare il paese. In questo contesto, la scelta dell’ECOWAS non può essere valutata come una semplice opera di prudenza diplomatica, ma come un segnale della crisi del sistema delle sanzioni del blocco regionale. Va notato, infatti, come Il golpe in Burkina Faso arrivi a una settimana dall’imposizione di sanzioni estremamente stringenti al Mali, punito per la violazione dell’accordo siglato con l’ECOWAS sulla transizione democratica, che hanno paradossalmente incrementato il supporto per il governo di transizione a Bamako[16]. Fino a questo momento storico, le sanzioni del blocco hanno rappresentato uno strumento capace di reindirizzare le dinamiche regionali[17] preservando anche una certa unità fra i membri, ma il caso del Mali dimostra come questo effetto di deterrenza appaia compromesso e paradossalmente possa accrescere le divisioni all’interno dell’ECOWAS[18]. Lo dimostra il fatto che paesi come la Guinea (anch’essa sotto sanzioni) hanno rifiutato di applicarle[19].

Le difficoltà e i paradossi che caratterizzano l’azione degli organismi regionali in reazione ai golpe mettono in luce un aspetto particolarmente controverso della nuova ondata di colpi di stato in Africa Occidentale. Infatti, a ulteriore dimostrazione di come legittimità legale e politica non sempre coincidano, i nuovi regimi militari saliti al potere sono sostenuti, almeno in parte, dalle popolazioni. In seguito al discorso con cui il nuovo leader Burkinabé Damiba annunciava la presa del potere e la sospensione della costituzione, una parte della popolazione è scesa in piazza per manifestare il proprio sostegno ai militari[20]. Nella settimana successiva al golpe, pur mantenendo un atteggiamento prudente, organizzazioni della società civile[21], studenti[22], e ONG[23] hanno espresso il proprio supporto alla nuova giunta. Bollare questo tipo di reazioni in maniera paternalistica, o peggio giudicarle da un punto di vista etico o morale, fa perdere di vista la dinamica generale che sta favorendo il ritorno dei militari al potere nel Sahel. I colpi di stato che negli ultimi due anni hanno avuto luogo nella regione non mancano di legittimazione perché rappresentano una soluzione a un’impasse politica incapace di risolvere o tamponare anche solo una delle diverse dimensioni delle crisi che affliggono gli stati locali. L’intervento degli eserciti è quindi divenuto una forma di prassi “extra costituzionale” per fronteggiare le diverse emergenze, e per questo motivo gode di una certa legittimità. Legittimità dovuta sicuramente all’impasse sostanziale dei regimi civili, ma anche a una scarsa capacità di rappresentazione delle società dei singoli paesi da parte del corpo politico. In Burkina Faso, ad esempio, il 64% della popolazione è al di sotto dei 24 anni, ma questo segmento anagrafico occupa solo il 38% dei candidati nelle liste elettorali[24], mentre al momento del colpo di stato l’assemblea nazionale Burkinabé aveva un solo parlamentare di 35 anni e solo il 6,3% del parlamento era composto da donne[25]. Inoltre, gran parte dei leader civili eletti proviene dai precedenti regimi al potere (Kaboré era legato all’ex dittatore Compaoré; mentre in Mali l’ultimo presidente eletto Keïta aveva già rivestito incarichi di governo durante la presidenza Konaré). Questa sostanziale incapacità di rappresentanza si riflette sulle azioni di governo che non riescono né ad intercettare le istanze portate avanti dalla popolazione, né ad implementare soluzioni al riguardo. Quando questo quadro di insoddisfazione generale si coniuga con l’incapacità di risolvere crisi strutturali che mettono a rischio l’integrità stessa dello stato, i golpe diventano un risultato quasi fisiologico. In questo contesto, qualsiasi tentativo di ridiscutere la legittimità del golpe da parte di agenti o attori esterni al paese diventa oggetto di contestazione. È questo tipo di dinamica che spiega, almeno in parte, come il propagarsi dei golpe sia andato di pari passo con il diffondersi di un profondo sentimento antifrancese nella regione[26]. Su questo tipo di sentimento sicuramente giocano un ruolo fondamentale anche le operazioni di propaganda condotte dalla Russia tramite i social media[27], che hanno aizzato parte del malcontento popolare contro Parigi e le sue truppe presenti sul territorio. Tuttavia, è importante non perdere di vista come queste dinamiche non siano state create da Mosca, il Cremlino è stato solo abile a sfruttarle. La convergenza di questi fattori provoca una situazione di stallo sostanziale dove, paradossalmente, le condanne e le sanzioni imposte dagli organismi regionali non fanno altro che rinsaldare il fronte interno. In seguito alle sanzioni dell’ECOWAS in Mali, il governo di Bamako ha chiamato a raccolta la piazza per protestare contro le decisioni del blocco regionale, riuscendo a far scendere in strada milioni di cittadini in tutto il paese, giocando anche sulla retorica del panafricanismo[28], e nulla esclude che qualcosa di simile possa verificarsi in futuro anche in Burkina Faso. A ulteriore riprova di questa eventualità, nelle ore successive al colpo di stato alcuni gruppi di manifestanti hanno sventolato delle bandiere russe in piazza[29].

