Approfondimenti

Più difesa e meno debito. Il futuro dei rapporti Cina-Africa nel viaggio di Wang Yi

Il viaggio del ministro degli Esteri cinese promuove la nuova strategia di Pechino lanciata all’ultimo Forum Cina-Africa. Pechino punta a capitalizzare su distrazioni e crisi dei suoi avversari per nascondere i limiti del proprio approccio.

Si tratta della trentottesima visita annuale consecutiva da parte di un ministro degli esteri cinese in Africa. Quanto basta per definirla un avvenimento rituale e per dimostrare la serietà dell’impegno di Pechino in Africa. La scelta delle tappe (Namibia, Ciad, Repubblica del Congo e Nigeria) è sintomatica di due tendenze che caratterizzano le relazioni Cina-Africa in questo momento storico: necessità di adattamento e proiezione al futuro. Il viaggio rappresenta anche l’opportunità per fare il punto sui (numerosi) impegni che Pechino ha preso durante l’ultimo Forum sulla Cooperazione Cina-Africa (FOCAC) dello scorso settembre. Sullo sfondo, i dubbi che si addensano sul futuro della partnership tra Pechino e il continente: l’economia del Dragone sta rallentando e difficilmente la Cina potrà continuare ad essere il benefattore facoltoso dei primi anni 2000 quando forte di un tasso di crescita annuo elevato ha finanziato progetti infrastrutturali e debiti pubblici senza badare ritorni economici e sostenibilità. Per inquadrare l’incrocio tra interessi cinesi e africani nel contesto della visita di Wang Yi è opportuno analizzare le singole tappe del viaggio.

Namibia

La visita in Namibia è quella che fa trasparire maggiormente le aspirazioni di Pechino per il futuro delle relazioni con il continente. A dicembre la Namibia è andata alle urne eleggendo il suo primo presidente donna, Netumbo Nandi-Ndaitwah, pur confermando la leadership del partito del South West Africa People's Organisation (SWAPO) che governa il paese dall’indipendenza. La tappa namibiana non ha tradito le aspettative della classe dirigente di Windhoek: il ministro degli esteri ha promesso investimenti milionari dal settore turistico all’industria mineraria passando per il nucleare. Al termine della visita Wang Yi sia il presidente uscente, Nangolo Mbumba, che la presidente eletta Nandi-Ndaitwah hanno espresso la volontà di rafforzare ed elevare le relazioni con Pechino partendo dalla cooperazione sul nucleare. Una collaborazione, quella nel settore dell’energia civile che non sembra presentare difficoltà sostanziali considerando come le imprese del Dragone sono già proprietarie della seconda e della sesta più grande miniera di uranio al mondo entrambe presenti nel paese. La ricerca di investitori nel nucleare domestico ha assunto negli ultimi anni un valore identitario per la Namibia che punta a diventare uno dei paesi leader nella produzione di energia verde rimettendo in discussione l’approccio alla transizione ecologica così come concepita sull’asse USA-UE. Più problematico invece il dossier delle terre rare e in particolar modo la gestione delle miniere di litio. Nel 2023, le autorità di Windhoek hanno bandito l’esportazione del minerale grezzo da parte delle compagnie cinesi nel tentativo di spingere Pechino a spostare il processo di lavorazione del litio all’interno del paese. Non è chiaro se Wang Yi abbia fatto concessioni sul tema, ma, nel frattempo, lo sfruttamento delle riserve di litio da parte di Pechino è stato nuovamente oggetto di dibattito con le accuse di corruzione alla compagnia Xinfeng (proprietaria di alcune miniere) che avrebbe comprato i favori di alcuni funzionari governativi nella regione dell’Erongo dove si sono tenute diverse manifestazioni anticinesi anche in occasione della visita di Wang Yi. Turbolenze che non sembrano preoccupare Pechino che punta a consolidare la propria posizione nel settore delle terre rare namibiane speculando sull’assenza dei suoi rivali (Unione Europea e Stati Uniti sembrano più interessati a ultimare la costruzione del Corridoio di Lobito a Nord che non a tentare sortite nel paese). Il consolidamento delle relazioni tra Pechino e Windhoek resta ancora potenziale, senza quell’elevazione auspicata dai leader namibiani, ma dice molto rispetto al futuro delle relazioni tra Cina e Africa. Il Dragone avrà perso interesse e risorse da spendere in debito ed infrastrutture, ma non per le terre rare dove punta a consolidare il proprio predominio.

