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Perché includere l’Unione africana nel G20 aumenta il valore del gruppo

L’inclusione dell’Unione Africana come membro permanente del G20, composto dalle prime venti economie del mondo, può avere un valore epocale per l’evoluzione dell’Africa. L’analisi di Emanuele Rossi

L’inclusione dell’Unione Africana (UA) come membro permanente del Gruppo dei 20 (G20), composto dalle prime venti economie del mondo, può avere un valore epocale per l’evoluzione dell’Africa. Contemporaneamente significa che i big del mondo hanno compreso che le oltre cinquanta nazioni africane aspirano legittimamente a svolgere un ruolo più rilevante nella scena internazionale. È probabilmente il più concreto passo per inglobare una parte sostanziale (e vitale) del cosiddetto Global South all’interno degli affari globali. Da qui, andranno valutate le evoluzioni concrete per andare oltre alla simbologia dell’atto.

La mossa finale l’ha giocata l’India, ospite di turno del G20, ma Stati Uniti e Unione Europea da tempo la sostengono, con l’Italia che è tra i diretti beneficiari. Se infatti parte dell’impegno strategico, voluto da Roma come proprio valore aggiunto per il G7 che organizzerà nel 2024, riguarda lo sviluppo del Global South, allora l’inclusione dell’UA nel G20 è fondamentale. E l’Italia ha la strada spianata per invitare l’Unione all’evento G7. Invito analogo dovrebbe essere diretto all’India, con cui l’Italia ha elevato a marzo le relazioni a partnership strategica e con cui può condividere piani per la cooperazione in ambienti terzi, come appunto l’Africa, proprio orientati all’emancipazione – sociale, politica, economica, securitaria e culturale – del Sud globale.

L’inclusione permanente dell’UA al G20 era un passo atteso da tempo, e il premier indiano Modi non si è fatto sfuggire la possibilità di offrire un palcoscenico in pompa magna diplomatica per accogliere calorosamente il presidente delle Comore, Azali Assoumani, attuale guida dell’UA, dimostrando un palpabile senso di gioia per questo progresso. Il presidente del Senegal, Macky Sall, ex presidente dell’UA, ha commentato: “Congratulations to all Africans!”. Sall è il politico che ha più attivamente sostenuto questa adesione, soprattutto nell’ultimo anno, quando le sensibilità africane sono diventate prioritarie nel dibattito politico internazionale, anche come effetto della guerra russa in Ucraina e le conseguenze sulla sicurezza energetica e alimentare che hanno pesato sul continente.

L’UA aveva instancabilmente perseguito la piena adesione al G20 per sette anni, ma finora soltanto il Sudafrica rappresentava il continente all’interno del gruppo. Ora il traguardo raggiunto solleva domande pertinenti sulle implicazioni, visto che i destini dell’Africa pesano su questioni di interesse internazionale prioritario, come le migrazioni verso l’Europa e vari altri layer securitari, e che il territorio africano è allo stesso tempo gravato più di ogni altro dagli effetti del cambiamento climatico – ed è conseguentemente interessato (con diritto di arbitrio) nei processi di transizione climatica.

L’adesione permanente al G20 simboleggia l’ascesa di un continente pronto a una crescita significativa, con una popolazione giovane di 1,3 miliardi di persone destinata a raddoppiare entro il 2050, costituendo un quarto degli abitanti del mondo. I 55 Stati membri dell’UA hanno insistito per ottenere un ruolo più significativo all’interno delle istituzioni internazionali che, per troppo tempo, hanno rappresentato un ordine postbellico che attualmente è oggetto di rimodellamenti. Quei Paesi cercano di riformare il sistema finanziario globale, comprese istituzioni come la Banca Mondiale (oggetto di discussioni proprio al G20), che negli anni dopo gli accordi di Bretton-Woods hanno segnato il passo delle dinamiche economico-finanziare globali, a volte anche a detrimento dell’Africa.

L’attrattiva dell’Africa come destinazione di investimento e come sfera di interesse politico è inoltre cresciuta in modo significativo, estendendosi oltre le potenze tradizionali come gli Stati Uniti e l’Europa. La Cina è emersa come il più grande partner commerciale del continente e un importante finanziatore (seppure portandosi dietro critiche legate alla cosiddetta “trappola del debito”), mentre la Russia fornisce un sostanziale supporto alla sicurezza (anche in contesti discutibili e delicati, attraverso vettori ibridi come le società di sicurezza private collegata al Cremlino). In questo confronto non mancano livelli di scontro, con attori anti-occidentali che hanno seminato disinformazione e narrazioni incontrando percezioni diffuse tra le collettività, come quella costruita ancora attorno ad alcuni Paesi europei e il loro ruolo di (ex) colonizzatori. Effetti si stanno vedendo nei rovesciamenti istituzionali che hanno colpito recentemente la fascia centro-settentrionale africana.