Competizione tra potenze nel Sahel

Il golpe di Ouagadougou aggiunge un ulteriore teatro di applicazione alla rivalità tra Russia e Francia per l’influenza nel Sahel. Bisogna sottolineare come tale competizione non si concentri esclusivamente sul piano della comunicazione. Infatti, la rivalità in Africa Occidentale tra Mosca e Parigi è estremamente importante ed è giocata dai livelli più alti dei sistemi di potere dei due stati. Nelle ore successive al golpe in Burkina Faso, il “padre padrone” dei contractors russi del Wagner Group, Evgenij Prigožin, ha salutato la presa del potere da parte di Damiba come “l’inizio di una nuova ondata di decolonizzazione”[30]. La presenza e l’influenza del Wagner Group e del suo ideatore all’interno del paese restano fattori difficile da quantificare, poiché in questa fase storica concitata il limite tra propaganda e realtà è spesso labile. Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, ad esempio, Damiba in persona avrebbe provato a convincere Kaboré ad accettare l’aiuto degli istruttori russi per fronteggiare la crisi nel nord del paese, e avrebbe deciso di procedere con il golpe in seguito al rifiuto del deposto presidente a procedere in tal senso[31]. È evidente come la Russia stia riuscendo a sfruttare la convergenza di diversi fattori nel Sahel come gli errori commessi da Parigi in quasi 10 anni d’insurrezione, il malcontento popolare verso i governi civili, l’aggravarsi della crisi della regione sul piano militare e umanitario, e un’insoddisfazione diffusa da parte delle élite militari rispetto ai livelli di assistenza offerti dall’UE e dai singoli stati membri. In questo contesto, Mosca si rivolge direttamente alla nomenklatura dei paesi saheliani vendendo armi, addestramento ma soprattutto mettendo a disposizione risorse importanti che le cancellerie occidentali solitamente impiegano più tempo a fornire[32]. In questo contesto diventa difficile per Parigi imporre la sua linea come in passato e questo si traduce in una situazione di stallo nelle relazioni tra la Francia e gli stati della regione. Da una parte, infatti, i governi locali non riuscirebbero a fronteggiare l’aggravamento della crisi securitaria qualora le truppe dell’Esagono si ritirassero; dall’altra, però, il sentimento antifrancese continua a crescere e ad essere aizzato dai regimi locali per acquisire credibilità e questo ostacola in modo abbastanza sostanziale la cooperazione con Parigi. Insomma, la Francia e i paesi del Sahel sono destinati a restare legati, seppur controvoglia, almeno per il breve periodo. Questo stato delle cose si riflette anche sulla presenza dell’UE nel Sahel e la prima vittima di questa dinamica potrebbe essere l’operazione Takuba (a cui partecipano anche 250 militari italiani). Per citare i fatti più recenti, il contingente inviato dalla Danimarca per partecipare a Takuba è stato ritirato in seguito alle proteste del governo del Mali che ha bollato la presenza danese sul proprio suolo come “illegittima”[33], mentre altri stati membri dell’Unione vorrebbero ridiscutere la propria partecipazione alla missione in senso più restrittivo o ricalibrando il dispiegamento delle proprie forze su altri stati. La Germania, ad esempio, vorrebbe spostare il proprio contingente in Niger[34], mentre la Svezia he ha annunciato il ritiro dei propri operatori entro la fine dell’anno[35]. Si aggiunga anche che sebbene per il momento sussista uno slegamento sostanziale nelle dinamiche competitive tra Mosca e Bruxelles nel Sahel e quelle in Ucraina, la crescente presenza russa nella regione potrebbe aprire alla possibilità di ritorsioni indirette verso l’Europa in risposta alle tensioni sulla questione ucraina.

