Libia, come sta evolvendo la situazione nel paese
La situazione in Libia resta carica di incognite e tensioni. È necessario ricostruire un quadro di stabilità nel paese, utile anche al resto della regione. Il punto di vista di Daniele Ruvinetti
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La visita del presidente del parlamento libico (House of Representatives, HoR), Agila Saleh in Qatar ha avuto un'interessante coincidenza: nello stesso giorno, sempre a Doha, sebbene in altre “stanze”, era presente il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi.
La visita del capo di Stato egiziano aveva come scopo – oltre l'assistenza sul piano economico al proprio Paese e questioni che riguardano il settore energetico – anche un confronto sul dossier libico, che sta rischiosamente procedendo verso una deriva dalle conseguenze non controllabili. La presenza in Qatar di al Sisi sembrerebbe dimostrare anche che la riconciliazione promossa da Doha, che ha riaperto i contatti all'interno del mondo del Golfo, potrebbe procedere in modo positivo. Ed è un elemento da leggere con ottimismo anche nell'ottica del quadro libico.
Le divisioni che hanno contraddistinto i due fronti presenti in Libia, Cirenaica e Tripolitania, sono state infatti legate anche alle diatribe aperte nella regione, tra paesi contrapposti, che si sono posizionati sui due lati dello scontro. Ora è in corso una fase di acquietamento, una distensione tattica tra gli attori che dall'esterno hanno influenzato le divisioni, ed è per questo che diventa necessario per i player libici non perdere l'occasione di portare al Paese una nuova e duratura stabilità. Evitando anche il rischio che quelle stesse divisioni interne libiche possano finire per gravare sui delicati equilibri regionali.
Stante il quadro attuale, lo stallo libico assume un valore superiore per la stabilità generale del Mediterraneo allargato. Eppure, all'orizzonte restano alcune nubi e non mancano le tensioni. Il premier designato dall'HoR, Fathi Bashagha, ha provato nuovamente a insediarsi nella capitale, ma è stato bloccato da unità che sono attualmente fedeli allo sfiduciato Abdul Hamid Dbeibeh.
Il tentativo di blitz tripolino ha portato Bashagha a perdere due milizie locali, la Brigata Nawasi di Mustafa Gaddour e la Brigata Rivoluzionari guidata da Hajtem Tajouri, che hanno dovuto lasciare le postazioni storiche all'interno della capitale, occupate adesso dalla Rada Force. E anche Osama Jueli – altro comandante miliziano che sostiene Bashagha – si è visto respingere, addirittura attraverso i droni forniti dalla Turchia al precedente governo onusiano, quando doveva difendersi dall'avanzata delle forze dell'Est.
Gli scontri sono rappresentativi dello stato caotico che vive la Libia, dove il ruolo delle milizie sta crescendo ulteriormente di peso a Tripoli, mentre altrove in Tripolitania il livello di scontro che si sta producendo non viene assolutamente supportato – principalmente a Misurata, città-stato centro-orientale da cui passano i destini politici e militari della Libia, dove la possibilità di una nuova fase di conflitto interno è del tutto detestata. Infatti, il substrato politico misuratino è quello che fa da terreno fertile per la possibilità di attecchimento di un'ipotesi alternativa allo stallo attuale, come anche allo scontro verso cui questo stallo sta portando. Si discute da tempo sull'opportunità di creare un nuovo governo, togliendo fiducia a Dbeibeh e ambizioni a Bashagha, e creando i presupposti per rinnovare il percorso verso la stabilità (che dovrebbe portare poi alle elezioni).
Su questo rinvigorimento del percorso elettorale ci sono varie forme e livelli di consenso, che passano anche dall'esterno. E tra l'altro se n'è parlato nell'incontro di al Sisi in Qatar. Doha pare abbia aperto a questo piano, sebbene Il Cairo sia per ora su una posizione tattica in cui non vuole avanzare eccessive aperture prima di ricevere sufficienti garanzie. Un'opzione ulteriore sui tavoli dei colloqui informali che riguardano la Libia è quella di un rimodellamento – attraverso un profondo rimpasto – del governo di Dbeibeh, dove all'interno vengano inserite figure di garanzia, equilibrio e consenso generale.
Lo sforzo della Comunità internazionale tende a evitare che la situazione precipiti in modo incontrollato, visto che non mancano i presupposti. Le divisioni politiche interne stanno alienando le richieste e le necessità dei cittadini, complicando la tenuta sociale e mettendo a rischio equilibri complessi nella regione.