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L’importanza delle Infrastrutture Critiche Sottomarine per la sicurezza e l’economia

Dai cavi IT alle pipelines deputate al trasporto di gas e petrolio: una breve analisi sui rischi e le strategie per la sicurezza del dominio sottomarino.

Insieme all’Ucraina e a Gaza, l’hotspot internazionale più significativo della prima metà del 2024 è stato senz’altro il Mar Rosso. Qui, gli attacchi degli Houthi alle imbarcazioni hanno dimostrato come attori non statali, dalle risorse relativamente ridotte, possano arrecare danni significativi al commercio mondiale e costituire una seria minaccia per paesi anche molto lontani dal teatro in questione. In particolare, gli attentati dell’organizzazione terroristica yemenita hanno anche avuto l’effetto di mostrare l’estrema strategicità e i rischi a cui sono esposte le infrastrutture critiche sottomarine, come dimostrato dal danneggiamento di alcuni cavi responsabili per le comunicazioni tra Asia ed Europa, avvenuto a fine febbraio.

Con il termine Infrastrutture Critiche Sottomarine si fa riferimento principalmente alle pipelines deputate al trasporto di petrolio, gas e idrogeno e ai cavi utilizzati per l’energia elettrica, per le comunicazioni e lo scambio di dati informatici. Per comprenderne l’importanza si consideri che 2/3 del gas e petrolio mondiale passano attraverso le pipelines – i cui investimenti globali nei prossimi cinque anni dovrebbero raggiungere i 210 miliardi di dollari – mentre rispetto ai cavi sottomarini sono significativi i numeri che riguardano internet: attualmente circa 10 trilioni di dollari di transazioni ogni giorno e il 90% del traffico dati mondiale dipendono da queste infrastrutture sommerse.

Eppure, nonostante la loro estrema rilevanza, tali infrastrutture sono esposte a una molteplicità di rischi: oltre agli incidenti di origine naturale o antropica, queste possono essere oggetto di attacchi sia fisici che cyber.

Gran parte della gravità delle minacce in questione deriva dalle profondità alle quali sono collocate le infrastrutture, che da sempre ostacolano una conoscenza adeguata del dominio sottomarino. Si stima, infatti, che attualmente solo il 20% degli abissi siano stati esaminati in maniera approfondita e solo il 2% con tecnologie e studi moderni – un livello di conoscenza per molti versi inferiore perfino a quello relativo allo spazio extra-atmosferico. Unitamente alle caratteristiche, agli attributi e alle leggi fisiche marcatamente differenti rispetto alla componente superficiale, le elevate profondità rendono, infatti, difficile il monitoraggio delle infrastrutture e l’attribuzione dell’eventuale attacco.

Sia le pipelines che i cavi sottomarini sono posizionati tenendo in considerazione la conformazione geografica globale e le caratteristiche del suolo marino interessato dal passaggio dell’infrastruttura, spesso contraddistinto da depressioni, sporgenze o vulcani attivi potenzialmente in grado di danneggiare o ostacolare il corretto utilizzo delle stesse. Da ciò deriva che in prossimità dei chokepoints marittimi vi sia un’altissima concentrazione di infrastrutture sommerse, oltre a veri e propri hub che costituiscono i principali punti di partenza e approdo delle pipelines e dei cavi.

La necessità che le infrastrutture sommerse siano obbligatoriamente posizionate a seconda della geografia e della morfologia marittima fa sì, inoltre, che l’area interessata dal passaggio coincida spesso con teatri altamente instabili, come il Mar Rosso. In tali aree le pipelines e i cavi sono particolarmente vulnerabili, con possibili conseguenze per tutti i paesi e gli attori privati interessati dal passaggio dell’infrastruttura. Un danno ancora maggiore si può avere nel caso delle isole, che, non potendo contare su connessioni alternative via terra, rischiano di veder bloccato ogni genere di approvvigionamento energetico o di servizio IT – funzioni che possono essere integrate con scorte e centrali in loco nel primo caso, e con i satelliti nel secondo, ma senza poter giungere ad una totale sostituzione.

