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Putin e Kim, la convergenza antidemocratica tra Ucraina e Indo Pacifico

Cosa può rappresentare l’allineamento di interessi tra Russia e Corea del Nord? La dimensione tattica e quella strategica dietro all’asse dei regimi di Korea del Nord e Russia. L’analisi di Emanuele Rossi.

L’immagine della bandiera nordcoreana accanto al tricolore russo apparsa vicino al villaggio ucraino recentemente occupato di Tsukuryne, nella zona di Pokrovsk, è servita ad attirare definitivamente l’attenzione sulla cooperazione militare tra la Corea del Nord e la Russia. Cooperazione che si sta rafforzando e che è stata inizialmente sottovalutata come fattore laterale e parziale dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, salvo attirare preoccupazioni crescenti nelle ultime settimane. Rapporto dopo rapporto, si è consolidata la convinzione che il regime di Kim Jong-un stia contribuendo direttamente agli sforzi militari di Vladimir Putin. La Russia ottiene truppe e armi. La Corea del Nord ottiene supporto politico, tecnologia missilistica e forse altri benefici (know-how sul nucleare?). Questo ramo del cosiddetto “Asse dei Revisionisti” (quello composto da Russia, Cina, Iran, Corea del Nord e altri satelliti minori) si sta muovendo rapidamente e in parte pubblicamente. Le intelligence sudcoreana e ucraina, e di altri paesi occidentali, nonché diversi rapporti mediatici, suggeriscono che truppe nordcoreane siano state attualmente inviate in Russia per essere addestrate e, potenzialmente, schierate in aree del conflitto come il Donbass. Addirittura, si parla della presenza di alcune unità già in campo.

L’invio di truppe rappresenta la concretizzazione di un accordo di difesa firmato a giugno 2024 tra il presidente russo e il leader nordcoreano in un incontro basato tanto su una “convenienza immediata” quanto su un’ambizione strategica. Questo patto prevede un mutuo soccorso in caso di “aggressione” contro uno dei due paesi. L’accordo, sebbene originariamente orientato alla difesa interna, sembra aver ormai assunto un significato più ampio, con una crescente sinergia tra Mosca e Pyongyang nell’arena internazionale. Putin ha provveduto alla sua formalizzazione tramite un passaggio alla Duma nelle scorse settimane, rispettando la parvenza democratica russa; per Kim inutile dire che non c’è bisogno di tali step istituzionali.

Si parla ormai di qualcosa come 10mila, forse di più, soldati nordcoreani che potrebbero essere schierati in Russia entro la fine del 2024. Potrebbe trattarsi di un game-changer? Probabilmente, seppure la portata effettiva di tale contributo rimanga incerta, data la mancanza di conferme ufficiali da parte del Cremlino (tanto meno dal Palazzo del Sole di Kumsusan). Inoltre, forse più delle truppe conta un altro dato che sta circolando: le spedizioni nordcoreane, iniziate già alla fine del 2022, avrebbero raggiunto i 2,8 milioni di proiettili all’anno, appena 100.000 in meno rispetto alla produzione annuale della Russia, che si attesta sui 2,9 milioni di proiettili.

La chiave tattica

L’analisi delle modalità di coinvolgimento della Corea del Nord nel conflitto ucraino suggerisce tre possibili scenari. In primo luogo, Pyongyang potrebbe limitarsi a inviare tecnici e specialisti per osservare, manutenere e operare le armi fornite alla Russia, senza impegnarsi direttamente nei combattimenti. Questo approccio sarebbe coerente con quanto avvenuto in Siria nel 2018, quando tecnici nordcoreani furono inviati per assistere nell’uso di missili balistici e componenti chimiche.

Un secondo livello di partecipazione prevede che “specialisti” nordcoreani possano essere coinvolti in combattimenti limitati, ma rimanendo all’interno dei confini russi per aiutare nella difesa contro le controffensive ucraine (come nel Kursk). Questa strategia offrirebbe a Mosca un vantaggio difensivo, liberando risorse russe per operazioni più offensive in Ucraina.

Infine, il terzo e più pericoloso scenario è la partecipazione diretta delle truppe nordcoreane in prima linea in Ucraina, che dunque combatterebbero accanto alle forze russe. L’invio di truppe direttamente nel Donbass – riconosciuto da Pyongyang come indipendente – potrebbe anche suggerire che il patto di difesa tra Mosca e Pyongyang copra una gamma più ampia di operazioni militari di quanto inizialmente ipotizzato. Se i numeri di migliaia di unità saranno in qualche modo confermati, allora questo scenario sarà quello effettivo.

Per comprendere meglio l’attività della Corea del Nord, è utile fare riferimento al suo coinvolgimento nella guerra del Vietnam. All’epoca, Pyongyang offrì sostegno militare diretto al Vietnam del Nord, inviando piloti e ufficiali di intelligence per combattere contro gli Stati Uniti. Sebbene i numeri fossero relativamente contenuti a causa delle barriere linguistiche e delle resistenze di Hanoi, l’esperienza dimostra che la Corea del Nord è disposta a fornire truppe se ritiene che vi siano interessi strategici significativi in gioco.

La dimensione strategica

Nel contesto attuale, la crescente cooperazione trilaterale tra Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud potrebbe spingere Pyongyang a considerare la partecipazione diretta al conflitto ucraino come un’opportunità per distrarre Washington dal teatro asiatico, acquisendo al contempo esperienza tattica contro armi di fabbricazione occidentale.

