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Scarsità idrica in Medio Oriente: quali limiti alla cooperazione?

Lo stress idrico potrebbe esacerbare la già tesa situazione nel Levante e limitare la cooperazione regionale. Il caso di Giordania e Israele nell’analisi di Giorgia Perletta

L’acqua è bene prezioso ma limitato, e in diverse regioni del mondo sta diventando sempre più scarso. L’area del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) appare fortemente compromessa, poiché oltre i due terzi della sua popolazione sono soggetti ad elevato stress idrico. Le ragioni che confluiscono nel rendere questo fenomeno particolarmente preoccupante annoverano problematiche relative ai cambiamenti climatico-ambientali, alla riduzione della qualità e quantità dell’acqua, alla crescita demografica e all’uso strumentale e politicizzato delle riserve idriche. La scarsità d’acqua risulta quindi una minaccia non solo per la stabilità interna dei singoli paesi affetti da tale problematica, ma anche per le relazioni bilaterali e multilaterali di quegli stati attraversati da bacini transfrontalieri, e che quindi sono maggiormente inclini a contendersi il controllo e l’accesso alle fonti idriche condivise. La penuria idrica allarma da tempo i cosiddetti idropessimisti, ovvero coloro i quali ritengono che la scarsa quantità di acqua diventerà un fattore di rischio all’interno delle agende di politica estera dei paesi colpiti da tale difficoltà. In aggiunta, la parziale regolamentazione sui bacini transfrontalieri acuisce tensioni geopolitiche tra quegli stati che faticano a trovare risposte efficaci alla crisi idrica nazionale già in atto. Secondo queste direttrici, la scarsità di acqua potrebbe costituire nel medio periodo una causa di conflitto; una eventualità che, tuttavia, non possiede un riscontro fattuale. Fino ad ora, infatti, non si sono ancora verificate guerre interstatali per l’accesso alle risorse idriche.

Ciò che lo stress idrico, assieme alla gestione sregolata e politicizzata delle risorse, sta provocando in diversi paesi dell’area MENA è soprattutto tensione e instabilità interna che potrebbero, però, incrementare animosità regionali. Scontri e proteste a causa del limitato accesso a fonti idriche sicure e non inquinate sono una tra le forme più recenti di rivendicazioni popolari in molti paesi dell’area MENA. Dal 2017 a oggi, ad esempio, alcune regioni dell’Iran, come quella del Khuzestan e di Esfahan, hanno ospitato numerose manifestazioni di protesta; così come è accaduto anche a sud e sud est dell’Iraq. Il governatorato di Bassora risulta quello maggiormente compromesso dalla scarsità di acqua ma anche dall’inquinamento delle risorse idriche che arrischia attività ittiche, agricole e domestiche. Tralasciando queste problematiche interne, lo stress idrico potrebbe (e dovrebbe) aprire la strada ad atteggiamenti cooperativi tra due o più stati. Secondo quanto riferiscono gli idrottimisti, la scarsità di acqua potrebbe indurre a forme di collaborazione bilaterale e multilaterale, laddove soluzioni condivise portino benefici a tutte le parti coinvolte. Seppur non al riparo da tensioni e percorsi diplomatici complessi, la via della cooperazione sembra ad oggi quella più verosimile ma soprattutto preferibile, come dimostrano casi di collaborazione tra alcuni stati rivieraschi del Medio Oriente attraversati da bacini transfrontalieri.

Per decenni, Israele e Giordania si sono impegnati nella gestione dei bacini idrici condivisi. La cooperazione non è stata però sempre lineare, ma ha incontrato diversi momenti di rottura e di stallo. L’accordo di pace bilaterale firmato tra Israele e Giordania nel 1994 incluse all’articolo 6 clausole sulla cooperazione idrica a beneficio di entrambe le parti. Circa un decennio più tardi, i due stati, assieme all’Autorità Palestinese, misero a punto una roadmap per la costruzione di un canale per il trasferimento dell’acqua dal Mar Rosso al Mar Morto, comunemente chiamato canale della pace. Questa importante forma di cooperazione è però naufragata a causa di ritardi burocratici, continui cambi di governo a Tel Aviv, tensioni geopolitiche e difficoltà economiche. Il progetto è stato più volte ritenuto sfavorevole dai giordani che accusano Israele di adottare un approccio politicizzato nella gestione delle riserve idriche. Nel 2021, Amman ha annunciato di voler rinunciare al progetto e di avviare invece la costruzione di un impianto nazionale di desalinizzazione dell’acqua nel Golfo di Aqaba, da completarsi entro il 2026. La Giordania è tra i paesi del Medio Oriente che più soffre di penuria idrica. La portata del fiume Giordano è stimata al 10% rispetto alla media storica. Il 60% dell’approvvigionamento idrico del paese dipende dall’estrazione dalle falde acquifere che, tuttavia, vengono sfruttate a tassi molto più elevati rispetto al loro naturale riempimento. La scarsità idrica non minaccia solo la Giordania e la sua stabilità, ma anche i vicini come Israele. Seppur quest’ultimo possieda maggiori tecnologie per la desalinizzazione e presenti una posizione avvantaggiata rispetto alla Giordania in quanto paese “a monte”, sarebbe certamente coinvolto dalla crisi idrica del suo confinante per una molteplicità di aspetti, tra cui sicurezza nazionale, gestione dei flussi migratori e aumento delle tensioni geopolitiche. Per promuovere la cooperazione transfrontaliera è apparso utile affiancare alla questione idrica quella energetica, sviluppare iniziative congiunte che arrechino benefici ad entrambe le parti contraenti e soprattutto evitare asimmetrie nella definizione dei trattati. Un esempio di questo tentativo è arrivato lo scorso novembre con il Memorandum d’intesa siglato tra Israele e Giordania con la mediazione degli Emirati Arabi Uniti. Israele si è impegnato a fornire 200 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata all'anno alla Giordania che, in cambio, fornirà energia a Tel Aviv grazie ad un impianto solare da costruirsi sul proprio territorio. Il Memorandum per il Project Prosperity, siglato in occasione del vertice sul clima COP27 tenutosi in Egitto, ha ribadito la necessità di cooperazione su un tema così importante e che necessita azioni tempestive.

La strada della cooperazione sulle fonti idriche è sicuramente complessa e talvolta ostacolata da competizione geopolitica, rivalità economica e asimmetrie tra paesi “a monte” e paesi “a valle”. Come dimostra il caso di Giordania e Israele, però, è quanto più urgente individuare ambiti di interesse comune che preparino la strada ad una reale ed efficace cooperazione sulle risorse idriche.

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