Nel caso specifico delle pipelines, un danneggiamento potrebbe causare anche gravi danni all’ambiente marittimo. Si consideri quanto accaduto nel Baltico a settembre 2022, dove si presume sia stato intenzionalmente danneggiato il gasdotto North Stream responsabile per il trasporto di gas dalla Russia all’Unione Europea. Secondo recenti studi, la cospicua fuoriuscita di gas, oltre ai significativi risvolti economici e politici, avrebbe anche causato gravi danni all’ecosistema marittimo circostante. Con particolare riferimento ai cavi informatici, è poi possibile che vengano intraprese azioni di spionaggio sottomarino per entrare in possesso di dati sensibili che passano attraverso queste infrastrutture. Nel caso in cui i cavi vengano prodotti da compagnie non occidentali c’è, inoltre, il rischio che vengano inserite delle backdoor in fase di costruzione in grado di rubare informazioni o di compromettere il funzionamento stesso della trasmissione dei dati.

Per quanto concerne le strategie volte a mitigare i suddetti rischi, vi sono molteplici ambiti da citare. Innanzitutto, rispetto al profilo più prettamente militare, negli ultimi anni si è assistito ad un proliferare di documenti, iniziative e attività volti a rafforzare l’Underwater Domain Awareness – cioè la conoscenza del dominio sottomarino con una migliore opera di mappatura e monitoraggio e con l’elaborazione di studi e strategie specifiche sul tema. In alcuni paesi, come in Francia, si è ad esempio giunti a formulare il concetto di Seabed Warfare, ovvero di guerra sul suolo sottomarino – segmento, questo, ancora più specifico del macro-tema del subacqueo.

Oltre ad organizzare un numero sempre crescente di esercitazioni militari focalizzate in modo prioritario sulla tutela del dominio sottomarino, i paesi membri dell’Unione Europea e la NATO hanno dato vita a centri preposti allo studio e al monitoraggio delle infrastrutture critiche sommerse. Si possono citare in tal senso la creazione nel 2023 della Task Force congiunta NATO-UE sulla resilienza delle infrastrutture critiche e la pubblicazione della Maritime Security Strategy dell’UE, in cui la componente sottomarina gioca un ruolo fondamentale. In seguito al summit NATO di Vilnius è stato, inoltre, creato il Maritime Centre for the Security of Critical Undersea Infrastructure all’interno del comando marittimo dell’Alleanza (MARCOM).

La sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine, tuttavia, non riguarda solamente la componente militare. Specialmente rispetto alla mitigazione dei rischi derivanti dalle tattiche di guerra ibrida, nei diversi paesi dell’Alleanza anche le autorità civili e gli stakeholders del settore privato hanno posto maggiore attenzione alla tutela delle pipelines e dei cavi sommersi. I punti nodali in tal senso riguardano l’aggiornamento e il rafforzamento della resilienza di ogni singola infrastruttura – da intendersi come riduzione dei tempi tra l’interruzione e la ripresa del servizio in caso di danneggiamento – e la diversificazione dei percorsi, in modo tale da moltiplicare il numero di infrastrutture disponibili e ridurre la dipendenza da una sola fonte.

Per assicurare una tutela onnicomprensiva dai rischi per le infrastrutture critiche subacquee risulta, dunque, fondamentale acquisire una maggiore conoscenza e una più stringente regolamentazione del dominio sottomarino. Parimenti occorre aggiornare costantemente le infrastrutture e assicurare un più efficiente coordinamento tra autorità militari, attori pubblici civili e stakeholders privati.

In una regione dalla spiccata vocazione marittima come è il Mediterraneo, queste attività risultano ancora più importanti per garantire i servizi essenziali a cittadini e imprese, che vedono nei dati IT e nell’energia i due elementi cardine del sistema.

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