La partecipazione della Corea del Nord al conflitto ucraino solleva quindi interrogativi sull’evoluzione di dossier complessi come gli equilibri nella penisola coreana. Seul ha intensificato i suoi sforzi diplomatici, convocando l’ambasciatore russo e denunciando il coinvolgimento della Corea del Nord come una minaccia alla sicurezza regionale e globale. Ma soprattutto ha annunciato la sua disponibilità a rompere gli indugi e avviare il sostegno militare a Kyiv.

È in corso una ricostruzione di equilibri, perché il coinvolgimento di truppe nordcoreane nel conflitto rischia di scatenare un’escalation non solo nel teatro ucraino, ma anche in tutta la regione indo-pacifica. Esiste infatti il rischio che Kim, sentendosi rafforzato nelle relazioni con Putin, possa usare tale standing nella gestione più assertiva (e guerresca) delle dinamiche intra-coreane.

Quanto accade va inoltre considerato in relazione alla Cina. Tradizionalmente alleata di Pyongyang, Pechino ha mantenuto una posizione cauta riguardo al conflitto in Ucraina, preferendo un approccio diplomatico e focalizzandosi sulla stabilità regionale – pur mai condannando l’invasione russa e giustificandone i principi. La crescente sinergia tra Mosca e Pyongyang potrebbe complicare per Pechino la gestione del tradizionale rapporto con il Nord, normalmente considerato un satellite della potenza cinese, suggerendo che Kim stia cercando nuove opportunità strategiche a Mosca (anche come leva nelle relazioni con la Repubblica popolare?).

Lo scontro tra modelli

La cooperazione tra Corea del Nord e Russia rappresenta in definitiva un allineamento strategico che desta preoccupazioni profonde, soprattutto per il messaggio che invia. L’assistenza militare nordcoreana all’invasione russa dell’Ucraina diventa particolarmente preoccupante se confrontato con la strategia adottata dagli stati occidentali che sostengono Kyiv. Questi ultimi, infatti, hanno evitato il coinvolgimento diretto, preferendo limitare il loro supporto all’invio di armi e forniture, senza l’impegno di truppe e con crucci sulla gestione stessa degli armamenti forniti.

Questa differenza è cruciale: mentre la Corea del Nord dimostra la volontà di combattere in prima linea, gli stati occidentali rimangono prudenti, temendo una possibile escalation del conflitto che potrebbe coinvolgere la NATO direttamente. Di conseguenza, ciò che ne esce è una maggiore disponibilità al coinvolgimento e alla cooperazione tra gli attori dell’Asse dei Revisionisti, col rischio che tale messaggio abbia un effetto diretto nella narrazione strategica con cui quegli attori corteggiano il consenso dei paesi terzi, come quelli dell’immenso Global South.

Questa alleanza de facto va, infatti, inquadrata all’interno del più ampio movimento di contestazione dell’ordine internazionale liberale e aggredito dai Revisionisti. La Russia, con la Corea del Nord, sta contribuendo alla costruzione di un blocco di cooperazione che include anche attori come l’Iran e la Cina. Questo blocco revisionista cerca di sfidare la posizione degli Stati Uniti e dei loro alleati, proponendo un’alternativa incentrata sulla sovranità nazionale e la resistenza alle ingerenze esterne. La collaborazione russo-coreana riflette una crescente convergenza di interessi, che attira attenzione tra coloro che si sentono emarginati o minacciati dall’ordine percepito e/o raccontato come occidente-centrico.

Siamo davanti a un punto di evoluzione nella dinamica della guerra in Ucraina, confermandone una dimensione tendenzialmente globale – tanto che paesi come la Corea del Sud o il Giappone hanno dimostrato sin da subito la volontà di prendere posizioni allineate con i like-minded occidentali. Con questo test operativo, Pyongyang e Mosca mettono a repentaglio l’equilibrio geopolitico globale. A maggior ragione se si considera la difficoltà di trovare risposte diplomatiche concrete. Sia il Nord che la Russia sono infatti sottoposti a vari layer di sanzioni, ma sembrano trovare (come nel caso dell’Iran, d’altronde) varie forme di evasione.

Emetterne altre, anche attraverso le mosse dell’Onu, diventa non solo velleitario dal punto di vista pratico – viste le capacità di resilienza ormai più o meno acquisite – ma anche tecnicamente quasi impossibile. È del tutto improbabile, infatti, che esse possano superare i veti di sbarramento disposti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu da membri permanenti come la Cina o appunto la Russia. E mentre si evidenzia la necessità di riforma del sistema onusiano nel suo complesso, anche nuove sanzioni da Usa e Ue potrebbero incontrare l’ormai nota contro-narrazione antioccidentale elargita da Vladimir Putin durante il vertice dei Brics. Il rischio di misure molto dure ricade invece sugli effetti che esse potrebbero avere sui nordcoreani o sui russi, cittadini di regimi autoritari già ampiamente vittime dei loro satrapi.

È anche per questo che a metà ottobre è stato istituito il team di monitoraggio multilaterale per le sanzioni. L’obiettivo è assicurare l’implementazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguardanti la Corea del Nord. Il gruppo di lavoro si concentrerà sul monitoraggio e la verifica dell’efficacia delle misure imposte, in particolare riguardo alla proliferazione nucleare e al commercio di armi. A marzo la Russia, con il suo potere di veto, aveva disabilitato il team di esperti onusiani che doveva occuparsi di garantire che le sanzioni internazionali fossero rispettate. Il team è formato da Stati Uniti, Australia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Regno Unito e Italia.

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