L’importanza del Mediterraneo orientale per l’Europa
La crisi ucraina ha progressivamente posto l’area del Mediterraneo al centro degli interessi europei, in particolare per gli aspetti di natura energetica. In questo quadro, quali potrebbero essere le prospettive del progetto EastMed?
L’aggressione russa dell’Ucraina ha costretto l’Europa a rivedere le proprie politiche energetiche e a riconsiderare le tempistiche della transizione verde. La principale risposta offerta dall’Unione Europea è stata il piano REPowerEU, volto a ridurre drasticamente l’interdipendenza con la Russia grazie a tre direttrici: accelerazione della transizione verde; risparmio energetico; diversificazione delle forniture ricorrendo “a partner affidabili”. La strategia apre a nuove possibilità per il vicinato europeo, a partire da quello meridionale. Dopo anni di titubanza, l’UE ha ripreso rapidamente interesse per il Mediterraneo.
Uno dei casi più interessanti di rimescolamento degli scenari riguarda il futuro dell’estrazione di gas nel Mediterraneo Orientale. L’area è particolarmente ricca di giacimenti ancora intatti, divisi tra Paesi membri (Grecia, Cipro) o vicini all’Unione (Egitto, Libano, Israele), e tutti desiderosi di diventare attori principali nella questione energetica europea. Nel periodo 2009-2011, con le prime scoperte rilevanti, si inizia a discutere di un nuovo gasdotto, detto “Eastern Mediterranean Pipeline” (in breve “EastMed”), per collegare i giacimenti dell’area del Mediterraneo orientale al continente europeo. Raggiunta la Grecia, il corridoio terminerebbe a Otranto (c.d. gasdotto “Poseidon”, non lontano dal già esistente TAP), rendendo l’Italia cruciale per la sicurezza energetica UE. Nel 2013, l’Unione dichiara il gasdotto un “progetto di interesse comune”, ossia un’infrastruttura prioritaria e meritevole di finanziamenti pubblici UE. Si stima un costo di 6 miliardi per il tratto EastMed: 1900 km per 10 miliardi di metri cubi di gas l’anno, espandibili a 20; cui aggiungere altri 200 km circa per il tratto Poseidon. Della realizzazione di entrambi si occuperebbe una joint venture composta da DEPA (comprata nel 2022 da ItalGas) e da Edison.
L’idea è semplice e accattivante per i Paesi coinvolti, ma per gli altri non c’è fretta. Siamo nel decennio scorso: la Russia garantisce gas a buon mercato; la rete di gasdotti nel Continente è già esistente e articolata (e ammortizzata nei costi); si lavora addirittura per approfondirla con nuove infrastrutture, come il Nord Stream 2. D’altro canto, il Mediterraneo orientale è molto più instabile: il conflitto arabo-israeliano, la contesa greco-turca nell’Egeo, la questione cipriota e i risultati delle primavere arabe offuscano il futuro della regione.
Nel frattempo, in Italia cambiano cinque governi. Nel 2017, l’allora Primo ministro Gentiloni ribadisce la partecipazione italiana (le prime autorizzazioni risalgono al 2011). A gennaio 2019, sette ministri dell’energia – Italia compresa – si incontrano informalmente al Cairo per costituire l’East Mediterranean Gas Forum (EMGF), e creare un mercato regionale del gas. Nell’aprile 2019, il Presidente del Consiglio Conte segnala che l’Italia non ha interesse nella costruzione di Poseidon: al più si potrebbe pensare di collegare l’EastMed al TAP. Fortemente contraria la Turchia: esclusa dal progetto per le tensioni con Grecia e Cipro, sottolinea che l’EastMed attraverserebbe la piattaforma continentale turca. Le due alleate, dal canto loro, contestano tali rivendicazioni.
Il 2 gennaio 2020, Grecia, Cipro e Israele firmano l’accordo per costruire il tratto EastMed, confermando la JV di DEPA ed Edison; l’Italia non partecipa, ma il premier greco Mitsotakis dice di “aspettarsi che si unirà allo sforzo in futuro”. Nello stesso mese lo statuto dell’EMGF è approvato formalmente: l’Italia è uno dei sette Membri fondatori; l’UE è osservatore permanente. La situazione, in altre parole, resta incerta: il contrasto tra Cipro e Turchia getta ombre sulla fattibilità del gasdotto. A cui si aggiunge la contesa tra Israele e Libano per la delimitazione del confine marittimo (e del gas che c’è sotto). Il presidente egiziano al-Sisi suggerisce un percorso alternativo: partire dall’Egitto e aggirare Cipro; la Commissione Europea ammette che non sa ancora se sia preferibile piuttosto liquefare il gas negli impianti egiziani e trasportarlo via nave. La pietra tombale sembrava essere stata messa dagli USA: a gennaio 2022 dichiarano l’EastMed eccessivamente costoso e non in linea con la transizione energetica; meglio puntare a collegamenti elettrici tra Europa e Africa.
