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L’Algeria e la transizione energetica

L’Algeria sta accelerando il suo percorso di diversificazione del settore energetico. La sfida è duplice: soddisfare il fabbisogno interno e sfruttare la transizione come strumento d’influenza regionale.

Il settore energetico in Algeria riveste un ruolo essenziale nella politica, nell'economia e nella società: da esso dipendono le entrate fiscali, le prospettive di diversificazione economica, le possibilità di riforma del sistema politico e le opportunità di rinnovamento. Il settore degli idrocarburi rappresenta, ancora oggi, la spina dorsale dell'economia. Infatti, costituisce il 30% del PIL, il 60% delle entrate fiscali e il 93% delle esportazioni. Il settore energetico sconta oggi problemi cronici che si sono sviluppati negli ultimi decenni, come la progressiva riduzione di produzione di petrolio e gas naturale, i continui cambiamenti ai vertici della Sonatrach, compagnia petrolifera statale o, ancora, le difficoltà riscontrate nell'identificazione di partner per gli investimenti, alle quali si accompagnano anche il deficit infrastrutturale e i problemi relativi alla lentezza burocratica. A questi, poi, si aggiunge una domanda interna di energia (che comprende elettricità, gas e petrolio) che cresce ogni anno in media dal 5 al 7%, riducendo, così, le quantità che possono essere esportate.

In questo contesto di dipendenza e crescita di consumi, s’inserisce la necessità e l’urgenza per l’Algeria di diversificare il proprio mix energetico, puntando ad integrare alla sua produzione primaria le energie rinnovabili.

Nel 2011 l’Algeria ha lanciato il primo Programma di Sviluppo delle Energie Rinnovabili e dell'Efficienza Energetica (PENREE), modificato nel 2015 dopo l’impegno preso in occasione degli accordi di Parigi sul clima, con l’ambizione di raggiungere nel 2030 un tasso del 27% di generazione di energia rinnovabile nel suo mix energetico.

Nonostante i piani nazionali e gli impegni internazionali, a causa della mancanza di finanziamenti, di competenze tecniche locali e di coordinamento tra i diversi settori, Algeri ha continuato a non ottenere risultati concreti arrivando a scontare un ritardo importante rispetto i paesi vicini.

L’elezione nel dicembre del 2019 di Abdelmadjid Tebboune alla Presidenza della Repubblica, però, ha segnato un nuovo punto di inizio. Consapevole della necessità di destinare il più possibile della produzione delle energie primarie al mercato internazionale, aumentando le entrate, e alleggerendo la dipendenza nazionale da queste, Tebboune ha spinto affinché l’Algeria adottasse una nuova agenda. Così, nel 2020 è stato lanciato il Programma Nazionale della Transizione Energetica che individua nella sicurezza alimentare, nella transizione energetica e nell’economia digitale le basi del rinnovamento economico del paese. Il nuovo piano consiste in tre componenti strutturali: un nuovo ministero del governo, una riforma normativa e una società nazionale per le energie rinnovabili. Nel giugno del 2020 è nato, dunque, il Ministero della transizione energetica e delle energie rinnovabili (METRE), nel gennaio 2021 è stata modificata la legge sull’elettricità, che ha aperto il mercato alle piccole e medie imprese, e ha visto la luce una società nazionale per le energie rinnovabili, la SHAEMS, sotto autorità del METRE. L’obiettivo è quello di raggiungere almeno il 30% di generazione di energie da fonti rinnovabili entro il 2030 e generare 25 gigawatt di potenza d’idrogeno verde e blu entro il 2050.

L’ambizione di Tebboune è quella di rilanciare il ruolo del paese come “connettore” economico e logistico fra l’area mediterranea e la regione del Sahel. Infatti, la transizione energetica non è solo funzionale per gli interessi nazionali ma è diventata, specialmente nell’ultimo anno, un nuovo strumento d’influenza regionale, riflettendosi, in particolar modo, nella competizione con il Marocco.

Al complesso solare Noor, a Quarzazate, infrastruttura simbolo della transizione energetica marocchina, l’Algeria ha risposto, a fine dicembre 2021, con il lancio dell’offerta d’investimento per il progetto Solar 1000, il quale prevede la creazione di una centrale fotovoltaica con la capacità di 1000 MW. Il lancio, in più, è accompagnato da un nuovo approccio algerino agli investimenti. Infatti, per i progetti inerenti alle energie rinnovabili è stata abolita le regola 51/49, la quale limitava la partecipazione straniera al 49% del capitale di una società algerina, con lo scopo di attrarre nuovi investimenti, soprattutto internazionali. Il progetto riflette la nuova agenda, la quale punta a sfruttare l’enorme potenziale solare algerino a fronte del fatto che ancora, ad oggi, solo lo 0,1% del consumo finale di energia proviene da fonti rinnovabili e la produzione elettrica dipende al 64% dal gas e al 34% dal petrolio.

Altro terreno di confronto tra i due paesi nordafricani in materia di fonti rinnovabili è l’idrogeno. Il deserto nordafricano del Sahara è stato infatti identificato dall’Unione Europea come una delle principali fonti di energia per rispondere alla crisi climatica, proprio attraverso la produzione d’idrogeno. Per quanto riguarda questa sfida, per ora, sembrerebbe che il Marocco sia in testa, avendo già siglato numerosi accordi di partnership, ma l'Algeria non ha intenzione di rimanere in coda. A febbraio il Presidente Tebboune ha infatti dichiarato che, grazie ai numerosi asset e alle consistenti infrastrutture nazionali ed internazionali di cui è già dotata l’Algeria, “oggi siamo capaci di aderire, nella veste di attore chiave, al progetto mondiale e regionale dell’idrogeno verde”.

Le dichiarazioni presidenziali arrivano dopo che già a dicembre, in occasione di un nuovo accordo tra Eni e Sonatrach per l’esplorazione e la produzione di petrolio nella zona del bacino di Berkine, le due società avevano siglato un protocollo strategico volto alla valutazione di opportunità congiunte nei campi delle rinnovabili, dell’idrogeno e di molteplici iniziative in linea con i rispettivi obiettivi di decarbonizzazione.

Non bisogna però dimenticare la natura di rentier state dell'Algeria. Infatti, nella legge finanziaria del 2022 sono stati stanziati circa 40 miliardi di dollari per lo sviluppo del settore degli idrocarburi con l’obiettivo di accrescere la propria produzione e potenza regionale.

L’impegno nella transizione energetica si può leggere quindi come il tentativo di rafforzare il ruolo pivot del settore energetico per il paese. La diversificazione del settore risponde, dunque, a tre necessità principali: riuscire a coprire i bisogni energetici del paese, nel medio e lungo termine; attuare una strategia per il rilancio dell’economia, poiché sarà possibile immettere nel mercato più petrolio e gas, in precedenza utilizzati per soddisfare la richiesta nazionale, oltre a vendere i nuovi prodotti energetici; confermare e rafforzare il proprio ruolo di partner affidabile per le potenze occidentali e regionali.

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