Libia, quali prospettive con il rinvio delle elezioni?
Quali prospettive può aprire in Libia il rinvio delle elezioni? L’analisi di Daniele Ruvinetti
Non ci saranno elezioni in Libia, almeno per adesso. Il rinvio è stato ufficializzato nei giorni scorsi, ma la decisione era attesa da tempo. Era ormai chiaro da settimane, infatti, (qualcuno più critico potrebbe anche dire da mesi) che il percorso elettorale sarebbe potuto saltare. E con esso potrebbe saltare anche la possibilità di implementare il processo di stabilizzazione che l'Onu, con Paesi come Italia e Francia- tra i più attivi, aveva lanciato sin dal cessate il fuoco dell'autunno 2020. Un percorso proseguito con la costituzione del Foro di dialogo politico libico da cui era uscito il Governo di unità nazionale (Gnu) e, poi, la decisione del voto.
Analizzare le ragioni per cui si è prodotto lo stallo è un esercizio utile per ragionamenti sul futuro del Paese, anche se ciò che ha portato al rinvio delle votazioni presidenziali e parlamentari non è niente di nuovo. Semplicemente, le divisioni che storicamente hanno spaccato la Libia tra Ovest, Est e Sud, e quelle all'interno delle tre macro-regioni, sono riaffiorate con vigore nelle settimane che precedevano la data del voto – fissata dall'Onu per il 24 dicembre – perché il percorso democratico avrebbe potuto comportare un calo di influenza per alcuni attori.
Attori che sia direttamente dall’interno, sia attraverso il prolungamento sulla Libia di interessi esterni, vogliono il mantenimento dello status quo per preservare interessi e presa sul territorio. A questo, sia sul quadro tecnico (interno) che su quello politico internazionale, va aggiunto che la candidatura di Saif al Islam Gheddafi ha inceppato il processo, perché è una figura che ha riportato in circolazione umori (favorevoli o negativi) legati al regime, in un momento molto sensibile – e a dieci anni dalla rivoluzione.
Il percorso attuale è complesso. L'idea di fissare la data del 24 gennaio come prossima per il voto manda un messaggio di un rinvio semplicemente tecnico. Ma in realtà senza una spinta forte dell'Onu e dell'intera Comunità internazionale potrebbe essere oggettivamente difficile rispettare anche questa nuova scadenza. È chiaro che coloro che hanno fatto saltare il voto a dicembre potrebbero essere gli stessi a un mese di distanza: che garanzie vi sono che le milizie tripoline che hanno mostrato le armi nei giorni scorsi, e dato, di fatto, il colpo finale alle elezioni, non tornino a fare lo stesso a gennaio?
Sforzi e attività sono in campo. Da quelli dell'inviata speciale Onu Stephanie Williams, che sta incontrando tutte le anime del Paese per ricomporre un ordine, ai contatti che diplomazie come quella italiana stanno tenendo con le varie anime libiche ed extra-libiche. Anime che si incontrano a loro volta, come dimostra l'iniziativa di Ahmed Matieeg e Fathi Bashaga, politici misuratini e tra i principali player della Tripolitania, che di recente hanno dialogato con il leader di Bengasi Khalifa Haftar, superando le divisioni che hanno portato all'ultima guerra. Iniziativa che oscura per certi versi il ruolo del premier Abdelhamid Dabaiba (candidato alla presidenza) e anche quello di Saif Gheddafi, preceduta da un vertice tra i due misuratini e Agila Saleh (presidente del Parlamento) che si è tenuto al Cairo.
Al momento prevedere scenari futuri è comunque molto complicato, visti i continui cambiamenti del quadro, giorno dopo giorno. Ciò che può essere prevedibile, però, è la possibilità che se per il 24 gennaio non si riuscirà a recuperare ciò che sembra al momento collassato, emerga il rischio di una ulteriore destabilizzazione politica. Una condizione che renderebbe tutto ancora più complesso.
Va detto che al momento pare difficile che possano riprendere nuovi scontri tra Est e Ovest, anche perché attori esterni come Russia, Emirati Arabi Uniti e Turchia, potenze che hanno molta presa sul contesto libico e sui suoi protagonisti, hanno accettato la via del negoziato, e sono loro stessi a fare da garanti di una stabilità generale tra Cirenaica e Tripolitania. Ma questo non esclude la possibilità del ritorno a scontri minori tra milizie (soprattutto tra quelle che ambiscono al controllo della capitale e del suo hinterland). Condizione che non è di certo ottimale per un percorso democratico.
Se il rinvio delle elezioni verrà protratto troppo in là, potrebbe crearsi un vacuum istituzionale e amministrativo, visto che dal 24 dicembre in poi ci sarà anche un altro tema da affrontare: la Libia è di fatto senza governo perché stante gli accordi del Foro da cui è maturato l'incarico a Dabaiba, dal giorno fissato per le elezioni in poi, l'esecutivo Gnu resta in carica soltanto per svolgere il compito degli affari correnti. Questo vuoto di potere potrebbe fornire un ulteriore spazio al l'espandersi di condizioni destabilizzanti, e a pagarne il conto, alla fine, sarebbero i cittadini libici.