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Il Qatar al centro della scena in Medio Oriente

L’emirato della famiglia Al Thani ha sfruttato la capacità di gestione pragmatica di dossier complessi per costruirsi un ruolo internazionale, confermato anche dall’importanza acquisita nel tempo sul piano diplomatico. Il punto di Emanuele Rossi

Tra qualche giorno, o settimana, una nuova pausa nei combattimenti nella Striscia Gaza potrebbe produrre il rilascio di ulteriori ostaggi catturati da Hamas nel sanguinoso raid del 7 ottobre. Nel caso, il Qatar potrebbe tornare al centro della scena diplomatica internazionale: una piccola nazione che sporge dalla penisola arabica, che negli ultimi anni ha dimostrato la capacità di costruire relazioni diplomatiche di primissimo livello. Doha è stata infatti nel tempo sede dei contatti che hanno costruito l’accordo tra Stati Uniti e Talebani per l’Afghanistan; ha poi cercato di giocare un ruolo da pontiere nel complicato conflitto russo in Ucraina e, da ultimo, ha avuto uno spazio centrale nelle negoziazioni sulla crisi militare di Gaza (permettendo già il rilascio di oltre cento ostaggi).

La guerra nella Striscia conferma il livello di influenza del Qatar, che tuttavia si estende oltre le contingenze. Doha è per esempio sede del network di notizie Al Jazeera, che ha rilevanza globale, ma anche di una vasta base aerea statunitense ad al Udeid, che fa da hub al Comando Centrale del Pentagono. Il Paese l’anno scorso ha ospitato le partite della Coppa del Mondo di calcio ed è un hub finanziario internazionale nonché il primo produttore al mondo di gas naturale liquefatto – il meno inquinante degli idrocarburi.

Doha sta da tempo dimostrando per necessità una capacità di negoziare in ambienti complessi. In queste settimane di crisi in Medio Oriente, ha contribuito – in coordinamento con Stati Uniti, Egitto, Israele e Hamas – anche ad aprire la strada per gli stranieri intrappolati a Gaza di uscire attraverso il valico di Rafah. Da lì, anche diverse decine di palestinesi, tra gli oltre 22.000 feriti in guerra, sono stati fatti uscire per ricevere cure in Egitto. Se Doha ha potuto svolgere questo ruolo è perché ha ospitato i leader di Hamas in esilio, come ha fatto con la leadership talebana. Sebbene certe scelte possano essere considerate discutibili secondo gli standard occidentali, all’occorrenza si sono rilevate determinanti.

Ed è un valore per Doha, che fa del pragmatismo uno spirito guida di certe attività. Doha in passato ha aiutato a liberare gli ostaggi occidentali detenuti dai gruppi estremisti in Siria e ha recentemente negoziato uno scambio di prigionieri di alto profilo tra Stati Uniti e Iran. Anche se non è chiaro se in futuro potrà continuare a ospitare Hamas – tra le crescenti pressioni pare che Doha abbia già comunicato che forse non sarà più in grado di gestire la sicurezza dei leader palestinesi – l'ufficio politico di Hamas a Doha è stato aperto oltre dieci anni fa proprio in coordinamento con gli Stati Uniti. Lo stesso avvenne con i Talebani. Non a caso i massimi funzionari di intelligence e i capi delle diplomazie dei Paesi coinvolti si sono riuniti in queste settimane in più di un’occasione a Doha, che ha permesso discrezione nei contatti con Hamas – che altrimenti sarebbero stati se non impossibili molto complessi.

Va anche detto che per anni, il Qatar ha contribuito a pagare gli stipendi parziali di decine di migliaia di insegnanti, medici e altri dipendenti pubblici palestinesi nella Striscia di Gaza, che è sottoposta a un blocco israeliano, sostenuto dall'Egitto, da quando Hamas ha preso il controllo del territorio nel 2007. Doha ha contribuito in modo determinante a tenere in vita i cittadini della Striscia – oltre due milioni di persone – vessati dall’autoritarismo di Hamas. Il Qatar ha inviato aiuti attraverso un sistema co-gestito con le Nazioni Unite, anche per alleviare la pressione da parte dei critici che sostenevano collegamenti poco chiari tra alcune componenti dell’emirato e il gruppo armato palestinese. Israele ha permesso questi trasferimenti ad Hamas.

A Doha si lega anche parte del mantenimento dell’equilibrio nell’escalation regionale, anche se in modo indiretto. Il Qatar ospita migliaia di truppe statunitensi nella base aerea di Al Udeid. La base, su cui il governo qatarino sta pagando i lavori di espansione, è la componente centrale della deterrenza americana nella regione. Se Hezbollah, e gli altri gruppi sciiti collegati ai Pasdaran sotto l’Asse della Resistenza, non hanno sfruttato l’occasione dell’attacco di Hamas per lanciare un assedio su più lati contro lo stato ebraico, è perché temevano che gli Stati Uniti avrebbero potuto reagire in difesa di Israele. E quella reazione, oltre che dalle portaerei mobilitate con i loro gruppi da battaglia nel Mediterraneo, sarebbe certamente passata da Al Udeid.

Il Paese – elevato allo status di non-Nato major ally dagli Usa – mantiene anche stretti legami con l'Iran, con cui condivide il più grande giacimento di gas sottomarino al mondo, nel Golfo Persico (e l'Iran è accorso in suo aiuto quando diversi Stati arabi hanno tagliato i rapporti con il Qatar per diversi anni a causa delle sue politiche nella regione). Anche questo è stato importante per mantenere gli equilibri nella regione.

Tutto questo spessore acquisito ha permesso al Qatar di avere spazio per non condannare pubblicamente gli attacchi di Hamas contro Israele e (come altri Stati arabi e l’Iran) di incolpare le politiche israeliane per l’escalation di violenza. Tuttavia, il Qatar – uno dei primi Stati arabi del Golfo a stabilire legami commerciali ufficiali con Israele negli anni Novanta – resta percepito come attore terzo in grado di gestire il più delicato dei segmenti negoziali, quello sugli ostaggi.

Il ruolo del Qatar come mediatore regionale è determinato anche dalla sua storia priva chiaramente del bagaglio associato agli sforzi di pacificazione delle grandi potenze. Il fatto di non essere strettamente allineato con potenze globali come Stati Uniti, Russia o Cina riduce inoltre i sospetti e le critiche. Poi c’è anche un aspetto collegato alla dimensione economica: l’intreccio dell'economia del Qatar con le catene di approvvigionamento globali ha accresciuto il suo impegno diplomatico –uno standing dato dal ruolo privilegiato nel mercato del Gnl.

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