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Mentre lancia un ponte all’Ucraina, la NATO guarda anche al Mediterraneo

A settantacinque anni dalla sua fondazione, a Washington si è celebrato il summit NATO. Il punto sulle decisioni prese dai leader dei paesi atlantici di Emiliano Alessandri

Il vertice della NATO di Washington del 9-11 Luglio è stato definito giustamente come un “summit storico” – e non si tratta per una volta di un’iperbole. Il settantacinquesimo compleanno (il Patto Atlantico risale al 1949) dell’Alleanza “di maggior successo nella Storia”, come spesso viene decantata, ha offerto molto di più di un’occasione puramente celebrativa. A fronte di uno scenario internazionale ancora alle prese con un conflitto cruento sul suolo europeo, ma anche tracimante di incertezze, i leader NATO hanno adottato una serie di decisioni di grande rilevanza, volte a blindare l’organizzazione negli anni a venire.

Tra queste spiccano quella di sancire il cammino “irreversibile” dell’Ucraina verso l’ingresso nella NATO (scelta gradita a Kiev che dovrà tuttavia attendere a lungo per una data certa); mettere le strutture NATO al centro del coordinamento di sostegni militari al paese aggredito, con un impegno di circa 40 miliardi di euro per il prossimo anno; adottare una serie di nuove iniziative sulla difesa aerea e missilistica, compreso nuovi componenti del sistema integrato NATO in Polonia; rafforzare la cooperazione in ambito di industria della difesa, incluso attraverso l’adozione della NATO Industrial Capacity Expansion Pledge; rafforzare i partenariati della NATO, in particolare alla luce di una preoccupazione crescente per le implicazioni strategiche e di sicurezza legate all’ascesa della Cina, soprattutto nell’area dell’Indo-Pacifico.

Più sottotraccia ma non meno rilevante, sono tuttavia le nuove iniziative che la NATO ha deciso di mettere sul campo verso il suo vicinato meridionale. Se con le decisioni prese riguardo al conflitto europeo, la NATO ha inteso lanciare “un ponte” per l’entrata dell’Ucraina nell’Alleanza, quest’ultima non ha mancato di bilanciare l’inevitabile schiacciamento ad Est con un ponte anche verso Sud. Sono state così accolte le richieste in tal senso di paesi come la Spagna (che già nel Concetto Strategico adottato a Madrid nel 2022, pochi mesi dopo l’invasione russa, aveva ottenuto di riservare svariati passaggi al Mediterraneo), ma soprattutto dell’Italia, che da membro fondatore del Patto Atlantico ha da sempre spinto per una proiezione della NATO nell’area mediterranea. Quest’approccio si è tradotto nel corso degli anni in un ventaglio di iniziative di rilievo, dal Dialogo Mediterraneo con Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Marocco, Mauritania e Tunisia a missioni navali come fu Active Endeavour per il contrasto al terrorismo – una delle poche ancorate all’Articolo 5 sulla difesa collettiva dopo gli attacchi dell’11 di Settembre (nel Sud la NATO ha svolto missioni importanti e spesso controverse, da quella in Afghanistan a quella in Libia, ma fuori dall’Articolo 5).

Oltre al linguaggio ancora più perentorio che in passato – “i conflitti, la fragilità, e l’instabilità in Africa e in Medio Oriente hanno un impatto diretto sulla nostra sicurezza” – il comunicato finale del vertice di Washington ha portato a risultati tangibili quali la decisione di nominare un Rappresentante Speciale per il vicinato meridionale e l’adozione di un piano d’azione specifico per rinvigorire il ruolo dell’Alleanza nella regione, al contempo ribadendo il ruolo chiave dei partenariati con i paesi del Mediterraneo e del Golfo. In questo ambito, la relazione tra NATO e Giordania sarà ulteriormente rafforzata attraverso l’apertura di un ufficio di collegamento nel paese, che faciliterà non solo il dialogo già privilegiato tra la NATO e il paese mediorientale, ma anche la cooperazione pratica tra i due soggetti, ad esempio sul tema dell’impatto del cambiamento climatico sulle dinamiche di sicurezza. Per quanto riguarda la nomina del Rappresentante Speciale, si tratta di una vittoria particolare per l’Italia che aveva chiesto a gran voce uno sviluppo in questa direzione e che aveva tenuto il punto nonostante non mancassero sensibilità diverse e alcune titubanze all’intero dell’Alleanza e i partner meridionali stessi. La nuova figura avrà un ruolo chiave non solo nell’assicurare maggiore visibilità e spessore alle attività NATO nell’area mediterranea, ma nel rafforzarne il coordinamento – un punto debole negli anni recenti in cui l’Alleanza aveva creato strumenti interessanti, come un Hub per il Sud a Napoli, senza tuttavia collegare efficacemente iniziative nuove e di più lungo corso tra di loro.

Nel pieno delle incertezze politiche dei cicli elettorali in corso sia in Europa che negli Stati Uniti, e con il conflitto a Gaza che ha solo inasprito i sentimenti anti-occidentali latenti nella regione, i risultati raggiunti a Washington su quella che viene chiamata la “sponda sud” paiono ancora più notevoli. Ha sicuramente influito sulla positiva conclusione del Summit l’acuirsi della competizione strategica. E’ infatti chiaro che pur incapace di raggiungere i suoi obbiettivi militari in Ucraina, la Russia abbia le risorse per continuare un’opera di inserimento insidiosa nel “Sud Globale”, a cominciare proprio dal Medio Oriente e l’Africa, dove la maggior parte dei governi locali restato tuttavia restii a scaricarla, come vorrebbe invece l’Occidente. L’intensificazione della cooperazione militare tra Mosca e Teheran ha aggiunto poi un altro problematico tassello alla partita in corso, saldando il fronte orientale con quello meridionale. Assieme alle minacce di tipo transnazionale, dal terrorismo al crimine organizzato, è dunque chiaro che l’interdipendenza in ambito di sicurezza tra sponda nord e sponda sud del Mediterraneo, da tempo rimarcata da paesi come l’Italia, si sia ulteriormente approfondita, con risvolti di strategici sempre più cogenti. Ed è proprio questo ragionamento ad ampio raggio e di prospettiva storica – il Mediterraneo fu al centro della competizione geopolitica anche durante la Guerra Fredda, quando le due superpotenze di allora erano alla ricerca di proseliti nella regione – ad aver spinto i paesi NATO ad allestire un nuovo ponte verso Sud, anche se le necessità del conflitto europeo continueranno ad assorbire gran parte delle sue energie ad Est.

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