Repubblica del Congo

La visita a Brazzaville ha rappresentato un passaggio quasi dovuto per uno degli alleati più solidi di Pechino nel continente. La Repubblica del Congo ha copresieduto l’ultimo FOCAC e la visita di Wang Yi ha rafforzato il ruolo di Brazzaville come “vassallo” di Pechino nella regione dei Grandi Laghi. Un fatto importante se considerato nel contesto della revisione parziale dell’alleanza tra Repubblica Democratica del Congo e Cina sotto la presidenza di Felix Tshisekedi. Al termine della visita, il presidente congolese Denis Sassou Nguesso e Wang Yi hanno annunciato la formulazione di un calendario e di un piano di spesa per i 50 miliardi di dollari di investimenti nelle infrastrutture del continente promessi durante l’ultimo FOCAC. Il presidente del Congo ha anche annunciato il lancio di un comitato interministeriale per la valutazione dell’attuazione degli impegni del FOCAC destinato ad avere un valore più simbolico che sostanziale. Sull’alleanza privilegiata tra Pechino e Brazzaville pesa l’incognita della successione di Sassou Nguesso che compirà 82 anni a novembre e che in 28 anni leadership del paese ha costruito un sistema di potere che lega la stabilità del Congo alla sua permanenza in carica. Non è dato sapere quale sia il piano (ammesso che ve ne sia uno) per il dopo Sassou Nguesso ma ciò che è certo è che la Repubblica del Congo rappresenterà uno dei principali campi di applicazione delle nuove politiche per la formazione di forze armate e classe dirigente che sono state promesse durante il FOCAC e che potrebbero essere utilizzate per costruire un successore “amico”.

Ciad

Il Ciad rappresenta uno dei laboratori per l’uso dei nuovi impegni presi allo scorso FOCAC e che aiuterebbero il Dragone ad attrarre nuove nazioni all’interno della sua sfera di influenza. Le relazioni tra Ciad e Cina sono state storicamente altalenanti e complesse. All’inizio degli anni 90 Pechino ha stanziato i primi fondi a garanzia del debito pubblico di N’Djamena mentre i primi progetti infrastrutturali cinesi nel paese risalgono al 1970, ma al contempo sulle relazioni bilaterali pesa anche la memoria storica del supporto cinese ai ribelli che quasi deposero l’allora presidente Idriss Déby, all’inizio degli anni 2000. Tenendo a mente questi precedenti si capisce come Pechino punti a cavalcare la mutazione del contesto geopolitico saheliano e le nuove aspirazioni della leadership ciadiana per rinsaldare la cooperazione con il Ciad. Sotto la guida di Mahamat Déby, il paese ha puntato all’implementazione di una strategia maggiormente improntata sui principi del realismo e dell’opportunismo geopolitico. N’Djamena punta a capitalizzare su alcune caratteristiche strutturali come un esercito particolarmente efficiente, una posizione geografica strategica e un’industria petrolifera con un discreto potenziale per poter gestire in maniera più remunerativa le relazioni bilaterali con i nuovi partner. La vittima illustre di questo processo di revisione è stata la cooperazione militare con la Francia, annullata dopo cinquant’anni con il ritiro delle truppe francesi e lo smantellamento delle basi militari che dovrebbe concludersi entro la fine di gennaio. Approfittando della revisione delle relazioni tra Parigi e le sue ex colonie, la Cina punta a sfruttare la nuova politica commerciale lanciata all’ultimo FOCAC che prevede la possibilità per le economie più povere del continente di esportare all’interno del mercato cinese senza dazi. Un provvedimento che non è stato pensato espressamente per i paesi della Françafrique ma che esercita un enorme fascino su di essi. A riprova di questa dinamica va ricordato come il presidente Déby abbia scelto la Cina come destinazione della sua prima visita ufficiale una volta eletto presidente nella primavera del 2024. Dal punto di vista ciadiano la speranza è quella di aumentare il coinvolgimento di Pechino negli investimenti infrastrutturali (autostrade) e nel settore agricolo oltre a rafforzare la cooperazione in quello della sicurezza e difesa. Il rafforzamento del rapporto con il Ciad, quindi, potrebbe fare da apripista a una penetrazione più strutturata e tangibile di Pechino nel pre-carré francese a patto però che la Cina si dimostri capace di gestire l’instabilità intrinseca che caratterizza questi stati. Poche ore dopo la visita di Wang Yi, un gruppo armato non identificato ha assaltato il palazzo presidenziale di N’Djamena venendo respinto dalla guardia presidenziale. Atti di questo tipo sono abbastanza frequenti nel Sahel e la Cina dovrà dimostrare flessibilità e capacità di adattamento per riuscire farvi fronte.

