La svolta di Dacca
II Bangladesh, contrariamente a quanto fatto finora, ha deciso di condannare la guerra in Ucraina come una violazione del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite. Il punto di Guido Bolaffi
Le sorprese vengono da chi e quando meno te le aspetti. È di pochi giorni fa la notizia che il Bangladesh, contrariamente a quanto fatto finora, aveva deciso di condannare la guerra in Ucraina come una violazione del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
Lo scorso 27 aprile, infatti, il Primo Ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, alla fine di una visita di stato di quattro giorni in Giappone, ha sottoscritto con il suo omologo nipponico Fumio Kishida un comunicato nel quale - riferiva Kamran R. Chowdhury di Benar News nell’’articolo Bagladesh shifts position on Ukraine war, says it’s a violation of international law - “The two Prime Ministers affirmed that the war in Ukraine constitutes a violation of international law, in particular of the U.N. Charter, and is a serious threat to the international order based on the rule of law, with ramifications well beyond Europe, including in the Indo-Pacific”.
Parole importanti, secondo l’ex ambasciatore di Dacca a Washington Humayun Kabir, in quanto “We see a careful change of Bangladesh’s position on the Ukraine war”.
Un “svolta” tanto più significativa tenuto conto che nell’Assemblea Generale dell’ONU del febbraio scorso il governo di Dacca su una mozione per il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina aveva scelto l'astensione d’intesa con la maggioranza dei paesi di quello un tempo definito Terzo Mondo. Riscuotendo per questo il vivo, compiaciuto ringraziamento della rappresentanza diplomatica russa nel paese.
E che nel marzo del 2022 “PM Hasina” - come maliziosamente rammentato da alcuni organi di stampa del suo paese - “told Parliament that Russia, as the Soviet Union, had supported Bangladesh when it was fighting for independence in 1971 [...] When the U.S. supported Pakistan in 1971 by sending its Seventh Fleet, it was Russia who stood beside us. Therefore, we must help those who helped us during our dire need”.
Sottoscrivendo il documento di Tokyo il governo del Bangladesh non solo rompe il fronte, fino a ieri compatto, dei paesi cosiddetti astensionisti, ma, al contempo, getta una nuova luce sulla natura e le ragioni del loro “né, né”.
Il loro astensionismo, infatti, non è espressione della colpevole passività di cui parla Alain Frachon sull’editoriale di Le Monde L’Ukraine et la passivité du Sud global. Ma di una difficile, e per molti di essi forse obbligata, strategia politica. Di cui parla su Foreign Affairs Matias Spektor nel suo geniale In Defence of the Fence Sitters: “As countries in the global South refuse to take a side in the war in Ukraine, many in the West are struggling to understand why. Some speculate that these countries have opted for neutrality out of economic interest. Other see ideological alignments with Moscow and Beijing behind their unwillingness to take stand- or even a lack of morals. But the behavior of large developing countries can be explained by something much simpler: the desire to avoid being trampled in a brawl among China, Russia and the United States''.
Tesi per altro autorevolmente confermata dall’ex Ministro degli Esteri inglese David Milliban nel saggio The World Beyond Ukraine: “Outside Europe and North America the defense of Ukraine is not front of mind. Few governments endorse the brazen Russian invasion, yet many remain unpersuaded by the West’s insistence that the struggle for freedom and democracy in Ukraine is also theirs [...] Much of the fence-sitting is not driven by disagreements over the conflict in Ukraine but instead a symptom of a wider syndrome: anger at perceived Western double standard and frustration at stalled reform efforts in the international system”.
Ma le sorprese non finiscono qui. Infatti nel documento emesso a conclusione dei colloqui di Tokyo tra i Premier Hasina e Kishida si dice che: “The two Prime Ministers expressed their commitment to fully observing the 1982 United Nations Convention on Law of the Sea (UNCLOS) and reiterated that any unilateral attempts to change the status quo by force or coercion and increase tensions that could undermine regional stability and the rule-based international order are unacceptable”.
Parole che segnano una novità assoluta per la politica del Bangladesh. Visto che, spiegano su Benar News Imtiaz Ahmed, dell’Università di Dacca, e l’ex ambasciatore Kabir: “The joint statement’s mention of the east and south China seas was also departure for Dhaka [...] Bangladesh usually does not comment on the situation in the east and south China seas. For the first time Bangladesh has taken a position on this issue. This position is actually Japan’s”.