Che fare? Consigli per rimettere sui binari la transizione verso la democrazia

In un quadro politico fortemente instabile, caratterizzato dal propagarsi di colpi di stato e dalla penetrazione di una potenza rivale nella regione come la Russia, l’UE e le organizzazioni regionali locali conservano ancora un margine di manovra e una serie di opzioni che possono essere utilizzate per volgere le dinamiche geopolitiche nella regione a proprio favore, a patto però di mostrare un certo livello di flessibilità in termini diplomatici e operativi.

Allo stato attuale delle cose, ad esempio, sarebbe opportuno mantenere il supporto finanziario al Burkina Faso, vista l’incertezza derivante dal golpe che pone il paese sotto un triplice livello di rischio economico. Nello specifico, le sanzioni approvate dall’ECOWAS contro il Mali, hanno compromesso una fetta rilevante del commercio Burkinabé[36], mentre l’estromissione di Kaboré mette a rischio il piano nazionale di sviluppo presentato dal deposto governo civile per il periodo 2021-2025, che non potrà essere attuato senza il supporto finanziario dei partner internazionali (ECOWAS, FMI e UE in primis)[37]. Infine, l’incertezza caratterizzante la transizione mette a rischio i commerci del settore minerario (specialmente quello dell’estrazione dell’oro) che giocano un ruolo fondamentale nell’economia di Ouagadougou[38]. L’insieme di queste dinamiche economiche può fungere da fulcro per le trattative con la nuova giunta. Applicando norme di condizionalità all’erogazione dei fondi si può avviare una dinamica di tipo cooperativo con i nuovi governanti del paese, approfittando anche di una certa flessibilità dimostrata dalle imprese presenti nel territorio[39], per esempio quelle minerarie che si stanno adattando ai nuovi mutamenti politici – come dimostrano le recenti dichiarazioni dei vertici di Red Rock Resources ed Endeavour Mining[40]. In questo frangente, la leva economica diventa importante non solo sul piano diplomatico, ma anche sul piano securitario. La ripresa economica rappresenta al momento uno dei migliori strumenti disponibili nel contrasto alla radicalizzazione, specialmente in virtù delle “radici sociali” dell’insurrezione[41]. Il nuovo regime sa che un avvicinamento verso la Russia non garantirebbe lo stesso tipo di risorse che gli altri partner riescono a convogliare, e soprattutto porterebbe il paese all’isolamento diplomatico. In questo contesto il supporto economico diventa un elemento non solo per il mantenimento del dialogo con le autorità Burkinabé, ma anche per rimettere la transizione verso la democrazia sui binari giusti.

L’imposizione delle sanzioni va in questo contesto soppesata attentamente e applicata tenendo a mente i possibili effetti che potrebbe produrre nel lungo periodo. La giunta al potere a Ouagadougou, infatti, ha voluto lanciare una serie di messaggi di distensione nei confronti dei principali partner regionali e internazionali, questo anche per prevenire la sospensione degli aiuti allo sviluppo come già avvenuto nel caso di quelli provenienti dagli Stati Uniti[42]. Le sanzioni devono rimanere un’opzione di ultima istanza, per evitare gli effetti controproducenti già visti all’opera in Mali. Nello specifico, l’applicazione delle sanzioni su scala nazionale aumenterebbe la legittimità della giunta e favorirebbe la diffusione di un sentimento xenofobo che, come visto sopra, comprometterebbe le iniziative di cooperazione in atto. In questo senso, l’eventuale imposizione delle andrebbe circoscritta ai componenti della giunta. Da ultimo, l’utilizzo delle sanzioni andrebbe considerato solo in seguito all’apertura di negoziati formali (e il più possibile pubblici) con la giunta di Ouagadougou.

Anche la cooperazione militare non deve essere oggetto di analisi né di decisioni precipitose. In seguito ai golpe in Mali, la prima reazione da parte dell’UE e della Francia è stata la sospensione (almeno in via temporanea) delle partnership nel settore della difesa e delle operazioni congiunte[43]. L’idea di usare la sospensione della cooperazione militare come strumento di dissuasione non ha funzionato, visto il proliferare dei golpe nella regione. Nel contesto attuale una sospensione in blocco delle iniziative di supporto nel settore della difesa potrebbe favorire lo scivolamento del Burkina Faso nell’orbita d’influenza russa, ma soprattutto aggraverebbe il quadro securitario nella regione. Golpe o meno, il Burkina Faso resta un paese chiave per la stabilizzazione del Sahel, e la messa in sicurezza della regione a sua volta rimane un interesse vitale per l’Europa e i paesi dell’area, pena il dover affrontare una crisi umanitaria, multidimensionale, senza precedenti. In questo contesto, più che sopprimere la cooperazione essa andrebbe rimodulata, applicando anche a quest’ambito un certo livello di condizionalità, prediligendo ad esempio la fornitura di materiale non lethal[44].

