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Il Medio Oriente sull’orlo del burrone

Ora c'è da attendere la risposta di Israele all’attacco subito dall’Iran, mentre la crisi in Medio Oriente procede con violazioni continue di precedenti linee rosse. Il punto di Daniele Ruvinetti

Fino a quanto la costante violazioni di red-lines precedentemente dichiarate potrà essere sostenibile? Quando uno degli attori coinvolti compirà l’azzardo definitivo che provocherà la guerra regionale totale? La sensazione è quella di essere in un piano inclinato in cui si procede seguendo l’inerzia bellica, con il confronto che cresce giorno dopo giorno di intensità, rischi, coinvolgimenti.

Il Medio Oriente è sull’orlo di un burrone, con una guerra che si attesterebbe sopra alla crisi umanitaria a Gaza, all’annoso disastro bellico dello Yemen, a un Libano dove la maggioranza delle persone è sotto la soglia di povertà sancita dalla Comunità internazionale, all’Iraq mai ripresosi dalla guerra del 2003, alla Siria ancora barcollante e a una serie di stati (come l’Egitto o la Giordania) che vivono in uno stato di equilibrio solo superficiale.

Milioni di persone soffrono e sono pronte a fuggire dalle loro terre martoriate, cercando fortuna altrove – in Europa, ça va sans dire, dove le capacità economiche e sociopolitiche di accoglienza sono in difficoltà. Perché sarebbe anche questa – l’innesco di flussi migratori incontrollati – una conseguenza della potenziale esplosione di un conflitto che, dovesse essere, non sarà solo Israele contro Iran, ma coinvolgerà i proxy in tutta la regione, nonché altri attori statuali.

E qui si apre un’altra dimensione della crisi che potrebbe deflagrare. Degli attori coinvolti, per primo Hezbollah, si conosce anche l’aspetto terroristico, e in uno scontro totale anche questa dimensione asimmetrica dello scontro potrebbe essere attivata, e chiaramente non solo in Medio Oriente. Europa e Sudamerica, ma anche alcuni paesi asiatici, e poi chiaramente gli Stati Uniti, potrebbero essere terreno di attacchi.

E non solo: del caos delle guerre si nutrono le predicazioni jihadiste sunnite che hanno caratterizzato i decenni scorsi. Quelle che hanno permesso la creazione di uno Stato islamico in grado di statualizzarsi e che si sono diffuse altrove (in primis in Europa) tramite narrazioni antioccidentali esasperate dal mezzo mediatico – i social network – e da contesti sociali depauperati che hanno fatto della radicalizzazione della fede una via di uscita e apparente elevazione.

Da qui, ancora: il rischio di doppi standard, reali e percepiti, riguardo alla condotta israeliana delle ostilità (le oltre 40mila vittime, molte delle quali civili) aprono alla narrazione strategica prodotta dagli attori rivali dell’Occidente. Russia e Iran, direttamente coinvolti (visto che Mosca potrebbe aver fornito armamenti, via Teheran, ai miliziani sciiti connessi ai Pasdaran), e la Cina – che sfrutta ogni occasione per contestare il modello di governance internazionale come occidente-centrico, accattivandosi l’interesse del Global South.

La situazione è densa di complessità e apparentemente priva di soluzioni. A maggior ragione se si considerano le informazioni di stampa secondo cui il governo israeliano avrebbe colpito Hassan Nasrallah nonostante fosse stato informato che il leader di Hezbollah aveva accettato la tregua richiesta dagli Stati Uniti.

In questo depauperamento delle capacità di deterrenza generale, anche americane – tanto che l’Iran non ha stentato a colpire Israele nonostante il rafforzamento statunitense nella regione –, ciò che emerge è proprio questo avanzamento costante del rischio. Una dinamica che ci pone davanti a questa spietata domanda: il calcolo strategico è stato sacrificato nell’ottica di altri interessi?

In una regione in cui le linee rosse sono utilizzate per governare i contorni degli attacchi e dei contrattacchi, pare che il sistema generale delle regole sia saltato, che non esista più un termine concordato per attuarle, che non ci siano vigili in grado di farle rispettare. Diritti e necessità si confondono in un’escalation di azioni e rappresaglie, apparentemente diretta verso una rotta di collisione definitiva.

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