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L’Afghanistan tra terrorismo e insicurezza a oltre due anni dalla caduta di Kabul

Il paese continua a costituire la base di diverse organizzazioni terroristiche, con gravi ripercussioni per la sicurezza dell’area circostante e, in particolare, per il Pakistan

Kachor Valentyna / Shutterstock.com

Le recenti notizie provenienti da Afghanistan e Pakistan confermano la precaria situazione di instabilità securitaria esistente e le tensioni presenti tra i due paesi, in particolare in ragione delle iniziative frequenti di alcuni gruppi terroristici presenti nell’area, che hanno più volte colpito soprattutto in Pakistan, sfruttando spesso l’entroterra afgano come base logistica.

In Afghanistan, a oltre due anni dall’instaurazione dell’emirato islamico da parte dei talebani, il paese assiste infatti al perdurare di una cronica instabilità securitaria, ad una profonda crisi economica, alle violenze settarie del regime. Attualmente il controllo talebano sul territorio dell’Afghanistan sembra reggersi, appunto, sulla ferrea oppressione del dissenso interno e, sotto il profilo economico, sulla riscossione delle tasse, la vendita di alcune risorse naturali ai paesi vicini – in primis petrolio e litio alla Cina – e sui proventi di attività illecite come il contrabbando e il narcotraffico. A tal riguardo, si sta consolidando la produzione di droghe sintetiche, come la metanfetamina, dopo che per anni il paese era stato il principale produttore mondiale di derivati dell’oppio.

Il già precario quadro interno è stato ulteriormente aggravato ad ottobre 2023 da un violento terremoto, che secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha causato diverse migliaia di morti e feriti, anche se il dato preciso rimane incerto data l’inaffidabilità delle fonti locali. L’epicentro del sisma è stato registrato nelle regioni occidentali vicino alla città di Herat, dove era basato il contingente italiano impegnato nelle operazioni internazionali ISAF e Resolute Support – terminate rispettivamente nel 2014 e nel 2021.

Sul piano esterno, dalla caduta di Kabul nell’agosto del 2021 nessun attore internazionale ha riconosciuto de jure il governo dei talebani, dando vita a una condizione di isolamento. Diversi paesi della regione, tuttavia, hanno adottato un approccio pragmatico nelle loro relazioni con l’emirato islamico, volto a diminuire i rischi di spillover terroristico e a mettere in sicurezza risorse, infrastrutture e progetti che passano o riguardano in qualche modo il territorio dell’Afghanistan, come la Belt and Road Initiative o il gasdotto TAPI (Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India),

Il paese continua a costituire, infatti, la base di numerosi gruppi terroristici attivi in buona parte del continente asiatico, come il Movimento dei Talebani del Pakistan (Tehreek-e-Taliban Pakistan – TTP), lo Stato Islamico della provincia del Khorasan (IS-K), Al Qaeda, la sua costola nel Subcontinente indiano AQIS, il Movimento Islamico del Turkestan Orientale (ETIM), Jamaat Ansarullah e altri gruppi minori.

In particolare, la Cina, l’India e i cinque stati dell’Asia centrale – Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan – sono gli attori che hanno cercato di intrattenere contatti con il regime, con un approccio sovente pragmatico, anche in sede internazionale. I vertici della diplomazia cinese hanno, ad esempio, incontrato più volte il ministro degli Esteri dell’emirato islamico, Amir Khan Muttaqi. Pechino nel settembre del 2023 ha nominato il proprio ambasciatore sotto il governo dei talebani, mentre il 30 gennaio 2024 ha formalmente accettato le credenziali dell’inviato del nuovo regime, diventando il primo paese a compiere un tale passo dal 2021. Rispetto all’India è notizia di qualche giorno fa che una delegazione di Nuova Delhi abbia incontrato Muttaqi e altri alti funzionari talebani per discutere di questioni di interesse bilaterale che spaziano dal commercio alla possibile riapertura dell’ambasciata nella capitale indiana.

Tra i cinque dell’Asia centrale, il Kazakistan il 29 dicembre 2023 ha rimosso i talebani dalla sua lista delle organizzazioni terroristiche, dopo che ad agosto era stato organizzato un business forum ad Astana per rafforzare i legami economico-commerciali tra i due paesi. A partire da marzo 2023, alcuni funzionari dell’Uzbekistan si sono, invece, recati in Afghanistan per discutere del canale Qosh Tepa in costruzione sul fiume Amu Darya. Si tratta di un’opera infrastrutturale voluta dal regime talebano per finalità agricole che, deviando l’acqua del principale fiume dell’Asia centrale, rischia di aggravare ulteriormente la precaria situazione idrica della regione.

Il paese che, invece, ha registrato il più grave inasprimento delle relazioni con l’emirato islamico è stato il Pakistan. Nonostante la presenza nelle regioni occidentali di una importante componente pashtun e il ruolo ricoperto da Islamabad sia nella guerra di liberazione contro i Sovietici che negli anni successivi, negli ultimi mesi le relazioni bilaterali si sono irrigidite a causa dei frequenti attentati terroristici che hanno colpito il paese. Molti di questi attacchi sono stati rivendicati dall’organizzazione terroristica TTP, attiva anche in Afghanistan e accusata di essere collegata con il regime dei talebani, benché formalmente indipendente da esso. Per cercare di ovviare a tale criticità in ottobre 2023 era stata disposta l’espulsione di oltre 1 milione di afghani presenti in territorio pakistano. Una mossa, questa, che tuttavia non ha fatto altro che aumentare le tensioni ed esacerbare ulteriormente i rapporti con Kabul.

A conferma di ciò, l’ultimo attentato in linea temporale – quello avvenuto il 16 marzo nel distretto del Waziristan settentrionale, dove sono rimasti uccisi 7 militari – ha portato Islamabad a condurre degli attacchi aerei sul suolo afghano per colpire i responsabili.

L’Afghanistan, a oltre due anni dal ritorno al potere dei talebani, si conferma dunque un incubatore di insicurezza. Pur isolato internazionalmente (de jure), la presenza attiva nel paese di gruppi terroristici rimane uno degli elementi critici più rilevanti dell’intero continente asiatico, con particolari ricadute per i paesi circostanti. L’evoluzione dei rapporti e delle tensioni con il Pakistan rimane indubbiamente uno degli elementi più rilevanti e di maggiore attenzione, anche per i risvolti che potrebbero subire.

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