Infine, l’approccio seguito fin qui dall’UE e dagli altri partner nell’ambito della formazione e dell’addestramento degli apparati nel Sahel ha seguito una logica settorializzata, focalizzata fondamentalmente su due categorie: forze di sicurezza e apparato giudiziario. Sebbene questo modello possa aver garantito un miglioramento delle performance sul campo, esso non ha risolto il problema sostanziale della democrazia in Burkina Faso così come nel resto della regione: l’assenza di una classe dirigente. In seguito alle rivolte del 2014 a Ouagadougou, le principali leve del potere sono finite in mano a personalità civili, passate sì per un processo elettorale, ma legate allo stesso sistema di potere estromesso precedentemente. Di qui la necessità di rivedere l’approccio alla formazione delle nuove élite, privilegiando anche quella a figure esterne alle forze armate e di sicurezza. L’importanza di tale cambio d’impostazione va considerata al di là di qualsiasi presupposto etico o morale, ma in virtù della sua valenza strategica. Senza una nuova classe dirigente, eventuali nuove elezioni porterebbero alla creazione di un “guscio vuoto”, in termini istituzionali, riportandoci presto o tardi al punto di partenza, cioè a uno stato disfunzionale pronto a cadere sotto un nuovo colpo di stato o peggio ancora sotto i colpi degli insorti.


[1] Al-Jazeera Who is Paul-Henri Damiba, leader of the Burkina Faso coup? (2022) https://www.aljazeera.com/news/2022/1/25/burkina-faso-coup-leader-paul-henri-sandaogo-damiba

[2] Africa News ECOWAS delegation and UN meet with Burkina Faso’s new leader (2022) https://www.africanews.com/2022/02/01/ecowas-delegation-and-un-meet-with-burkina-faso-s-new-leader/#:~:text=Members%20of%20ECOWAS%20and%20the,as%20the%20country's%20new%20president.

[3] France 24 Burkina Faso : Macron "condamne" le putsch, l'ONU demande la "libération immédiate" de Kaboré

(2022) https://www.france24.com/fr/afrique/20220125-burkina-faso-macron-condamne-le-putsch-l-onu-demande-la-lib%C3%A9ration-imm%C3%A9diate-de-kabor%C3%A9

[4] D. Eizenga Another coup has been averted in Burkina Faso: but for how long? The Conversation (2022) https://theconversation.com/another-coup-has-been-averted-in-burkina-faso-but-for-how-long-175074

[5] Voice Of America Eight Burkina Soldiers Accused of Plot to 'Destabilize Institutions' (2022) https://www.voanews.com/a/eight-burkina-soldiers-accused-of-plot-to-destabilize-institutions-/6392754.html

[6] RFI Burkina Faso: le mécontentement des soldats en première ligne dans la lutte contre les jihadistes (2022) https://www.rfi.fr/fr/afrique/20220124-burkina-faso-le-m%C3%A9contentement-des-soldats-en-premi%C3%A8re-ligne-dans-la-lutte-contre-les-jihadistes

[7]Le Faso Burkina Faso : Treize Nouvelle Nominations Au Sein des Forces Armées Nationales (2021) https://lefaso.net/spip.php?page=web-tv-video&id_article=109848&rubrique4#:~:text=Actualit%C3%A9s%20%3A%3A%20Burkina%20Faso%20%3A%20Treize,pr%C3%A9c%C3%A9d%C3%A9%20%C3%A0%20de%20nouvelles%20nominations.

[8] Reuters Death toll soars to 53 after attack on Burkina Faso security post (2021) https://www.reuters.com/world/africa/death-toll-attack-burkina-security-post-soars-53-2021-11-17/

[9] Reuters Burkina attack death toll rises to 32 in security forces' worst loss yet (2021) https://www.reuters.com/world/africa/death-toll-northern-burkina-faso-attack-rises-32-2021-11-15/

[10] Dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari consultabili a https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/bfa_humanitarian_situation_overview_06092021.pdf

[11] The New Humanitarian Can local dialogue with jihadists stem violence in Burkina Faso? (2021) https://www.thenewhumanitarian.org/news-feature/2021/12/16/local-dialogues-with-jihadists-violence-Burkina-Faso

