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Le forze armate israeliane, la guerra a Gaza e gli haredim

La carenza di personale militare ha riacceso il dibattito sociale e politico sull’esenzione dalla leva degli haredim, i cittadini ultraortodossi di Israele

C’era una volta l’Haganah. Il suo compito era difendere l’yishuv, la comunità ebraica in Palestina prima della nascita dello stato dai sempre più frequenti attacchi della popolazione araba locale, che non vedeva di buon occhio la crescente presenza di ebrei sul proprio territorio. C’erano anche altre organizzazioni militari pronte a proteggere quella comunità, ma anche a colpire i britannici, il cui Mandato in Palestina iniziava a non essere gradito alle migliaia di ebrei che vi risiedevano ed il cui scopo era creare un “focolare ebraico” stabile. Nel 1948, alla nascita dello stato d’Israele, l’Haganah, insieme ad alcune di quelle organizzazioni, è diventato Tzahal (Tzva haHagan LeYsrael), le forze di difesa israeliane (IDF), rimanendo, comunque, un modello ideale di difesa nell’immaginario nazionale israeliano.

L’IDF è costituito da militari di leva (circa 169.500) e da un vasto corpo di riservisti (465.000), che costituiscono la maggioranza del personale. Questi ultimi, che hanno già completato il servizio obbligatorio, sono un pilastro fondamentale nella struttura di difesa del paese, pronti a essere mobilitati in caso di necessità. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, Israele ha richiamato 287 mila riservisti, il numero più alto nella storia del paese. Tutti loro hanno abbandonato le attività personali e professionali per servire. Molti si trovavano all’estero. La Legge del Servizio di Difesa del 1986, infatti, prevede che tutti i cittadini israeliani, compresi quelli residenti in altri paesi o con doppia cittadinanza, siano soggetti al servizio di leva obbligatorio e che, dopo aver servito, prendano parte regolarmente alle esercitazioni e ai programmi di addestramento per mantenere la loro prontezza operativa. Il servizio di leva obbligatorio, noto come Sherut Leumi, ha inizio al compimento del 18° anno di età e può essere considerato un vero e proprio rito di passaggio, che rafforza il sentimento di appartenenza alla nazione e alla comunità in senso più ampio. Gli uomini sono tenuti a servire per 32 mesi e le donne per 24. Dopo il completamento del servizio obbligatorio, gli individui entrano nel sistema di riserva, incluso un significativo numero di donne. “Gli obiettivi dell'IDF legati alla sicurezza sono di difendere l'esistenza, l'integrità territoriale e la sovranità dello Stato d'Israele; di scoraggiare tutti i nemici e frenare tutte le forme di terrorismo che minacciano la vita quotidiana”. Tzahal, tuttavia, è qualcosa in più di un normale esercito: è “l’esercito del popolo”. I cittadini, infatti, non assicurano la sicurezza del paese soltanto durante il periodo della leva, né fanno i militari di professione. In un certo senso, ogni cittadino, parte del popolo, diventando riservista, è un militare di professione, sempre pronto a difendere la patria.

L’attuale situazione ha posto alcuni problemi a Tzahal, che ha anche reso noto di avere bisogno immediato di altri 7mila militari, dal momento che i fronti aperti sono, in effetti, quattro: Gaza, il confine con il Libano, dove Hezbollah conduce attacchi continui in solidarietà con Hamas, la Cisgiordania, dove i raid contro obiettivi specifici non si sono mai fermati, lo Yemen, dopo l’attacco sferrato dagli Houthi contro Tel Aviv, in cui ha perso la vita una persona e altre sei sono rimaste ferite. Intanto, il periodo di servizio dei riservisti è stato prolungato oltre termini mai visti nella storia di Israele e la loro età di esenzione sarà aumentata, seppure temporaneamente, di un anno. Inoltre, il governo ha annunciato che, entro agosto, il tetto massimo del numero di riservisti che può essere richiamato in servizio salirà da 300mila a 350mila e che il periodo di leva verrà prolungato di quattro mesi, da trentadue a trentasei.

La carenza di personale militare ha riacceso il dibattito sociale e politico, che dura da decenni, sull’esenzione dalla leva degli haredim, i cittadini ultraortodossi di Israele. La questione data alla fondazione dello stato, quando Ben Gurion concesse a 400 dei loro giovani, scampati alla Shoah, di non prestare servizio militare e di continuare a dedicarsi allo studio della Torah e del Talmud, considerato dalla comunità ultraortodossa utile alla sicurezza di Israele tanto quanto la leva e la riserva. L’esenzione, approvata con varie modifiche, da tutti gli esecutivi del paese, è sempre stata considerata discriminatoria da parte del resto della cittadinanza che deve fare, invece, il servizio militare, e il problema si è acuito a causa dell’attuale guerra. Inoltre, se nel 1948 Tzahal poteva permettersi di rinunciare a 400 giovani haredim, oggi la situazione è molto diversa, anche perché la comunità ultraortodossa è cresciuta in modo esponenziale. Il suo tasso di crescita, con il 4% di incremento annuo, è il più alto di ogni altra fascia demografica dei paesi sviluppati. Il tasso di fertilità è di 6,4 figli per donna rispetto al 2,5% del resto della popolazione. L’alta fertilità, la giovane età media al momento del matrimonio e gli standard di vita in miglioramento contribuiscono a spiegare tale situazione. Secondo i dati rilasciati nel 2023 dall’Israel Democracy Institute, gli Haredim costituiscono il 14% della popolazione, con circa 1,3 milioni di persone; quasi il doppio rispetto al 2009, quando erano 750.000. Inoltre, secondo le stime del National Economic Council israeliano, entro il 2050 gli ebrei ultraortodossi saranno un terzo della popolazione.

Se fino ad ora, gli haredim non hanno condiviso con i concittadini il peso della protezione di Israele, ma sembra che le cose siano in procinto di cambiare. Il 10 marzo scorso, la Procuratrice generale israeliana, Gali Baharav-Miara, ha comunicato ai ministeri della Difesa e dell'Istruzione che "il processo di arruolamento dei membri della comunità ultraortodossa nell'esercito deve iniziare" e di nuovo, il 25 giugno, la Corte Suprema ha deciso che il governo “deve applicare la legge sul servizio militare anche agli studenti delle yeshiva”, le scuole talmudiche. L’IDF, inoltre, ha già dichiarato che sarebbe in grado di arruolare 3000 haredim, sui 63 mila che hanno raggiunto l’età di leva. Il 21 luglio sono state inviate le cartoline per la chiamata alla leva ai primi mille ultraortodossi, come ordinato dal ministro della Difesa Gallant.

I partiti haredim e i capi spirituali delle comunità hanno vivacemente protestato, arrivando a minacciare di lasciare il paese e non è d’accordo neanche il governo Netanyahu che, da marzo ad oggi, ha già tentato due volte di rinnovare le norme che sino ad ora hanno regolato l’esenzione. Non è ancora del tutto chiaro come andranno le cose, contando anche che le forze armate non sono del tutto pronte ad accogliere un così alto numero di giovani la cui vita è regolata da norme religiose rigidissime. Comunque, fa notare una fonte, se gli haredim non saranno arruolati la presenza al fronte dei chiamati alle armi durerà sempre più a lungo e i riservisti si troveranno quasi in servizio permanente “fino a che non crolleranno sotto il suo peso”. Ma l’arruolamento degli ultraortodossi servirà, soprattutto, a ristabilire l’eguaglianza tra cittadini e a far sì che Tzahal sia, davvero, “l’esercito del popolo”.

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