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Italia-USA: una relazione strategica. Anche per il Mediterraneo

Il recente viaggio negli USA della premier Giorgia Meloni conferma l’importanza di uno dei capisaldi della politica italiana: il rapporto con gli Stati Uniti. Anche in ottica euro-mediterranea

Quando nel 1919 il presidente Woodrow Wilson attraversò l’Italia, per il viaggio in cui toccò oltre a Roma varie altre importanti città, ovunque fu accolto da folle enormi. Le immagini dell’epoca restituiscono bene l’entusiasmo con cui quell’evento, nuovo per l’Italia e per la politica italiana, veniva salutato.

Gli Stati Uniti guidati da Wilson, padre della visione internazionalista e liberale della politica estera americana nonché ideatore, sfortunato, del progetto della Società delle Nazioni che si fondava proprio su quella visione, erano intervenuti solo due anni prima nella tragedia della Grande Guerra, portando un contributo decisivo per la vittoria contro gli Imperi centrali.

L’Europa, e l’Italia, erano appena uscite devastate dalla guerra. Gli Stati Uniti, nella loro prima vera grande prova di forza sul piano internazionale, avevano non solo dato un contributo fondamentale alla vittoria dell’Intesa, ma soprattutto si erano potuti affermare come nuova grande potenza in ascesa sul panorama globale, candidandosi, da allora, a sostituirsi alle più longeve e arrugginite potenze europee, a partire dalla Gran Bretagna. E gli omaggi tributati a Wilson in Italia, in qualche modo, preannunciavano già a livello popolare il ruolo e l’importanza, sul piano narrativo e simbolico, che il leader di questa grande potenza avrebbe rappresentato nell’immaginario pubblico italiano. L’America era l’America, lo sterminato paese dei sogni al di là dall’oceano, dove milioni di europei e di italiani – come ricordato dallo stesso Presidente Meloni insieme allo Speaker della House of Representatives, Kevin McCarthy – nei decenni erano fuggiti per cercare un futuro migliore.

Il rapporto tra gli Stati Uniti e l’Italia si è notevolmente rafforzato ed evoluto nel tempo, al netto della dolorosa parentesi della guerra. Indubbiamente, il fatto che fin dalla fine dell’Ottocento milioni di italiani avessero raggiunto gli USA diventando una delle principali comunità di emigrati, soprattutto nella costa est, è stato da sempre un fattore decisivo nel condizionare i rapporti tra i due paesi. Ma è altrettanto evidente, per quanto non sempre sufficientemente riconosciuto, che è stato soprattutto dal 1943 in poi, con la guerra di liberazione dell’Italia prima e poi con il piano Marshall, che la relazione italo-americana si è fatta più solida e imprescindibile. Un pilastro della nostra politica estera, ma anche un elemento di stabilità e sicurezza, per qualsiasi governo nella storia delle Repubblica. Fu infatti dopo la guerra che il rapporto tra Italia e Stati Uniti, divenne tale da rendere gli uni fondamentali per l’altra e allo stesso tempo, l’Italia, un alleato strategico per gli USA, soprattutto nell’ottica del contrasto al comunismo e al confronto con l’Unione Sovietica nel Mediterraneo. Non per caso, il territorio italiano, da allora fino ad oggi, ha ospitato alcune delle più importanti basi americane in Europa ed è sede della Sesta flotta a Napoli. L’Italia, piattaforma naturale nel Mediterraneo, crocevia di confine tra est e ovest fino al 1989 e tra nord e sud adesso, ha rivestito per decenni un ruolo unico e insostituibile per gli USA e la NATO. Tanto che, anche per volere degli Stati Uniti, l’Italia entrò nell’Alleanza Atlantica fin dalla sua nascita e ne fu paese fondatore.