[12] Financial Times Instability in the Sahel: how a jihadi gold rush is fuelling violence in Africa (2021) https://www.ft.com/content/8ff4c2ca-7ac3-4f3b-96ba-6fb74bbb60d5 Per una disamina più ampia dell’industria dell’oro nella geopolitica del Sahel vedi L. Raineri Gold mining in the Sahara-Sahel: The Political Geography of State-Making and Unmaking The International Spectator (2021)

[13] Dati disponibili su World Bank https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.KD.ZG?locations=BF

[14] Reuters Burkina Faso crowd celebrates West Africa's latest coup (2022) https://www.reuters.com/world/africa/burkina-faso-crowd-celebrates-west-africas-latest-coup-2022-01-25/

[15] Jeune Afrique Coup d’État au Burkina : la Cedeao suspend le pays, mais ne le sanctionne pas (encore) (2022) https://www.jeuneafrique.com/1304287/politique/coup-detat-au-burkina-la-cedeao-suspend-le-pays-mais-ne-le-sanctionne-pas-encore/.

[16] France 24 West African bloc slaps tought new sanctions on Mali over election delay (2022) https://www.france24.com/en/africa/20220109-mali-s-ruling-junta-submits-new-timeframe-for-return-to-civilian-rule

[17] Jeune Afrique Coup d’État au Burkina – Jean-Claude Kassi Brou : « Les sanctions servent à quelque chose » (2022) https://www.jeuneafrique.com/1304458/politique/coup-detat-au-burkina-jean-claude-kouassi-brou-les-sanctions-servent-a-quelque-chose/

[18] Libération Au Mali, des manifestations massives pour dénoncer les sanctions (2022) https://www.liberation.fr/international/afrique/au-mali-des-manifestations-massives-pour-denoncer-les-sanctions-20220114_FU4TOIZ3YNEBXHS5UR5DILXLRQ/

[19] Bloomberg Landlock Mali Turns to Neighbors to Sidestep Trade Sanctions (2022) https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-01-19/landlocked-mali-turns-to-neighbors-to-sidestep-trade-sanctions

[20] Reuters Burkina Faso crowd… Ibid

[21] Jeune Afrique Coup d’État au Burkina – Smockey : « Il fallait mettre fin au régime de Kaboré »

(2022) https://www.jeuneafrique.com/1303390/politique/coup-detat-au-burkina-smockey-il-fallait-mettre-fin-au-regime-de-kabore/

[22] Le Monde Au Burkina Faso, les étudiants, « trahis » par les élites politiques, placent leurs espoirs dans la junte
(2022) https://www.lemonde.fr/afrique/article/2022/01/28/au-burkina-faso-les-etudiants-trahis-par-les-elites-politiques-placent-leurs-espoirs-dans-la-junte_6111439_3212.html

[23] Les Temps «Il faut continuer de soutenir le Burkina Faso malgré le coup d’Etat» (2022) https://www.letemps.ch/monde/faut-continuer-soutenir-burkina-faso-malgre-coup-detat

[24] Le Monde Au Burkina Faso, les étudiants… Ibid

[25] Dati disponibili su https://data.ipu.org/content/burkina-faso?chamber_id=13352

[26] VOA Pro-Russia Sentiment Grows in Burkina Faso After Coup (2022) https://www.voanews.com/a/pro-russia-sentiment-grows-in-burkina-faso-after-coup/6416363.html

[27] Per un’analisi sulle campagne di disinformazione russe in Africa Occidentale vedi M. Audinet Le Lion, l’Ours et les Hyènes. Pratiques et récits de l’influence informationnelle Russe en Afrique Subsaharienne Francophone Institut de Recherche Stratégique de l’école Militaire (2021)

[28] L’esempio più chiaro dell’uso di questa retorica è quello del primo ministro maliano Maïga e del suo discorso durante le manifestazioni di protesta contro le sanzioni dell’ECOWAS a Bamako vedi: Africa News Mali leaders join thousands at anti-sanctions rally (2022) https://www.africanews.com/2022/01/15/mali-leaders-join-thousands-at-anti-sanctions-rally/

Una retorica riproposta anche nell’intervista rilasciata alla televisione nazionale dopo le proteste https://www.youtube.com/watch?v=Itr2mpcdB7I&t=1s