Contemporaneamente, le nazioni del Golfo sono diventate investitori di primo piano nel continente e la Turchia ha stabilito la sua più grande base militare all’estero e la sua ambasciata in Somalia, diventando un attore attivissimo nel continente. Inoltre, Israele e l’Iran hanno aumentato il loro impegno alla ricerca di partnership africane, e anche Paesi orientali come India, Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Taiwan sono diventati attivi strutturando le loro partnership e i loro progetti. Tokyo ha la sua unica base extraterritoriale a Gibuti, affacciata su Bab el Mandeb; uno dei pochi Paesi al mondo a riconoscere la statualità di Taipei è eSwatini, che ne condivide una condizione di non-agnizione.

I leader africani sono diventati insofferenti alla rappresentazione del loro continente come vittima passiva di guerre, estremismi e fame, spesso costretti ad allinearsi con le potenze globali. Alcuni preferiscono agire come mediatori, come dimostra il loro coinvolgimento negli sforzi di pace dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. In generale, e la reazione alla guerra russa ne è testimonianza, sta crescendo tra molti il desiderio di multi-allineamento, sfruttando le potenzialità che la costruzione multipolare delle relazioni internazionali sta offrendo. Allo stesso tempo, l’appartenenza dell’UA al G20 riconosce l’Africa come un’importante potenza globale a sé stante e le dà forza individuale.

Con la piena adesione al G20, l’UA può rappresentare efficacemente un continente che ospita la più grande area di libero scambio del mondo. Di più: un continente che possiede vaste riserve di risorse cruciali per combattere il cambiamento climatico, un problema che, come accennato, colpisce in modo sproporzionato l’Africa nonostante il suo contributo minimo e che è già causa di fenomeni che deteriorano la sicurezza regionale (vedere il caso dei pastori fulani nel Sahel). L’Africa vanta il 60% delle risorse energetiche rinnovabili del mondo e oltre il 30% dei minerali essenziali per le tecnologie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio necessari per la transizione energetica. Ad esempio, il Congo da solo possiede quasi la metà del cobalto mondiale, un componente vitale delle batterie agli ioni di litio, come evidenziato in un recente rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo economico africano.

I leader africani vogliono evitare che nuove e vecchie risorse del loro continente vengano estratte per la lavorazione e il profitto altrui, e questo ha spinto a desiderare un maggiore sviluppo industriale locale per rilanciare le loro economie. Tale prospettiva è stata sottolineata dal presidente keniota, William Ruto, durante il primo Africa Climate Summit, dove ha sottolineato l’immensa ricchezza dell’Africa se si considerano le sue risorse naturali. Il vertice si è concluso con la richiesta di un trattamento equo da parte delle istituzioni finanziarie, il rispetto dell’impegno dei Paesi ricchi a fornire 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima ai Paesi in via di sviluppo e l’istituzione di una tassa globale sui combustibili fossili.

Ora la maggiore delle sfide all’orizzonte per l’Africa sarà coordinare una posizione unitaria tra gli Stati membri dell’UA, che vanno da potenze economiche come Nigeria ed Etiopia ad alcune delle nazioni più povere del mondo. La presidenza a rotazione dell’UA, che cambia ogni anno, introduce anche delle incongruenze. Tuttavia, poiché l’Africa assume ora un ruolo di primo piano come membro del G20, diventa imperativo per il continente presentare un fronte unito nell’influenzare il processo decisionale del gruppo globale.

I leader africani hanno dimostrato la loro disponibilità all’azione collettiva, esemplificata dalla critica congiunta all’accaparramento di vaccini da parte dei Paesi ricchi durante la pandemia Covid e dagli sforzi collaborativi per garantire le forniture essenziali. In definitiva, lo status elevato dell’Africa come membro di alto profilo del G20 sottolinea la crescente importanza del continente sulla scena globale. Questo sviluppo diventa un’opportunità per il continente di difendere i propri interessi, sfruttare le sue abbondanti risorse e impegnarsi attivamente con gli attori globali emergenti, cercando al contempo di rappresentare unitariamente le sue diverse nazioni.

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