Parigi ed Algeri tornano a dialogare
Il viaggio di Macron ad Algeri segna un importante passo per il rilancio del dialogo tra Francia e Algeria. Così Parigi punta anche a indebolire la sfera di influenza russo-cinese in Algeria. Il punto di vista di Alessandro Giuli
Il recente viaggio di Emmanuel Macron ad Algeri segnala un’accelerazione notevolissima intorno alla sopraggiunta centralità dell’ex colonia francese in tempo di choc energetico e nella cornice della nuova cortina di ferro che, dall’invasione russa dell’Ucraina in poi, divide nuovamente il mondo libero dal dispotismo asiatico. Dietro la visita del presidente francese all’omologo Abdelmadjid Tebboune c’è un “apparato” in movimento che dall’Esagono ha portato con sé novanta personalità del mondo politico, finanziario, accademico e culturale chiamato a testimoniare una svolta nei rapporti bilaterali tra i due Stati. Dopo il progressivo deterioramento nelle relazioni “di superficie” culminato a luglio in occasione dei festeggiamenti per il sessantenario dell’indipendenza algerina, la diplomazia dell’Eliseo ha improvvisamente invertito un’inerzia che aveva condotto addirittura allo sbarramento dello spazio aereo all’esercito francese impegnato in Sahel nell’operazione Barkhane. Si tratta di un disgelo ufficiale affidato al rilancio della “cooperazione” e della rinnovata “amicizia”. Se già notevole è la scelta di allestire una commissione storica franco-algerina che sarà chiamata a scrivere “con lucidità” (parole di Tebboune) una versione comune del passato coloniale – il progetto è stato accompagnato da un gesto solo apparentemente simbolico: la restituzione da parte della Francia dei teschi di alcuni combattenti indipendentisti – sul piano pratico Parigi e Algeri si avviano a risolvere alcune controversie complesse e a rafforzare un partenariato geo-strategico che si fonda su comuni obiettivi economici e infrastrutturali.
La Francia s’impegna anzitutto a rivedere le sue restrizioni sui visti, annunciando l’accoglienza di 8 mila studenti all’anno cui si aggiungeranno facilitazioni per artisti, operatori commerciali, ricercatori e studiosi di rango accademico. Ma il cuore della rinnovata relationship sta come prevedibile nella questione energetica, essendo l’Algeria la principale fonte di approvvigionamento continentale di gas alternativa alla Russia (subito dopo la Norvegia), mediante i tre gasdotti che la collegano all’Europa: il Transmed che segue la rotta tunisina, il Maghreb-Europe (GME) che attraversa anche il Marocco e ha subìto gli effetti dello sbarramento conseguente alla disputa con Rabat sul Sahara orientale e il Medgaz che segue una direttrice spagnola sulla quale grava l’incidente diplomatico con Madrid, dopo che il premier Pedro Sanchez ha di fatto schierato la Spagna al fianco del Marocco sul dossier sahariano. Proprio su tale questione si è innestata la richiesta di Tebboune a Macron di garantire una neutralità giudicata essenziale da Algeri almeno quanto Parigi ritiene invalicabile i buoni rapporti con il Regno di Mohammed VI. Cionondimeno, mentre l’Italia viene favorevolmente percepita come un nuovo potenziale “hub energetico europeo” tale da convogliare in prospettiva fino a 33,14 miliardi di metri cubi all’anno di gas proveniente dal Transmed grazie all’accordo tra l’algerina Sonatrach e l’Eni, la Francia farà la propria parte nell’ambito delle esplorazioni e delle reti che interessano il gasdotto transahariano che collegherà la Nigeria al Mediterraneo.
Ma la cooperazione strategica punta anche a rendere più assertivo il “sovranismo diplomatico” di Algeri, la cui amicizia con Mosca (esercitazioni comuni sono previste a novembre e impegneranno almeno 160 militari) non le ha impedito di conservare un volume di scambi commerciali da circa 7 miliardi di euro con l’Esagono negli anni della pandemia e delle reciproche accuse sul passato. Ora la Francia intende intensificare i propri investimenti in ambito finanziario e assicurativo, nell’industria manifatturiera, farmaceutica e agroalimentare così come nel settore automobilistico. Il riavvicinamento tra Macron e Tebboune si tradurrà anche in un impegno comune sulla sicurezza saheliana, sul cui dossier sono già a lavoro i rispettivi capi di Stato maggiore, con l’obiettivo d’indurre Algeri a esercitare le dovute pressioni affinché la via del dialogo politico spinga il Mali al rientro nel gruppo G5-Sahel. Una soluzione politica su cui gravano ancora molte incognite: a cominciare dall’attivismo della Russia testimoniato dalla crescente presenza regionale del gruppo Wagner e consolidato dal ruolo monopolistico nelle forniture di armamenti ad Algeri (67%) cui si affianca quello della Cina (13%). A tale riguardo, non sfugge agli osservatori occidentali la speranza algerina di entrare a far parte del novero dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) orientati dalla regia di Pechino, la cui sfera d’influenza si allarga fino al sud-est algerino. Da qui il regime asiatico conta di ricevere fino a 95 milioni di greggio entro i prossimi 25 anni: petrolio in cambio di infrastrutture e trasferimenti di tecnologia in una nazione nella quale già lavorano oltre 40mila cinesi. Una partita ancora tutta da giocare.