Approfondimenti

L’Italia alle prese con la difficile situazione della Tunisia

Alle questioni economiche e politiche, si affiancano ora il dossier migratorio e l’influenza di attori rivali. L’analisi di Daniele Ruvinetti

Nei primi mesi del 2023 si è verificato un notevole incremento dei flussi migratori nel Mediterraneo centrale. Basta pensare che i flussi sono aumentati del 300% rispetto allo scorso anno – con oltre 34.000 migranti arrivati dall’inizio del 2023. E la Tunisia ha un ruolo centrale in queste dinamiche, contribuendo con un’aliquota molto importante, 12.000 secondo il Viminale e l’UNHCR, sia in modo diretto (ossia tunisini), sia fornendo una piattaforma migratoria (per migranti provenienti dall’Africa Sub Sahariana).

E mentre il ruolo di rubinetto migratorio, come per la Libia, era in parte noto, l’inizio della fuga dei cittadini locali dal paese guidato dal presidente Kais Saied diventa un moltiplicatore di criticità. La questione sovrappone un piano interno a quello esterno e richiede interventi strutturali, accompagnati da un ruolo che l’Italia può giocare come sponsor di certe dinamiche e in quanto sponda geopolitica internazionale per la risoluzione dei problemi di Tunisi – che diventano in qualche modo questione di interesse nazionale per Roma.

Osservando il paese, la fotografia che ne esce è la seguente: dal luglio 2021, quando Saied ha stretto il controllo sul potere e sulle istituzioni, non ci sono state evoluzioni né sul campo economico né in quello politico-istituzionale – come promesso dal presidente. È stata adottata una controversa costituzione e si sono tenute elezioni parlamentari con scarsa partecipazione (per effetto di boicottaggi popolari e delle forze di opposizione). Il voto ha restituito al paese un’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo (ARP) con capacità notevolmente ridotte. Contemporaneamente, il dialogo con le istituzioni finanziarie internazionali – come l’FMI – che dovrebbero dare ossigeno economico a Tunisi non è andato troppo avanti e le relazioni del paese nordafricano con i partner europei e con gli Stati Uniti non sono certo migliorate.

La Tunisia è afflitta da una crisi economica profonda, con altrettanto profondi riflessi sociali. Davanti a questo, le istituzioni sotto la guida di Saied non riescono a trovare soluzioni e lo stallo che si produce stringe giorno dopo giorno il nodo attorno alle criticità del paese. Il contesto interno depauperato offre condizioni di scarso controllo territoriale e occasioni di guadagno clandestino che facilitano traffici illegali come quello degli esseri umani. I dati del ministero degli Esteri sostengono che oltre 21.000 immigrati in condizioni ibride (regolari e irregolari) hanno raggiunto il paese da Costa d’Avorio, Mali, Senegal e Camerun: tutti pronti a prendere il mare verso le coste europee – che nella maggior parte dei casi significa “italiane”.

L’equilibrio interno della Tunisia è stato oggetto di una nota[1] pubblicata il 15 marzo in cui il Parlamento Europeo ha condannato la “retorica razzista” della presidenza contro i profughi subsahariani. La presidenza Saied ha, infatti, definito l’immigrazione da sud come “un complotto per modificare la composizione demografica della Tunisia al fine di trasformarla in uno stato solo africano e offuscarne il carattere arabo-musulmano”[2]. Posizione che, connessa al contesto socio-economico interno, ha probabilmente provocato atti di violenza contro i migranti, anche se certe connessioni sono state negate dal governo tunisino.

Resta il punto che la Tunisia soffre di una crisi migratoria che poi scarica sull’Europa per scarse capacità di gestione della situazione, prodotta anche dal sommarsi della stessa con il contesto critico del paese, dove i cittadini sono afflitti da condizioni economiche e socio-politiche depresse. Se queste condizioni si abbinano al meccanismo di contrazione delle libertà individuali voluto da Saied, allora diventa comprensibile il logoramento delle relazioni internazionali con entità come l’UE – con il Parlamento Europeo che ha addirittura chiesto la sospensione di programma di cooperazione tra Bruxelles e alcuni ministeri di Tunisi.

Tutto ciò in un momento in cui invece la Tunisia avrebbe bisogno di assistenza. Ed è qui che si sta muovendo il lavoro di Roma. Il governo italiano è impegnato in prima linea per sbloccare lo stallo del prestito dell’FMI in cambio delle tanto attese, e promesse, riforme strutturali. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha per esempio ribadito la proposta di un compromesso per “favorire la stabilità della Tunisia”, che diventa determinante (stante quei numeri) per “regolare i flussi migratori”. Secondo Tajani, Tunisi “deve fare le riforme”, ma va incoraggiata “con una prima tranche di finanziamenti”. A quel punto, una volta instradato il processo con un’iniezione di fiducia, si monitorerà il percorso, e si forniranno nuove tranche. Un obiettivo dichiarato senza troppi giri di parole è anche evitare che qualcuno – attori rivali come la Russia, per esempio – si sostituiscano all’UE per l’assistenza in un momento nevralgico: ossia impedire il ripetersi di situazioni di indebolimento della proiezione geopolitica europea.

Questa linea trova condivisione tra i paesi più interessati dell’UE e se ne è fatto portatore in qualche modo il commissario Paolo Gentiloni, volato a Tunisi il 27 marzo per incoraggiare le riforme socio-economiche necessarie, ventilando anche la possibilità di assistenza macro-finanziaria dall’UE. E l’Italia si sta intanto muovendo anche in modo autonomo: con uno spirito coraggioso l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) sta pianificando un finanziamento per le piccole e medie imprese tunisine. Roma sta fornendo assistenza alle unità di controllo delle frontiere tunisine attraverso l’invio di mezzi per il pattugliamento. Infine, sta anche portando avanti il dialogo con l’FMI per l’erogazione del prestito – bloccato come accennato per assenza di riforme e indurimento del potere di Saied. Attività del genere diventano una necessità anche davanti alla scelta americana di ridurre l’assistenza annuale al Paese.


[1] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/RC-9-2023-0171_IT.html

[2] https://www.france24.com/fr/afrique/20230221-le-président-tunisien-prône-des-mesures-urgentes-contre-l-immigration-subsaharienne

Notizie

Fondazione Med-Or presente all'Abu Dhabi Strategic Debate 2024

La Fondazione Med-Or ha preso parte all’11esima edizione dell’Abu Dhabi Strategic Debate (ADSD) dal 11 al 12 novembre 2024, ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti

Leggi la notizia
Notizie

19-20-21 novembre: a Roma un workshop internazionale su cambiamenti climatici e sicurezza

Promosso da Fondazione Med-Or con il supporto del NATO SPS Programme, l’evento è organizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri della Giordania e con la partnership scientifica dell’INGV

Leggi la notizia
Approfondimenti

La crisi idrica nel Mediterraneo e la competizione per l’oro blu

L’acqua è sempre di più una risorsa strategica oltre che fondamentale alla vita. Il rapido esaurirsi delle risorse idriche minaccia di destabilizzare gli equilibri della regione in maniera irreversibile, profilando anche nuovi fattori di rischio geopolitico. L’analisi di Francesco Meriano

Leggi l'approfondimento