Il Mediterraneo e le relazioni transatlantiche sono due elementi centrali, e per certi versi collegati tra loro, della nostra politica estera negli ultimi ottanta anni. Mentre l’Italia faticosamente si liberava, e veniva liberata, dalla dittatura e dall’occupazione straniera, iniziava a rafforzarsi quella collaborazione tra le nuove classi dirigenti democratiche italiane e gli Stati Uniti. Per il ruolo determinante che l’Italia poteva svolgere nel Mediterraneo e in Europa, il rapporto con gli Stati Uniti, dal secondo dopo guerra in poi, fu sempre molto stretto per la politica italiana. Come del resto lo fu per tutta l’Europa, soprattutto negli anni della Guerra Fredda, quando il confronto tra mondo libero e comunismo passava soprattutto dal teatro europeo e si giocava molto intorno a quella cortina di ferro che tagliava in due il vecchio continente, e i rapporti transatlantici ebbero sempre una importante relazione, anche con le scelte di politica estera e interna di molti paesi europei. Da allora, per più di settanta anni, gli americani hanno garantito, anche grazie allo scudo protettivo della NATO, la difesa e la sicurezza dei paesi europei, Italia in primis, contro la minaccia russa e contro le altre minacce che si sono manifestate nel tempo. E l’Italia, durante tutta l’epoca della Guerra Fredda, e poi negli anni successivi al 1989, nel disordine piombato improvviso ai confini europei, dai Balcani alla sponda sud del Mediterraneo all’Asia centrale, mantenne fede ai propri impegni e alla propria lealtà verso gli USA e il sistema di alleanze occidentali, svolgendo il suo ruolo di paese-ponte verso molti paesi arabi e impegnandosi fattivamente per la sicurezza dell’area euro-mediterranea. Mettendo in campo anche una capacità di mediazione e interlocuzione, soprattutto attraverso uomini di stato di altissimo livello, che in molte occasioni ha permesso al Bel Paese di ritagliarsi un ruolo di primo piano nel quadro delle complesse relazioni dell’epoca bipolare e di quella successiva. Ovviamente, senza mai venire meno al mandato di lealtà verso gli alleati e spesso, in piena sintonia e in accordo con loro.

La capacità di mantenersi in molte occasioni un alleato stabile è stata spesso una necessità, per l’Italia, data anche dal livello e dall’intensità delle relazioni economiche e commerciali con gli USA. Primo partner extra europeo dell’Italia, paese fortemente legato sul piano economico al nostro e con numerosi interessi strategici comuni, che per usare le parole del Presidente Meloni comprendono settori come “la difesa, la cybersicurezza, l’energia, lo spazio, le catene di approvvigionamento, le infrastrutture, le materie prime critiche, i semiconduttori” oltre alla più volte citata partnership scientifica tra i due paesi.

E guardando al Mediterraneo, principale area di proiezione geopolitica dell’Italia, non solamente Washington ha necessità del ruolo giocato da Roma, anche oggi, ma l’Italia stessa, viste le numerose minacce alla sicurezza esistenti in questa regione, non può fare a meno delle garanzie e del sostegno americano in molte partite strategiche. Tutt’ora fondamentale in tutta la regione del Mediterraneo allargato. Anche per questo, tra i temi del recente incontro tra Giorgia Meloni e Joe Biden vi sono stati proprio il Mediterraneo, l’Africa e in generale le minacce provenienti dal Fianco Sud. Temi fortemente attenzionati dal Governo italiano e al centro della sua iniziativa in politica estera.

Durante il bilaterale è stato, ad esempio, espresso il pieno sostegno americano alle iniziative dell’Italia per la pace e la stabilità dei Balcani occidentali come per il contrasto all’immigrazione illegale e all’insicurezza alimentare – oggetto delle due conferenze internazionali lodate dal presidente Biden, tenutesi a Roma pochi giorni prima del viaggio del Presidente del Consiglio. Meloni ha poi voluto richiamare l’importanza del dossier Tunisia, hotspot dell’arco di instabilità che affligge il continente africano. Il paese dei gelsomini rappresenta, infatti, un tassello fondamentale per la sicurezza dell’Italia e dell’intera regione del Mediterraneo allargato. Di conseguenza, il sostegno espresso da Washington per l’operato di Roma in Tunisia potrà incidere significativamente nella risoluzione della crisi in atto, specialmente se Biden dovesse adottare “l’approccio pragmatico” chiesto a gran voce dal Governo italiano in tutti i consessi internazionali.

