Quando il dialogo sfida la guerra: Israele e mondo arabo a confronto per un nuovo Medio Oriente
L'incontro del 9 ottobre 2024 alla Fondazione Med-Or ha visto per la prima volta un dialogo pubblico tra esponenti del mondo arabo e israeliano, discutendo delle conseguenze degli eventi del 7 ottobre 2023, che hanno profondamente segnato il Medio Oriente.
L'incontro del 9 ottobre 2024 alla Fondazione Med-Or è stato uno di quei momenti in cui il copione della Storia viene scritto in forma di bozza. Da una parte Ebtesam Al-Ketbi, esponente degli Emirati Arabi Uniti, e dall’altra Davide Meidan, veterano dell’intelligence israeliana. Marco Minniti, padrone di casa, ha subito sottolineato l’importanza del momento: per la prima volta, un rappresentante del mondo arabo e uno di Israele si siedono insieme per discutere pubblicamente del dopo 7 ottobre. Quel giorno del 2023, che ha incendiato il Medio Oriente, non ha lasciato solo macerie, ma una cicatrice indelebile.
Meidan, come ci si aspetta da chi proviene dal mondo dei servizi segreti, non si perde in preamboli: Gaza deve tornare sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. La situazione è critica e Meidan lo sa, ma crede fermamente che l'unica via d'uscita sia che i palestinesi stessi riprendano le redini. “Basta tunnel,” dice, con una franchezza che non concede spazio alle illusioni. Costruire, ricostruire, e smettere di scavare. Sa, però, che la strada è lunga. Per lui, come per Israele, la pace è un obiettivo distante, ma necessario.
Sul fronte libanese, Meidan si concede a un filo di ottimismo. Hezbollah, la longa manus dell’Iran, inizia a perdere forza. Certo, non sarà un declino repentino, ma i segnali ci sono: molti miliziani stanno abbandonando il Libano, e il Paese potrebbe tornare a essere quello Stato sovrano che era prima dell’occupazione silenziosa del gruppo sciita. Serve l’aiuto della comunità internazionale, e soprattutto un Libano che riprenda il controllo del proprio destino. Indebolire Hezbollah è, per Meidan, il primo passo per stabilizzare la regione.
Al-Ketbi, da parte sua, non si lascia trascinare dall’ottimismo di Meidan. La sua visione è amara: le ferite del conflitto, soprattutto tra i giovani palestinesi, non si chiuderanno tanto presto. Ogni vittima civile è un seme di odio, pronto a germogliare nelle future generazioni. Quella che manca, secondo Al-Ketbi, è una leadership forte e capace, sia tra i palestinesi sia tra gli israeliani. Fino a quando non emergeranno leader capaci di dialogare e agire con una visione strategica, il conflitto resterà irrisolto, perpetuando dolore e rancore.
Uno dei momenti più toccanti dell'incontro è arrivato quando Meidan ha trattato il tema degli ostaggi. Ha negoziato con Hamas in passato, e la sua esperienza lo porta a un’amara conclusione: Israele è pronto a pagare prezzi altissimi per i suoi cittadini. È una debolezza, ammette, ma anche una forza. Il Paese non abbandona nessuno, e questa determinazione fa parte dell’identità israeliana. Oggi, come ieri, si sta facendo di tutto per riportare a casa gli ostaggi, perché per Israele, anche una sola vita conta più di qualsiasi calcolo strategico.
E poi c’è Teheran, l’ombra ingombrante che incombe su tutto. Al-Ketbi ha espresso le sue preoccupazioni: ogni azione di Israele potrebbe provocare reazioni pericolose dall’Iran. Ma intravede anche qualche spiraglio. Il nuovo corso politico iraniano sembra mostrare una leadership più moderata, e forse – sottolinea “forse” – si potrà aprire un dialogo. Tuttavia, entrambi concordano su un punto: prima di occuparsi dell’Iran, bisogna risolvere la questione libanese e indebolire Hezbollah.
Alla fine della giornata, resta l’inquietudine di chi sa che la strada è lunga, ma anche la speranza. Le divisioni sono profonde, i conflitti sanguinari, ma senza dialogo non c’è soluzione. E questo evento, forse, segna un piccolo passo in quella direzione. Le soluzioni non arriveranno domani, ma parlare è il primo passo verso la comprensione. E solo comprendendo le reciproche posizioni si può iniziare a costruire una pace che, oggi, sembra ancora un sogno lontano.