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La crisi nel Mar Rosso e le minacce alla sicurezza ambientale

Non solo danni economici: le attività terroristiche del gruppo yemenita mettono a repentaglio anche la sicurezza ambientale del Mar Rosso, regione già ampiamente alle prese con gli effetti del cambiamento climatico.

A quasi un anno di distanza dall’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023, nel Mar Rosso continuano gli attacchi da parte degli Houthi contro le imbarcazioni dirette e provenienti dal Canale di Suez.

Secondo i dati dell’International Maritime Bureau, da novembre 2023 Ansar Allah – altro nome dei ribelli yemeniti – ha condotto circa 100 attacchi contro le navi in transito nel Golfo di Aden e nello stretto di Bab-el-Mandeb, con due picchi registrati nei mesi di dicembre 2023 (19) e giugno 2024 (17). Ad essere colpite sono state soprattutto navi container e tanker di combustibili fossili, come petrolio e gas. In totale nell’arco di questi mesi sono stati registrati complessivamente due affondamenti, un sequestro e l’uccisione di tre marinai.

Se in termini numerici questi ultimi dati possono sembrare di ridotte dimensioni, l’attività degli Houthi ha comportato gravissime ripercussioni economiche al settore dello shipping e, in generale, al commercio mondiale. Infatti, la naturale conseguenza è stata una netta contrazione del traffico passante per il Canale di Suez, attraverso il quale transita il 15% del volume del commercio marittimo su scala globale. Nei primi mesi del 2024, ad esempio, la media registrata nel chokepoint egiziano è stata pari a 40 transiti giornalieri, contro gli oltre 100 dello stesso periodo nel 2023.

Gli attacchi dei ribelli hanno, infatti, portato numerose compagnie di shipping a optare per la rotta passante per il Capo di Buona Speranza, in Sud Africa, il cui volume degli scambi è aumentato di circa il 74% rispetto all’anno precedente. Si tratta di una via commerciale più lunga di circa il 40% rispetto a quella passante per Suez, tale per cui, ad esempio, una nave in partenza da Singapore e diretta a Rotterdam impiega circa 9 giorni di navigazione e 6000 km in più.

Tutto ciò si traduce in maggiori costi di trasporto, legati alla più ingente quantità di carburante necessaria per coprire la tratta più lunga e anche all’aumento delle polizze assicurative, i cui prezzi sono cresciuti a seguito dei numerosi attacchi alle imbarcazioni. A ciò si aggiunga la carenza di container tanto in Europa quanto in Asia, che determina un’impennata della domanda di tale bene, facendo lievitare ulteriormente i costi di trasporto. Considerando questi elementi, gli studi più recenti prospettano, dunque, un possibile effetto inflattivo (da domanda e da costi), che si potrebbe tramutare in un aumento significativo dei prezzi dei beni finali.

Oltre a tale scenario di natura prettamente economico-commerciale, il persistere della minaccia posta dagli Houthi rischia di incidere negativamente anche su un altro ambito della politica internazionale, troppo spesso trascurato nei discorsi sulla sicurezza: quello ambientale.

Per molti anni, infatti, il tema della Enviromental Security è stato sottovalutato dalle analisi politico-strategiche e dalla letteratura accademica sul tema, o è stato relegato alla categoria delle Soft Security Threats, ovverosia tutte quelle minacce alla sicurezza che non rischiano di arrecare un danno significativo ad un paese o ad una comunità.

Negli ultimi anni, al contrario, il legame tra clima, ambiente e politica internazionale è divenuto più forte. Ci si è accorti della forte dipendenza esistente tra alcuni macro-fenomeni globali di ordine naturale e la tenuta socioeconomica delle popolazioni, divenendo perfino un fattore fondamentale da includere nelle riflessioni di natura strategico-militari.

Tornando allo Yemen, il 21 agosto 2024 il gruppo terroristico Ansar Allah ha colpito con alcuni missili e droni esplosivi la nave Sounion, una petroliera battente bandiera greca che transitava al largo della città di Hodeidah. Al momento dell’attacco la nave conteneva circa 150 mila tonnellate di greggio, equivalenti a circa un milione di barili.

Tutto l’equipaggio è stato tratto in salvo da un’imbarcazione militare della missione UE Aspides. Più complicato il discorso sul recupero dello scafo. Il 31 agosto alti esponenti degli Houthi avrebbero dato il proprio assenso all’inizio delle operazioni per la traslazione della nave verso un porto sicuro.

La situazione resta, però, estremamente delicata. L’attuale distanza della nave dalla costa e gli ingenti danni riportati dallo scafo ostacolano le operazioni di recupero della petroliera, con il conseguente rischio che un ulteriore attacco o uno degli incendi scoppiati a bordo possano ingenerare una vasta fuoriuscita di petrolio in mare.

Al momento della stesura dell’articolo sembra che alcune tracce di combustibile rilevate nelle acque antistanti il Sounion siano attribuibili al carburante della nave fuoriuscito dal motore e non al petrolio da essa trasportato.

Laddove però non si riuscisse a evitare il peggio, le conseguenze sarebbero devastanti per l’intera regione. La contaminazione delle acque potrebbe danneggiare in modo irreparabile l’ecosistema marino, andando a inficiare la salubrità e la quantità delle risorse alimentari ittiche del Mar Rosso. Nelle are più povere del mondo, come sono la Somalia e lo stesso Yemen, la pesca rappresenta una risorsa fondamentale per combattere la fame e la malnutrizione. Un discorso analogo può essere fatto con gli impianti di desalinizzazione, che risentirebbero in modo grave della ampia presenza di petrolio in mare. Con seri danni alla fauna marina e all’acqua stessa si rischierebbe, dunque, di provocare anche significative conseguenze di natura umanitaria per le popolazioni della regione, innescando quel circolo vizioso che spesso trasforma la carenza di beni essenziali in carestie, violenze e guerre.

Ecco, dunque, come l’insicurezza ambientale può essere foriera di conseguenze nefaste. La nave Sounion non è un caso isolato e con il proseguo delle attività terroristiche degli Houthi è possibile che si possano verificare altre gravi minacce per la sicurezza internazionale, tanto a livello militare e commerciale, quanto dal punto di vista dell’ambiente marino.

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