È dunque anche alla luce dell’attuale situazione nel Mediterraneo, della crisi internazionale avviata con l’inizio dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, e delle minacce esistenti intorno ai confini europei, ed italiani, che l’incontro di Washington ha rappresentato un appuntamento significativo per gli interessi italiani e il consolidamento dei rapporti tra Italia e Stati Uniti. Rapporti che, nel quadro dell’attuale contesto di competizione internazionale, sono tornati a rivestire, come qualche decennio fa, una particolare importanza. Perché se è vero che il focus principale degli Stati Uniti adesso è rivolto verso la Cina e verso l’Indo-Pacifico, è altrettanto vero che mantenere solidi i rapporti con paesi storicamente amici, e leali, come l’Italia, è una necessità cui Washington non può fare a meno. Sia guardando al Mediterraneo, e all’Africa, che anche pensando alla necessità di allargare il fronte dei paesi democratici, caro a Biden, che infine pensando al confronto sull’Indo-Pacifico. Area centrale e molto influente anche nelle dinamiche mediterranee, verso cui l’Italia ha iniziato a guardare con sempre maggiore attenzione, rivendicando un proprio impegno sicuramente condiviso anche con gli alleati. A testimonianza di ciò, si prenda l’esempio delle recenti attività di Roma nella regione: oltre al più strutturato partenariato con il Giappone, si possono citare gli incontri di alto livello e le iniziative portate avanti dall’Italia con l’India, il Vietnam, il Bangladesh, oltre che con Singapore, le Filippine, la Malesia e l’Indonesia. Durante il vertice alla Casa Bianca, entrambi i leader hanno poi convenuto di voler “rafforzare le consultazioni bilaterali e multilaterali sulle opportunità e le sfide poste dalla Cina”. Pur ribandendo l’importanza di tenere aperto il dialogo con Pechino, è stata evidenziata la necessità di proteggere gli interessi nazionali (de-risking), come già era stato espresso durante il Summit del G7 di Hiroshima e quello NATO di Vilnius.

Mentre il Sahel avvampa di insicurezza, e in Niger sembra venire meno il regime democratico di uno dei maggiori alleati dell’Occidente, mentre la Cina e la Russia avanzano, nel Mediterraneo e in Africa, e in Ucraina la pace sembra essere, purtroppo, ancora lontana, il rafforzamento dei rapporti transatlantici e la relazione non solo tra Italia e Stati Uniti, ma anche tra Italia, Stati Uniti ed Europa, diventa indispensabile. Guardando proprio alla situazione nel Mediterraneo, di cui troppo spesso in Europa si rischia di sottovalutarne la pericolosità, un solido dialogo aperto tra Roma e Washington e la condivisione di comuni obiettivi, non solo in ambito securitario, può essere utile anche per muovere l’Europa ad agire e – per usare le parole del presidente Meloni – “ad avere una chiara politica estera che rappresenti un valore aggiunto per tutta la coalizione”.

Italia e Stati Uniti sono da decenni dalla stessa parte, non solo sul piano politico, ma anche economico, valoriale, culturale. Anche in questi giorni, come ricordato nell’incontro di Washington, sia sostenendo l’Ucraina attaccata che condividendo obiettivi strategici comuni, anche nel Mediterraneo, la solidità di questa relazione si è confermata. Pur cambiando gli interlocutori, i colori politici dei governi dell’una e dell’altra sponda, questa si mantiene nella sua integrità e continuità. Un altro elemento di forza e di valore che conferma quanto per un paese, in politica estera e in materia di sicurezza, sia indispensabile mettere l’interesse nazionale al centro del proprio agire.

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