[29] VOA Pro-Russia Sentiment Grows… Ibid

[30] Le Monde Coup d’Etat au Burkina Faso : le parrain du groupe Wagner salue une « nouvelle ère de décolonisation » (2022) https://www.lemonde.fr/afrique/article/2022/01/26/coup-d-etat-au-burkina-faso-le-parrain-du-groupe-wagner-salue-une-nouvelle-ere-de-decolonisation_6111025_3212.html

[31] Daily Beast African President Was Ousted Just Weeks After Refusing to Pay Russian Paramilitaries (2021) https://www.thedailybeast.com/burkina-faso-president-ousted-after-refusing-to-pay-wagner-mercenaries

[32] Si pensi ad esempio alla recente vendita di quattro elicotteri d’assalto consegnati al Mali a Ottobre 2021. Per dettagli vedi: Andalou Agency La Russie fournit des armes et des hélicoptères au Mali (2021) https://www.aa.com.tr/fr/afrique/la-russie-fournit-des-armes-et-des-h%C3%A9licopt%C3%A8res-au-mali/2380211

[33] France 24 Mali demands Denmark ‘immediately’ withdraw its special forces (2022) https://www.france24.com/en/africa/20220124-mali-demands-denmark-immediately-withdraw-its-special-forces

[34] Defense Post Germany Considers Relocating Soldiers in Mali Mission (2021) https://www.thedefensepost.com/2021/12/20/germany-relocating-soldiers-mali/

[35] Andalou Agency Sweden to withdraw troops from Mali (2022) https://www.aa.com.tr/en/world/sweden-to-withdraw-troops-frommali/2474132#:~:text=Sweden%20has%20decided%20to%20withdraw,the%20government%20announced%20on%20Friday.&text=They%20condemned%20the%20deployment%20of,security%20situation%20in%20West%20Africa.

[36] Le Faso Sanctions de la CEDEAO contre le Mali : « Le Burkina Faso risque de payer le plus gros tribut », prévient Idrissa Ouédraogo (2022) https://lefaso.net/spip.php?article110504

[37] Jeune Afrique Burkina : le coup d’État de Damiba risque-t-il de bloquer le plan de développement ? (2022) https://www.jeuneafrique.com/1271053/economie/burkina-faso-nouvelles-incertitudes-sur-le-plan-national-de-developpement/

[38] Jeune Afrique Or : au Burkina Faso, trois nouvelles mines vont doper la filière en 2021 (2021) https://www.jeuneafrique.com/1131013/economie/burkina-faso-les-promesses-de-lor/

[39] Jeune Afrique Burkina Faso : les producteurs d’or veulent s’adapter au régime Damiba (2022) https://www.jeuneafrique.com/1303430/economie/burkina-faso-les-producteurs-dor-veulent-sadapter-au-regime-damiba/

[40] Jeune Afrique Burkina Faso : les producteurs d’or… Ibid

[41] Per un’analisi delle radici sociali delle insurrezioni nel Sahel vedi A. Thurston Jihadists of North Africa and the Sahel Cambridge University Press (2020)

[42] Associated Press US pauses $450M aid for Burkina Faso over president’s ouster (2022) https://apnews.com/article/ouagadougou-burkina-faso-africa-elections-west-africa-3f9587e1aa2481cef2699ca103f9f325

[43] RFI La France suspend ses opérations militaires conjointes avec les forces maliennes (2022) https://www.rfi.fr/fr/en-bref/20210603-la-france-suspend-ses-op%C3%A9rations-militaires-conjointes-avec-les-forces-maliennes-minist%C3%A8re-arm%C3%A9es

[44] ABC Burkina Faso at risk for more unrest after coup (2022) https://abcnews.go.com/International/wireStory/ap-explains-burkina-faso-risk-unrest-coup-82534147

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La guerra civile yemenita, ormai decennale, è profondamente influenzata dagli equilibri regionali. Le potenze esterne, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi, sostengono attivamente le fazioni avverse agli Houthi, mentre questi ultimi cercano di ampliare la loro rete di alleanze al di là dell'asse iraniano. All'interno del Paese, le varie fazioni politiche e militari continuano a negoziare e ridefinire le proprie posizioni, in un contesto di grande instabilità.

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L’evoluzione del Cyberspazio e l’IA. La competizione internazionale e la postura regionale del CCG

Pubblichiamo il paper di Luigi Martino - ricercatore presso il Center for Secure Cyber Physical Systems (C2PS) del Khalifa University di Abu Dhabi - realizzato nell’ambito del progetto “Geopolitica del Digitale”, promosso dalla Fondazione Med-Or, in collaborazione con il Center for International and Strategic Studies (CISS) della Luiss Guido Carli, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo.

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