L’Algeria, tra Occidente e Russia
Il ruolo algerino nel Nord Africa, l’attivismo internazionale e le relazioni con Russia e Cina. Il punto di vista di Alessandro Giuli
In Occidente si moltiplicano i segnali di preoccupazione per il doppio volto dell’Algeria guidata da Abdelmajid Tebboune: pilastro della diversificazione nell’approvvigionamento energetico dell’Europa alle prese con le conseguenze della guerra russo-ucraina (Algeri è attualmente il primo fornitore italiano di gas via Transmed, grazie agli accordi siglati dal premier uscente Mario Draghi nell’aprile scorso) e al tempo stesso potenza nordafricana in fase di stabile radicamento nella sfera d’influenza sino-russa. Va ricordato in via preliminare che la tradizionale sovranità diplomatica algerina rispetto alla storica alleanza con Mosca ha fatto sì che la società nazionale Sonatrach s’impegnasse nell’invio di 9 miliardi di m3 entro il 2024 verso l’Italia, cui si sono aggiunti 4 miliardi extra, e che contestualmente sottoscrivesse un memorandum con Gazprom per la partecipazione russa nell’estrazione di un nuovo giacimento a partire dal 2025.
E così, mentre Algeri è intenta a onorare un partenariato bilaterale con Roma anche in materia di sicurezza, ricerca scientifica e collaborazione farmaceutica, piani infrastrutturali ed estrattivi, nei giorni scorsi il ministro cinese degli Affari esteri Wang Yi salutava assieme all’omologo Ramtane Lamamra l’adesione algerina alla famiglia dei Brics (accanto alla Cina, presidente annuale dell’organismo internazionale; e insieme a Brasile, Russia e Sudafrica) come il traguardo di un “grande Paese in via di sviluppo rappresentante le economie emergenti”. A margine della settantasettesima sessione dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, Pechino ha sostenuto l’iniziativa di Tebboune, rafforzata dal suo ruolo di presidente di turno della Lega araba, inquadrata nel “ruolo costruttivo di realizzazione d’una pace mondiale e di un progressivo sviluppo”.
Fra gli Stati formalmente non allineati rispetto alla dialettica fra i grandi poli globali, l’Algeria mostra una progressiva autonomia nei confronti delle aspettative occidentali di neutralità. Il robusto trasferimento di tecnologia (anche militare) da parte della Cina si sta concretizzando anche nel sostegno promesso dalla China Civil Engineering Corporation (CCECC) per la costruzione del progetto ferroviario nel sud desertico del Paese. Ma è soprattutto sul fronte russo che la permeabilità algerina comincia ad allarmare alcuni settori dell’establishment statunitense. Guidati dal senatore repubblicano Marco Rubio, ventisette membri del Congresso americano hanno indirizzato una lettera al Segretario di Stato Anthony Blinken per esprimere la loro inquietudine circa l’intensificazione delle relazioni tra Algeria e Russia, in modo particolare nel settore degli armamenti. Una volta rimarcata la dipendenza militare algerina da Mosca (Algeri è il terzo importatore d’armi al mondo), nel documento in questione viene segnalato il contratto da 7 miliardi di dollari siglato tra le parti nel 2021 e che comprende l’acquisto di alcuni aerei da caccia Sukhoi 57 finora negati dalla Russia ad altri partner. I deputati sottolineano che una legge specifica del 2017, la Countering America’s adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), consente al presidente di “imporre sanzioni contro chiunque s’impegni attivamente in una transazione importante con rappresentanti riconducibili ai settori del governo della Federazione russa”. Conclusione: il Dipartimento di Stato deve prendere atto che una linea rossa è stata valicata e che la Russia sta beneficiando del sostegno economico algerino per finanziare la propria guerra in Ucraina, ciò che richiede un intervento sanzionatorio immediato nei confronti dei membri del governo algerino tale da valere come monito chiaro al resto del mondo.
Ma c’è dell’altro. Sotto i discreti riflettori degli analisti è finita anche la Commissione intergovernativa russo-algerina riunitasi mercoledì 28 settembre ad Algeri. Al centro dei colloqui: dossier economici e commerciali, energetici e tecno-scientifici affrontati con “l’auspicio di rafforzare lo sviluppo delle relazioni bilaterali e un partenariato strategico” dal valore di circa 3 miliardi di dollari. Segnale chiaro, anche questo, che il primato geostrategico algerino in Nord Africa è destinato a rimanere un capitolo aperto nella strategia dell’attenzione occidentale.