Se non che, l’invasione russa spariglia le carte. Gli USA rivalutano il progetto in chiave di diversificazione energetica europea. Già in tempi non sospetti, nel 2021, l’Italia ha prorogato le proprie autorizzazioni: il termine per l’avvio dei lavori è posticipato al 2023; quello di realizzazione al 2025. Obiettivo ufficiale: raggiungere i target di decarbonizzazione anche attraverso il gas. Nell’aprile 2022, a invasione in corso, il Governo dichiara che il progetto presenta sfide ingegneristiche, economiche e politiche, ma è in linea con la strategia energetica italiana, che punta a rendere il nostro Paese “vero hub europeo dell’energia”.
Nel frattempo, anche in Europa qualcosa si muove. Nella dichiarazione di Versailles di marzo 2022, i leader UE specificano che “bisogna migliorare la connettività con il nostro immediato vicinato”. Il mese dopo, la Commissione europea e l’Alto Rappresentante Borrell rispondono a delle interrogazioni dell’eurodeputata Kaili: l’EastMed è tuttora nella lista dei Progetti di interesse comune, ma non sono stati completati ancora tutti gli studi di valutazione. Il Parlamento europeo, nella sua raccomandazione del settembre 2022 sulla c.d. “Nuova agenda per il Mediterraneo”, adotta invece una posizione più decisa: la regione sarà fondamentale per la transizione verde e per la sicurezza energetica UE; l’EastMed Gas Forum ha un “ruolo positivo” nella cooperazione regionale. E soprattutto bisogna lavorare con urgenza a una nuova rete nel Mediterraneo, sia per il gas che “per altri tipi di energia”, in particolare con “gasdotti, infrastrutture portuali e altre infrastrutture e tecnologie che siano pronti per l'idrogeno verde”.
Quest’ultimo snodo è cruciale. Il principale avversario dell’EastMed è il tempo: quattro anni circa per la realizzazione (il Governo Draghi puntava al 2027). Quindi non utile a sostituire immediatamente le forniture russe. E in futuro l’Europa userà sempre meno metano alla luce del Green Deal: un costante calo della domanda di gas potrebbe rendere impossibile un recupero dell’investimento (qui stimato intorno ai 15-20 anni). Meglio sarebbe allora puntare su reti elettriche trans-mediterranee, come EuroAsia ed EuroAfrica Interconnector, su cui si sta lavorando parallelamente. Ma se l’EastMed fosse riadattato per trasportare idrogeno in futuro – cosa che è tecnicamente possibile – il ritorno dell’investimento diventerebbe più plausibile.
L’altro aspetto critico dell’EastMed (e questo varrebbe anche per le reti elettriche, che seguirebbero comunque percorsi simili) resta l’instabilità regionale. Ad esempio, la contesa Grecia-Cipro-Turchia è semplicemente passata in sordina a causa della pandemia, ma sta ritornando oggi con forza in primo piano. Il dubbio è se gli USA riusciranno a contenere le tensioni tra alleati NATO, in un momento in cui da un lato il premier turco Erdogan ha difficoltà politico-economiche interne e dall’altro la Turchia acquista crediti internazionali mediando tra Ucraina e Russia. D’altro canto, sia gli attori regionali che gli USA stanno puntando molto sulla soluzione delle controversie nel Mediterraneo Orientale; i primi in chiave di rilancio e sviluppo economico; i secondi in chiave anti-russa. Israele e Turchia stanno riprendendo cautamente i rapporti diplomatici. Persino la disputa Israele-Libano sul confine marittimo sarebbe – secondo indiscrezioni – in corso di soluzione grazie alla mediazione USA.
In conclusione, lo scenario resta fortemente ambiguo. L’UE sta riconsiderando il progetto con timido interesse, ma nulla è ancora deciso. Gli attori regionali continuano a muoversi rapidamente su più fronti, ciascuno secondo il proprio interesse. L’ultima scoperta di nuovi giacimenti è di appena qualche settimana fa, grazie alle esplorazioni di ENI e Total nel pozzo Cronos-1 al largo di Cipro. Che si voglia puntare sulle reti elettriche o sul gas, il nostro Paese continua ad avere un tesoro geopolitico: essere nel centro del mediterraneo.