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Il piano della Russia per il Corno d’Africa

Mosca approfitta del disgelo con gli USA e del caos imperante tra dazi e guerre per estendere la sua influenza nel Corno d’Africa. Il punto di Luciano Pollichieni

Mentre l’Europa si riorganizza per navigare nel nuovo corso impresso dalla presidenza Trump, il Cremlino rilancia la propria strategia africana. Dopo aver scalzato i governi civili nel Sahel e consolidato la sua presenza in Libia, Mosca punta ora a espandersi nel Corno d’Africa, approfittando delle tensioni crescenti nella regione e di una serie di situazioni favorevoli. Questo tentativo di ritagliarsi uno spazio consolidato in tale quadrante si inserisce all’interno di una strategia più ampia, che coinvolge l’intero continente africano.

Perché il Corno d’Africa?

La presenza della Russia nel Corno d’Africa è una realtà consolidata da anni. Dal 2018 in poi il Cremlino non ha lesinato le proprie risorse per inserire la regione all’interno della strategia di guerra ibrida che Vladimir Putin ha lanciato nelle aree strategiche del continente. Questo è stato particolarmente visibile nel caso del Sudan, dove il Wagner ha collaborato attivamente con le RSF del generale Hemedti e supportato il regime di al-Bashir con un supporto propagandistico a mezzo social. Il rinnovato interesse del Cremlino rispetto alla penetrazione nel Corno d’Africa è giustificato da due tendenze fondamentali. La prima è quella della necessità di acquisire un proprio spazio di influenza lungo la rotta del canale di Suez. Questo progetto è stato accarezzato da lungo tempo dalla nomenklatura del Cremlino, che prima dello scoppio della guerra in Ucraina aveva intavolato trattative con il governo egiziano per la costruzione di un proprio distretto commerciale nei pressi di Port Said. L’interesse per la rotta marittima di Suez, al di là del valore strategico intrinseco, è giustificato da almeno due fattori. Il primo è l’effettivo controllo della natura medioceanica del Mediterraneo. Anche se le installazioni siriane di Tartus garantivano a Mosca la possibilità di inserirsi all’interno delle dinamiche competitive per il Mediterraneo orientale e in quelle africane, queste non garantivano la possibilità per la Russia di controllare effettivamente quel pezzo del Mare Nostrum funzionale alla connessione con l’Oceano Indiano. Secondo poi, le caratteristiche intrinseche dell’area le conferiscono un valore strategico maggiore rispetto ad altre regioni in cui la Russia è presente. In termini economici e di rilevanza politica, il Corno d’Africa è caratterizzato da economie più floride e da un quadro infrastrutturale migliore rispetto a quanto non vi siano nei paesi del Sahel entrati nell’orbita di Mosca. In questo senso il valore della presenza russa nel Sahel è squisitamente propagandistico ma non ha un valore geopolitico primario se comparato con una possibile penetrazione in paesi come l’Etiopia. Tenendo a mente questo elemento si capisce come la ramificazione dell’interesse russo nel Corno d’Africa sia potenzialmente molto più problematica per i paesi dell’Unione Europea di quanto non sia stata fino ad oggi quella nella regione del Sahel.

Stringere la morsa

Ad esempio, la Repubblica Centrafricana, pur appartenendo alla regione dei Grandi Laghi, ha un impatto strategico sugli equilibri del Corno d’Africa grazie alle interconnessioni economiche e ai traffici transfrontalieri con Sudan e Sud Sudan. Qui la Russia è presente da quasi un decennio con l’Afrika Korps (ex Wagner), e ha sviluppato numerose iniziative culturali e mediatiche. Recentemente i mercenari russi hanno anche lanciato una campagna di reclutamento di miliziani Gula nella prefettura di Vakaga al confine con Ciad e Sudan per rafforzare il proprio controllo sull’area. Nonostante una recente riapertura delle relazioni tra Bangui e Parigi, il Cremlino considera ancora cruciale la sua presenza nel paese.

Più recentemente, Mosca ha stretto un accordo con le forze armate regolari sudanesi (SAF) per la costruzione di un’infrastruttura portuale nei pressi di Port Sudan, parte della più ampia strategia russa nel Mar Rosso, in particolare con l’Eritrea. Subito dopo l’invasione dell’Ucraina, il presidente eritreo Isaias Afwerki si è recato a Mosca, e da allora il governo di Asmara si è opposto a qualsiasi condanna internazionale dell’azione russa. Nel maggio scorso, la fregata Maresciallo Šapošnikov ha fatto scalo per una settimana a Massaua per celebrare il trentennale delle relazioni russo-eritree. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha poi annunciato l’intenzione di investire nelle infrastrutture portuali eritree, senza specificare quali. Tuttavia, data la concessione trentennale del porto di Massaua agli Emirati Arabi Uniti, è plausibile che Mosca stia puntando sul porto di Assab. In tal caso, la Russia potrebbe contare su due infrastrutture portuali lungo la direttrice del Canale di Suez, rafforzando notevolmente la propria influenza marittima. Qualche settimana fa, l’ammiraglio Vladimir Vorobyev ha guidato una delegazione della Marina russa in visita in Etiopia, incontrando il commodoro Jemal Tufisa. Scopo della missione: rafforzare la cooperazione navale e confermare il sostegno russo agli interessi etiopi nelle acque internazionali. È la seconda visita di alto livello dal 2022, segno della volontà di Mosca di costruire un partenariato duraturo. L’Etiopia, priva di accesso al mare dal 1993 dopo l’indipendenza dell’Eritrea, considera il recupero di uno sbocco marittimo una priorità strategica, come dimostra il memorandum d’intesa firmato con il Somaliland, che ha provocato una crisi diplomatica con la Somalia, risolta temporaneamente grazie alla mediazione turca. La Russia ha mantenuto una postura equilibrata, da un lato sostenendo l’integrità territoriale somala, dall’altro evitando frizioni con Addis Abeba. Mosca ritiene fondate le rivendicazioni etiopi e punta a garantirsi un posto in prima fila nel caso in cui il paese riuscisse a ottenere un accesso al Mar Rosso. In questo scenario, la Russia potrebbe triplicare i propri sbocchi strategici nella regione. Il Cremlino ambisce a una presenza stabile e strutturata nel Corno d’Africa, da usare come leva geopolitica e commerciale contro i paesi europei. Sarebbe bene non farsi cogliere impreparati.

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