Nigeria

La tappa conclusiva del viaggio di Wang Yi è stata la Nigeria dove il ministro cinese ha incontrato l’omologo nigeriano Yusuf Tuggar e successivamente il presidente Bola Tinubu. Abuja continua ad ospitare quelle riserve di petrolio strategiche per il funzionamento dell’industria del Dragone, e il governo in carica – galvanizzato dall’innalzamento del livello delle relazioni bilaterali all’ultimo FOCAC - non ha perso le speranze rispetto a nuove iniezioni di liquidità da parte di Pechino (dopo il rinnovo dell’accordo bilaterale sullo scambio di valute dell’autunno scorso - per fronteggiare la crisi finanziaria che attanaglia il paese. Le problematiche finanziarie del gigante africano si incrociano con le sue crisi strutturali e in particolar modo con la violenza armata che devasta il nord del paese. In questo contesto non è casuale che Wang Yi abbia scelto la tappa nigeriana per rinnovare la promessa fatta all’ultimo FOCAC sul rafforzamento delle relazioni con il continente nel settore della difesa. Il ministro cinese ha dichiarato come Pechino si impegnerà a supportare gli eserciti africani nella creazione di forze d’intervento rapido e ha rinnovato la promessa dell’investimento di un 140 milioni di dollari nella cooperazione in materia di difesa nei prossimi 3 anni. Un messaggio rivolto a tutti gli alleati nel continente e che punta a dare risalto a questo nuovo ambito di cooperazione che per molti anni è mancato o è stato sottostimato nell’agenda cinese in Africa generando qualche malumore tra gli alleati.

Il viaggio di Wang Yi in Africa conferma l’impegno cinese ma non dissipa i dubbi che lo riguardano. Il quantitativo di risorse promesso dal Dragone nel contesto dell’ultimo FOCAC è sicuramente rimarchevole (51 miliardi di dollari in totale) ma non basta a fugare i timori delle nazioni africane legate al rallentamento dell’economia cinese e parzialmente confermati dalla visita del ministro degli esteri che non ha affrontato il tema del sostegno al debito africano. Tradotto: Pechino non sarà più il garante finanziario del continente - un ruolo su cui molti stati africani hanno fatto affidamento negli ultimi anni per lanciare iniziative di sviluppo ambiziose – ma esistono altri metodi ed ambiti in cui proseguire la cooperazione. Lo strumento dell’esenzione dei dazi e le nuove acquisizioni di materiali critici sono lì a segnalare questa volontà. Tuttavia, sul modello di cooperazione allo sviluppo cinese pesa l’incognita su quanto Pechino, la “Fabbrica del Mondo”, sia effettivamente interessata a supportare la creazione di un settore manifatturiero locale, unico viatico per evitare il collasso di diverse nazioni sotto il peso dello sviluppo demografico galoppante. Dopo diversi tentennamenti, la Cina sembra anche interessata a prendere in considerazione il suo supporto agli alleati nel settore della Difesa fermo restando la refrattarietà del Dragone a qualsiasi impegno diretto, vero limite della strategia cinese in quest’ambito. Al di là della retorica sulla cooperazione e lo sviluppo, infatti, nessuna delle politiche annunciate allo scorso FOCAC sembra capace di incidere sulle crisi umanitarie e militari del continente. Insomma, l’azione della Cina potrebbe sviluppare effettivamente alcune delle economie del continente ma difficilmente porterà a una sua stabilizzazione. È anche per questi interrogativi che la visita di Wang Yi è apparsa sottotono rispetto alle visite dei suoi predecessori. Anche per il Dragone è meglio adottare un basso profilo nell’attesa (speranza?) che il continente si stabilizzi da solo.

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